Cronaca

La Turchia vista dal casalese Vicini: "Sono tornato, col Colpo di Stato non l'avrei fatto"

"Il timore c’è, ma sono tornato ad Istanbul, sperando che tutto si normalizzi. Per ora, per quanto posso notare direttamente, l’unica cosa diversa dal solito è che tutte le sere si vedono caroselli per le strade. Va detto che non festeggia soltanto chi è pro Governo, ma è un momento che coinvolge buona parte della popolazione".

ISTANBUL – L’Europa e il Mondo guardano preoccupati alla Turchia e in particolare all’evolversi della situazione in merito alla reazione del Capo di Stato Erdogan dopo il Colpo di Stato fallito da parte dei militari. Domande, dubbi, versioni differenti e discordanti, analisi politiche e soprattutto tanto timore per le prospettive. Vi è però un casalese, Fabio Vicini, 34 anni, che a Istanbul vive dal 2013 per lavoro, come ricercatore per l’Università, realizzando così il proprio percorso di post dottorato.

Abbiamo provato a chiedere anche a lui un parere della situazione, essendo quello di Fabio una sorta di osservatorio “privilegiato” (aggettivo forse non azzeccatissimo, considerando la gravità delle notizie che giungono dalla Turchia, ma che rende l’idea). “Anzitutto posso dire – spiega Vicini – che nella notte del tentato Colpo di Stato per fortuna ero a Valona, in Albania, a trascorrere le vacanze con la mia famiglia: ho naturalmente seguito tutta la vicenda tramite tv, internet e Facebook. Sono rimasto in contatto in particolare via chat con alcuni amici e colleghi di Università, coi quali abbiamo creato un gruppo apposito”.

“La preoccupazione principale – continua Vicini – era banalmente legata all’incolumità delle persone: i carri armati in strada e i jet a bassissima quota sia ad Ankara che a Istanbul, alcuni pronti a bombardare sotto la minaccia in qualche caso di ordigni finti, sono immagini forti e difficili da dimenticare. Si è andati avanti in questa situazione fino alle 7 del mattino e alcuni colleghi dell’Università erano in auto e da lì mi scrivevano: alcuni di loro hanno sentiti gli F-16 che facevano tremare le case, oltre al rumore di esplosioni di bombe, che pare fossero però a salve. La paura non è mancata, pur essendo la Turchia un Paese che ha una tradizione di Colpo di Stato. L’ultimo reale fu nel 1980, mentre a fine anni ’90 vi fu il cosiddetto Colpo di Stato morbido”.

Fabio Vicini ha sperato che questo Golpe non riuscisse ed è stato accontentato. “Passare al regime militare significa epurazione politica e morte, significa tornare indietro 40 anni, anche a livello economico, tutte conseguenze che occorre mettere in conto”. C’è chi sostiene però che tutto sia stato architettato ad arte da Erdogan per avere campo libero e fare piazza pulita rispetto agli oppositori? “Io non credo a questa versione, anzi certi commenti in questa direzione mi fanno ridere: vedo molta superficialità da parte di chi non vive questa realtà. Anche i media nazionali hanno parlato sfruttando, a loro dire, conoscenze in Turchia decennali. Ma ho visto poche analisi basate su cultura diretta e dati. E’ plausibile che Erdogan sapesse qualche ora prima del Colpo di Stato, ma questo non significa che sia stato una montatura: è impossibile che questo sia accaduto, perché è impossibile prevedere la reazione del popolo. Un Colpo di Stato, nei suoi sviluppi, non lo puoi controllare”.

Fabio spiega di essere tornare a Istanbul (“cosa che non avrei fatto in caso di Colpo di Stato riuscito”) pur essendo molto preoccupato: “Il Governo sta prendendo le sue contromisure, il clima non è semplice e la vicinanza della Siria, altro luogo caldissimo, non aiuta. Istanbul e la Turchia non sono certo il posto più tranquillo del mondo, ma già nel 2013 sapevo di andare incontro a questa scelta: parliamo di un ponte tra continenti che si affaccia sul medio-oriente, da sempre un territorio caldo”.

Fabio non dovrebbe rischiare il suo lavoro, nonostante le centinaia di migliaia di arresti e il repulisti nelle istituzioni. “Io studio antropologia e sociologia: da quanto ho saputo, i licenziamenti hanno riguardato soprattutto i decani che da anni lavorano all’Università, una sorta di lotta preventiva contro l’organizzazione di Gulen, considerato responsabile del Colpo di Stato. Ripeto: il timore c’è, ma sono tornato ad Istanbul, sperando che tutto si normalizzi. Per ora, per quanto posso notare direttamente, l’unica cosa diversa dal solito è che tutte le sere si vedono caroselli per le strade. Va detto che non festeggia soltanto chi è pro Governo, ma è un momento che coinvolge buona parte della popolazione. Peraltro gli autobus sono gratuiti da dieci giorni, per fare circolare liberamente la gente”.

Giovanni Gardani

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