Cronaca

Vecchio ospedale, parla il professor Bolsi: "Un garbato e fermo invito a fare qualcosa"

" Una Città che ha dimenticato per oltre vent'anni, una tessera fondamentale della sua storia. Ha dimenticato il Vecchio Ospedale di Via Cairoli, chiuso nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso"

1361361788819.jpg--CASALMAGGIORE – L’ospedale Vecchio sta morendo. Sta morendo invero da anni. Da quel 1997 in cui fu chiuso. Per tanti casalesi rappresenta un ricordo. A volte doloroso, ma comunque tale. “In quell’ospedale ci sono nato ed ho visto morire le persone care” racconta il professor Franco Giuseppe Bolsi “E ci sono affezionato”. Il professor Bolsi è un libro aperto. Di quelli che a lasciargli strada, non finirebbero mai. “Nosos, dunque malattia – racconta – come avere il Dizionario di Greco, era il titolo di una Mostra Fotografica dell’aprile dell’anno passato, organizzata da Franco Giuseppe Bolsi, docente al Classico e da Santina Maldotti funzionaria della Bilioteca Civica che presentava le foto del Vecchio Ospedale realizzate da Lorenzo Grandi, studente del Classico. Un piccolo fiore della felice sinergia tra il “Romani” e l “Mortara”, che per dodici primavere (col Patrocinio del Comune di Casalmaggiore) ha dato otto Annuari e quattro Mostre Fotografiche. “Nosos” fu presentata come “Cultura del Territorio/8”, l’ultimo Annuario sabato 9 aprile 2016 nel contenitore della “Settimana Rosa”, organizzata per il trionfo europeo della “Pomi'”.

Da una vittoria a una sconfitta il passo è breve: “Un trionfo casalese salutato con una Mostra Fotografica, segno e documento di una sconfitta, quella della Città che ha dimenticato per oltre vent’anni, una tessera fondamentale della sua storia. Ha dimenticato il Vecchio Ospedale di Via Cairoli, chiuso nella seconda metà degli anni novanta del secolo scorso, nato nella seconda metà del cinquecento, costruito a ridosso del nuovo porto, a seguito dell’interramento del porto di Agoiolo della conseguente chiusura dell’Ospedale di Santa Maria, come da Bolla Papale della prima metà del Quattrocento. La Città ha dimenticato il fiume, il porto e i traffici, si è’ nascosta dietro un poderoso muraglione di erba e pietra, ha dimenticato l’elegante loggiato del cortile e la superstite abside rinascimentale, gli interventi Otto/Novecenteschi e la preziosa Biblioteca del Generale Medico Silvestri, dalla gran barba bianca. Eppure il Complesso Monastico di Santa Chiara è rinato, San Francesco è stato ritrovato, l’antico Lacus de Baslenga è stato ripopolato, un grande palazzo azzurro è diventato Ospedale per tre province. Restano le foto di questa “malattia urbana”, “Nosos tes poleos” per dirla in greco. Ed un garbato e fermo invito a fare qualcosa subito. Almeno riparare quella finestra rotta”.

Nazzareno Condina

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