Cronaca

"Regeni? Dovrebbero chiedere a Cambridge". Generale Mori svela l'intelligence italiana

Mori ha narrato davanti ai soci del Rotary Casalmaggiore Viadana Sabbioneta perle e problemi, virtù e punti deboli dell’intelligence italiana, raccolti da una prospettiva privilegiata in oltre 40 anni di carriera (dal 1959 al 2001) durante i quali è stato pure comandante del Ros e direttore del Sisde.

Nella foto un momento della serata

CASALMAGGIORE – “La morte di Giulio Regeni? Io tuttora mi stupisco che nessuno sia andato a chiedere all’Università di Cambridge, che gli ha affidato questa ricerca, e di rimando al Governo britannico: la sua docente ha origini arabe e mandare un ragazzo “con la faccia da crociato” in un incontro riservato a una minoranza musulmana, dove sicuramente erano presenti uomini dei servizi segreti egiziani, era troppo rischioso: doveva avere uno scopo, forse raccogliere informazioni, senza saperlo, per conto degli stessi servizi segreti britannici, che spesso usano questo sistema. Poi probabilmente è stato fatto sparire dai servizi segreti egiziani”.

La “bomba”, giornalisticamente parlando, il Generale dei carabinieri Mario Mori la lascia alla fine della conviviale organizzata al Bifi Hotel dal Rotary Casalmaggiore Viadana Sabbioneta, che lunedì sera ha raccolto quasi un centinaio di ospiti. “Servizi (e) segreti”: è questo il titolo dell’ultimo libro scritto dal Generale famoso anche per la cattura di Totò Riina, dove la “e” per la verità non viene messa tra parentesi ma resa con un carattere tipografico più piccolo. Una scelta accattivante ma azzeccata perché proprio di servizi e segreti (o servizi segreti) Mori ha parlato, narrando perle e problemi, virtù e punti deboli dell’intelligence italiana, raccolti da una prospettiva privilegiata in oltre 40 anni di carriera (dal 1959 al 2001) durante i quali è stato pure comandante del Ros (Raggruppamento Operativo Speciale, contro criminalità organizzata e terrorismo) e direttore del Sisde (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica). Una conviviale alla quale hanno partecipato anche Francesco Meneghetti, presidente del Rotary Casalmaggiore Oglio Po e Antonio Morini, presidente del Rotary Piadena Oglio Chiese.

Mori era accompagnato, al tavolo, dal presidente del Rotary Casalmaggiore Viadana Sabbioneta Massimo Mori, che ha rivelato di avere inseguito questa serata per tre anni, dal Maggiore comandante della compagnia dei carabinieri casalese Cristiano Spadano, dal Comandante del Nucleo Informativo Davide Cossetto e dal caporedattore di lookoutnews.it Rocco Bellantone. Presente in sala anche l’ex Comandante dei carabinieri di Casalmaggiore Luigi Regni. “La figura di 007 come la vediamo nei film non esiste, anche perché altrimenti sarebbe pericoloso – ha spiegato Mori – . Il lavoro dei servizi segreti prevede la presenza di persone grigie, di analisti, di specialisti del settore pronti a raccogliere fonti già presenti sul posto. Non possiamo pensare infatti di andare noi sul posto, con “la faccia da crociati”, come siamo soliti dire noi, perché saremmo riconoscibili e desteremmo sospetti. Dunque dobbiamo creare un reticolo di fonti, che poi vengono esaminate”.

Come si entra nei servizi segreti? “Per ovvi motivi non con un concorso pubblico, anche se qualcuno lo ha richiesto. La scelta è soggettiva, avviene con un colloquio in luoghi anche impensabili, e a seconda delle esigenze: se serve un interprete di arabo si cerca nelle università, se serve un informatico, si andrà da specialisti del settore. E via discorrendo”.

Ma in Italia, con la minaccia del terrorismo, siamo sicuri? “Sicuri è una parola eccessiva, ma siamo più tranquilli di altri Stati: non abbiamo il retaggio coloniale di Francia e Belgio, ad esempio, dunque non abbiamo zone di concentrazione di persone legate da generazioni (in Francia sono già quattro, ndr) allo Stato dove vivono pur avendo origini islamiche. In Francia vi sono 726 zone urbane sensibili, con 10mila potenziali terroristi. In Belgio, nel quartiere Molenbeek, vivono 44mila persone, quasi tutte legate alla matrice islamica. Il servizio belga purtroppo non è abbastanza efficiente per impostazione operativa e questo preoccupa l’Europa intera”.

