Dopo i fatti di Milano,
Tribunale di Mantova
corre ai ripari

Nella foto, i due tesserini d’accesso al Tribunale di Mantova, quello blu e quello bianco
MANTOVA – I fatti di Milano, con il triplice omicidio nelle stanze del Tribunale meneghino con l’accusa di omicidio plurimo premeditato per l’imprenditore sotto processo per bancarotta Claudio Giardiello, hanno scatenato una ridda di reazioni, che coinvolgono da vicino anche il nostro territorio. Il comprensorio Oglio Po non ha sedi di giustizia che non siano legate all’esercizio del Giudice di Pace (e rischia seriamente di perdere definitivamente anche quelle), ma i Tribunali di riferimento sono quelli di Cremona e Mantova, ai quali tutti i residenti della nostra zona si rivolgono. Ebbene, se a Cremona la situazione appare essere sotto controllo per quanto concerne il discorso della sicurezza, con la presenza di un unico ingresso per tutti e di un metal detector in funzione (anche se non sempre, si dice, utilizzato a dovere), per Mantova si entra in una situazione paradossale. Ogni avvocato ha a disposizione un tesserino di riconoscimento, simile a una carta di credito come materiale di cui è composto, che reca nome, cognome, foro di appartenenza e soprattutto una fotografia, che consente l’immediato riconoscimento del legale. Tuttavia, il Tribunale di Mantova è arrivato tardi già per quel che concerne il metal detector, strumento installato soltanto un anno e mezzo fa.
E’ del 24 giugno 2014 una circolare, riservata ad avvocati o a praticanti, con la quale si comunica che “dalle ore 8.30 alle 11.30 è loro riservato l’ingresso dal portone carraio di via Poma 11, previa obbligatoria esibizione di apposito tesserino-pass alla Guardia Giurata e senza quindi necessità di passare al vaglio del metal detector”. Sin qui nulla di strano, dato che il tesserino di riconoscimento dovrebbe essere uno strumento più che sufficiente per evitare casi simili a quelli accaduti a Milano. Il punto è un altro: questo tesserino, consegnato appunto dopo la circolare del 24 giugno 2014, è molto diverso da quello blu sopra descritto e consegnato dal Foro di appartenenza. Si tratta di un altro strumento, e nella fattispecie un pezzo di cartoncino plastificato, molto simile a un normalissimo biglietto da visita, peraltro facile da riprodurre e soprattutto, come viene specificato nella circolare, “senza foto” e che semplicemente prevede l’intestazione Ordine degli Avvocati di Mantova, il nome e cognome e qualifica dell’iscritto e la dicitura “per accesso negli orari consentiti al Palazzo di Giustizia di Mantova via Poma 11”.
Di fatto, senza una fotografia e con uno strumento, come detto, facilmente falsificabile o riproducibile come un cartoncino plastificato (senza dimenticare la possibilità che lo stesso possa essere smarrito o, peggio, rubato), non si può dire che la sicurezza all’ingresso secondario del Tribunale virgiliano sia ai massimi livelli. A Cremona l’ingresso è per lo meno unico. Un problema, quello mantovano, che alla luce delle ultime tragiche vicende è stato dibattuto nelle ultime ore fino ad arrivare ad una soluzione: anche gli avvocati dovranno passare dall’ingresso principale, come accadeva prima di quella famosa circolare di giugno 2014, e tale entrata sarà presidiata oltre che da una guardia giurata anche da un carabiniere. Una novità doverosa, ma rimane il quesito: se non fosse accaduto nulla a Milano, tale sistema di prevenzione sarebbe scattato lo stesso? O era davvero necessario aspettare il morto?
Giovanni Gardani
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