Cronaca

Nel Casalasco avvistato branco di cinghiali. Allarme Coldiretti: "Situazione grave"

Dai dati diffusi da Coldiretti si può capire la reale dimensione del fenomeno. Dal 2004 a settembre 2016, fra incidenti stradali e campi devastati, il bilancio dei danni a livello regionale ha sfiorato i 17 milioni di euro, con una media di duemila all’anno fra attacchi ai campi e incidenti stradali. GUARDA IL VIDEO

SAN GIOVANNI IN CROCE – Cinghiali, l’assalto della fauna selvatica non si ferma. E’ di oggi la segnalazione, da parte di un suinicoltore bresciano, dell’avvistamento di un branco di cinghiali nel suo campo tra San Giovanni in Croce e Martignana di Po, a margine della SP343 Asolana.

Dai dati diffusi da Coldiretti si può capire la reale dimensione del fenomeno. Dal 2004 a settembre 2016, fra incidenti stradali e campi devastati, il bilancio dei danni a livello regionale ha sfiorato i 17 milioni di euro, con una media di duemila all’anno fra attacchi ai campi e incidenti stradali. “Gli animali selvatici – spiega Ettore Prandini, vicepresidente Coldiretti nazionale – sono in continuo aumento e anche i danni che provocano. La situazione peggiora ogni giorno, servono piani efficaci di riduzione ed eradicazione”.

Nel giro di dieci anni in Italia, ad esempio, i cinghiali sono raddoppiati superando il numero record di un milione, mettendo a rischio l’agricoltura, ma non solo. Infatti nel 2015 in Italia ci sono stati 18 morti e 145 feriti per incidenti stradali causati dagli animali. In agricoltura la situazione è pesante: con oltre 350 assalti ogni anno e oltre 200 mila euro di danni/anno, Brescia si posiziona al primo posto nella provincia lombarda seguita da Milano e Cremona, Pavia e Sondrio, Bergamo, Como e Varese, Lodi, Mantova , Lecco e Monza e Brianza. A livello regionale parliamo di 1.800 assalti ogni anno e oltre 13 milioni di euro di danni in dodici anni.

“Nelle zone di pianura dove si ha abbondanza di cinghiali”, continua Prandini, “la caccia non è consentita perché l’animale non è considerato specie selvatica autoctona e perché per l’abbattimento è obbligatorio l’utilizzo di un fucile particolare che in zona di pianura non è utilizzabile. A questo si uniscono una serie di disposizioni burocratiche e di responsabilità che vengono rimpallate tra Provincia, Regione, Parco dell’Adamello e Polizia Provinciale che impediscono una reale risoluzione del problema. Quello che possiamo fare ora è soltanto restare in attesa dell’approvazione definitiva del piano di abbattimento a cura del comitato tecnico del Parco dell’Adamello, sperando che arrivi il prima possibile in modo da iniziare almeno a contingentare un po’ la numerosissima presenza di questo animale”.

“Il problema dei selvatici – conclude il vicepresidente Prandini – non rappresenta un problema solo per il mondo faunistico-venatorio, ma riguarda anche altri settori come quello ambientale e sanitario; è importante e necessario, quindi, affrontarlo con un approccio gestionale interdisciplinare. Anche dal punto di vista finanziario si rende necessaria una compartecipazione di altre direzioni generali e soprattutto bisogna fare in modo che alle province venga garantito il ritorno di tutte le risorse finanziarie derivanti dalla tassa di concessione dei cacciatori”.

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