Dunque un Bataclan in Italia non sarebbe possibile? “Lo escluderei: questo perché da noi vivono 50mila islamici con passaporto italiano. Sono pochi e soprattutto si estendono a macchia di leopardo, dunque non hanno creato nuclei forti localizzati come avviene in altre nazioni. E, fidatevi, i terroristi veri non arrivano coi barconi, perché rischierebbero di morire oppure sarebbero subito identificati. Chi li manda non può permettersi perdite banali: li spedisce con la scusa del turismo con passaporti acquistati nel Bahrein. Non escludo la possibilità di attentati in Italia, ma potrebbero essere “colpi” singoli, dunque non gestibili dai servizi segreti. Per fare un attentato servono 5-6 mesi e in Italia lo scopriremmo prima: siamo più bravi? No, ma siamo forgiati da anni di lotta al terrorismo interno, alla criminalità organizzata, al terrorismo internazionale”.

E allora perché siamo da “zona retrocessione”, come lo stesso Mori ha spiegato? “Perché il deficit è politico e di alta direzione tecnica. Abbiamo ottimi Prefetti e Ambasciatori e Generali, che sanno fare il loro mestiere ma non quello di direttori. E c’è una prassi sbagliata: da noi, quando cambia il Governo, cambia il gruppo dirigente dei servizi segreti. Lo stesso Renzi ha fatto nomine per due anni in attesa delle nuove elezioni. Ma i servizi segreti devono agire in continuità, non solo una partecipata del Governo. Eliza Manningham, mio omologo dei servizi segreti britannici, a mio avviso i migliori, sosteneva di essere direttore per conto della Regina, non del Governo all’epoca presieduto da Blair”.

Da chi prendere esempio? “Dall’Inghilterra e anche da Israele, dove lottano per la vita e non fanno sconti a nessuno. I servizi segreti non sono né buoni né cattivi, sono solo un’attività commissionata dal Governo: è chiaro che più lo Stato sarà illiberale, più forte sarà la morsa e maggiori le possibilità di intervento dei servizi segreti stessi”.

Rispondendo alle domande del pubblico, Mori ha svelato la cattura avvenuta in Senegal di un latitante mafioso che da 30 anni sfuggiva alle forze dell’ordine, ha difeso le Procure Antimafia e ha sostenuto che “l’unico politico che davvero conosceva bene il nostro mestiere era Francesco Cossiga, un appassionato, che sapeva come usare i servizi segreti. Soprattutto capiva che, per natura, il nostro operato dipende sì dal Governo ma non può essere reso pubblico”.

Sulla collaborazione tra servizi segreti di Stati diversi, Mori ha precisato che “oltre un certo limite qualche segreto deve rimanere in casa, altrimenti diviene una collaborazione di polizia giudiziaria. In ogni caso ogni servizio esprime la capacità dei suoi governanti. Dunque ci può stare che la scarsa fiducia nel Governo Italiano porti a scarsa fiducia nei nostri servizi segreti. Dopo di che gli States, ad esempio, sono gli ultimi a dover parlare, anche per il caso Abu Omar. Vige sempre un accordo, la cosiddetta regola della terza parte: se A dà una notizia a B, poi B per passarla a C deve prima chiedere il permesso a C. E’ una regola che gli uomini dei servizi rispettano, mentre i politici no”.

Infine, prima della “bomba” su Regeni, un ricordo del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, col quale Mori lavorò per anni. “Era un personaggio che aveva doti eccezionali e connotazioni specifiche particolari, ad esempio un eloquio desueto, anche se brillante e ben articolato, che spesso sembrava arrivare dall’Ottocento. Spesso era burbero, ma mai scortese oltre i limiti e sapeva essere brillante fuori dal nostro ambiente. Aveva un grande rispetto dei suoi colleghi ed era avanti vent’anni per concezione strategica del contrasto al terrorismo e per brillantezza e intuizioni. Lavorare con lui è stata un’esperienza difficile nel quotidiano ma ora, ripensandoci, esaltante”.

Giovanni Gardani-Rosario Pisani

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