Cronaca

Riscaldamento spento
all’Arces di Viadana:
“Il comune risponda”

Nella foto, Giuseppe Guarino

VIADANA – L’Arces di Viadana, operante nella sede ex scuola materna in Cogozzo, “esprime disappunto e rammarico per la disattivazione del riscaldamento nella propria sede, particolarmente in fase di piena attività già programmata, lasciando  dodici bambini che frequentono il doposcuola completamente al freddo”. Il presidente dell’associazione, Giuseppe Guarino, ha diffuso un comunicato per dimostrare tutto il suo disappunto sulla vicenda.

“Purtroppo – si legge nella nota – si constata che a Viadana tante cose vengono prese ed affrontate dal verso sbagliato. Noi vorremmo che l’amministrazione comunale affrontasse le problematiche socio – culturali offrendo supporto e favorendo le attività di volontariato se davvero le ritenesse utili alla comunità. Pur comprendendo le difficoltà del comune costretto ad una pesante spending review, non possiamo condividere il modo di chiudere i riscaldamenti dei nostri locali senza alcun preavviso, senza aver cercato prima insieme una soluzione di una situazione ingarbugliata di un locale che ha i riscaldamenti centralizzati. Per riscaldare la nostra associazione, che occupa 80 mq, è necessario dissipare calore in una struttura di cinquecento mq”.

“Sono stati lasciati ormai da tanti giorni 12 bambini al freddo, senza che ci venga spiegato, dopo le ripetute richieste scritte e telefoniche, di come si intende andare avanti. E’ utile alla società la nostra attività di dopo scuola? E’ utile la nostra attività che ha cercato di impegnare circa venti ragazzi in una squadra di calcio, cercando di toglierli dalla  strada? E’ utile la nostra attività di distribuzione dei pacchetti alimentari alle famiglie indigenti? Non erano utili le nostre iniziative di curare concretamente i gemellaggi, affinché non rimanessero solo sulla carta? Abbiamo assistito negli ultimi giorni ai comportamenti sempre più aggressivi di ragazzi  ‘parcheggiati’ in luoghi che si prestano alla diseducazione. Assistiamo giornalmente al disagio sociale e alla rabbia crescente. Se le nostre attività non si ritengono di utilità e se non ci saranno più le condizioni che ci permettono di andare avanti, possiamo anche chiudere, dopo di che ognuno se ne assumerà le proprie responsabilità. Oppure se si ritengomo utili si trovi al più presto insieme una soluzione che riduca i costi del comune ed ottimizzi la logistica per le associazioni”.

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