Cronaca

Contrasto tra ‘ndranghetisti dietro
l’omicidio Gobbi? Indagini avanti

L’omicidio di Giorgio Gobbi, il 43enne di Cicognolo ucciso con due colpi di fucile e ritrovato nel bagagliaio di una Range Rover in un parcheggio di Parma lo scorso dicembre, potrebbe essere inserito in un quadro più complesso del semplice dissidio familiare basato su questioni di denaro ed essere legato a dinamiche ben più grandi, dinamiche di ‘ndrangheta. Il delitto potrebbe infatti testimoniare la presenza di attriti all’interno della cosca cutrese dei Grande Aracri, i cui interessi spaziano dal territorio cremonese a quello mantovano e quello della vicina Emilia. Dopo alcuni giorni di indagini per l’uccisione di Gobbi sono stati arrestati dai carabinieri di Parma e Mantova (coordinati in un primo momento dalla Procura parmigiana e poi dalla Procura mantovana) il cognato Luciano Bonazzoli, 48enne residente nel Bresciano e con un’azienda a Viadana, nella quale secondo l’accusa ha freddato Gobbi non potendo riconsegnargli 150mila euro di preziosi e orologi di marca che si era visto affidare in custodia ma finiti inghiottiti dal vizio del gioco, e il presunto complice Roberto Infante, 50enne di Viadana accusato di aver collaborato nell’omicidio e nel trasporto del cadavere in cambio dell’estinzione di un suo vecchio debito. Denunciato, invece, un 47enne di Porto Mantovano accusato di aver fatto sparire l’arma del delitto, dopo la promessa di un compenso, in un corso d’acqua proprio nei pressi di Porto Mantovano (stando alla tesi difensiva senza sapere che si trattava di un’arma usata per un assassinio).

Le indagini, si apprende oggi, stanno andando avanti valutando nuovi scenari. Gli investigatori non sono ancora convinti di aver scoperto davvero tutto. Sebbene alla luce delle dichiarazioni rese da Bonazzoli la dinamica dell’omicidio sembra chiarita, così come pure il movente scatenante, quello del denaro, non è escluso ci sia dell’altro. Il caso è finito anche in Commissione nazionale antimafia. Ecco ciò che si legge in uno stralcio del resoconto di un’audizione del magistrato Tommaso Buonanno: “Secondo le valutazioni degli investigatori, questo omicidio evidenzierebbe l’esistenza di un contrasto interno nella ’ndrina, che avrebbe giustificato questo omicidio”. Buonanno, procuratore capo di Brescia, nella sua audizione, l’11 marzo, ha analizzato le dinamiche della criminalità organizzata nel distretto giudiziario che ha sede principale a Brescia ma che comprende Cremona e Mantova (oltre a Bergamo) e ha fatto un accenno al “recente efferato fatto di cronaca che ha portato all’omicidio di Gobbi Giorgio da parte del cognato”. “Il potere di Grande Aracri Nicolino (il capo assoluto della cosca Grande Aracri, ndr) secondo questa ipotesi investigativa, è solo un’ipotesi investigativa, sarebbe stato messo in discussione in modo plateale, evidente, proprio con la consumazione di questo omicidio”, ha aggiunto il procuratore. “Il concorrente, a livello di pretesa di gestione della situazione, viene indicato in Lamanna Francesco, soprannominato Franco ’u testoni”, ha concluso il magistrato, facendo riferimento a quel Lamanna che negli ambienti investigativi è ritenuto il referente della cosca Grande Aracri nel Cremonese, finito in arresto nell’operazione Aemilia della Dda di Bologna a gennaio (associazione mafiosa) e il cui nome è comparso pure nell’operazione di una decina di giorni fa della polizia di Cremona contro affari illeciti con società edili e di movimento terra perché in rapporti con Giovanni Iannone, crotonese residente a Cremona considerato a capo del gruppo smantellato dedito a business illegali (contestata al gruppo di Iannone l’associazione a delinquere senza l’aggravante mafiosa ma emersa la vicinanza a diversi esponenti della ‘ndrangheta).

Pare siano stati riscontrati diversi contatti tra una o più figure implicate nella vicenda Gobbi e personaggi attivi nel panorama ‘ndranghetista. Di un possibile coinvolgimento della criminalità organizzata si era già parlato nei giorni successivi all’assassinio. Questa possibilità torna ora accreditata. Una possibilità che non esclude la nota ricostruzione del delitto basata su screzi tra familiari dovuti a soldi. In poche parole, potrebbe esserci anche un’altra spiegazione. Di più però, al momento, non è possibile apprendere in merito alle valutazioni investigative che tirano in ballo ambienti mafiosi e dissapori interni alla cosca Grande Aracri. Quale, esattamente, il ruolo che sarebbe stato ricoperto dalla ‘ndrangheta? Qualcuno ha dovuto forse chiedere un’autorizzazione al nucleo di malavita calabrese insediatosi tra Cremona, Mantova e Emilia per commettere l’omicidio e rompere la tranquillità che le ‘ndrine al Nord, su input delle case madri in Calabria, solitamente promuovono nei territori in cui hanno interessi? O più semplicemente la tranquillità non è stata promossa, consapevolmente, ed è stato lasciato campo libero alla violenza? Forse qualcuno, in Calabria, non ha apprezzato il clamore destato dall’omicidio e avrebbe voluto una gestione diversa della situazione? O per questione di rapporti, magari non chiari nemmeno a Gobbi, quell’uomo, secondo una parte della ‘ndrina, non doveva essere ucciso?

Michele Ferro
redazione@cremonaoggi.it

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