Cronaca

Ponte con cerotti nel marzo 2019, passa la mozione per accelerare (forse) i tempi

La mozione per la richiesta dello stato di emergenza è passata all’unanimità, e presto sarà riproposta in tutti gli altri comuni del comprensorio Oglio Po e della bassa parmense

CASALMAGGIORE – Un requiem pesantissimo, il rito funebre di un territorio che, al momento, può vivere solo di speranze troppo lontane per non lasciare segno. Partiamo da qui, dal marzo 2019, data di riapertura del ponte incerottato, se non dovesse andare in porto la richiesta dello stato d’emergenza, di qualche mese risparmiato (nessuno è in grado di quantificare quanto) se lo stato di emergenza, strada impervia e non priva di insidie, dovesse essere accordata ad un territorio che è – di fatto – in piena emergenza prima ancora che ogni inutile iter, fatto solo per far perdere del tempo, ne sancisca il dato di fatto. Marzo 2019, o dicembre 2018 cambia poco, o nulla. Non serve un genio per capire che se non è emergenza questa, lo può essere solo la caduta di un enorme asteroide, la biblica invasione delle cavallette o più semplicemente un evento sismico, o una piena più piena delle altre.

Senza altri interventi, soprattutto a sostegno di economia e cittadini, senza quello ‘stato di emergenza’ richiesto a gran voce dai primi cittadini e dai comitati, il territorio è destinato a spegnersi ben prima. Inutile sperare nell’intercessione di un qualche santo in paradiso: neppure la preghiera salvifica savificherà. Solo i più forti rimarranno, forse.

Bisogna essere chiari con la gente: questa la prospettiva che si apre con una viabilità arrivata ad un punto critico, due ponti vicini anch’essi malati (il ponte di Viadana ha solo cinque anni in più di quello di Casalmaggiore, non si sa quanto possa resistere con l’iniezione di 9 mila mezzi in più al giorno), con un servizio ferroviario – uno tra i peggiori della Lombardia – che considerare servizio è già definirlo di più di quello che effettivamente è. In mezzo a tanta positività, tanta (un po’ troppa invero) politica, e poca pratica, poche cose al momento concrete, una ferrovia sulla quale tutti, hanno convenuto, non è possibile fare affidamento ed una burocrazia che protegge probabilmente dagli scandali del passato e – qui da noi – ha il potere di uccidere il futuro. Il resto della cronaca potete pure non leggerlo. I dati, nudi e crudi sono questi.

La mozione per la richiesta dello stato di emergenza è passata all’unanimità, e presto sarà riproposta in tutti gli altri comuni del comprensorio Oglio Po e della bassa parmense. Partiamo da qui, da una delle – poche – cose positive dell’intera serata. Positiva perché concreta e – in mezzo a tante vacue parole – questa è di per se una virtù. Un consiglio comunale come non si era mai visto a Casalmaggiore. Auditorium stracolmo (non tutti han trovato posto a sedere ma, come spiegato anche dal sindaco, Casalmaggiore non offre possibilità più grandi), i sindaci di tanti paesi del cremonese, del mantovano e del parmense, quattro consiglieri regionali (Carlo Malvezzi, Federico Lena, Agostino Alloni e Andrea Fiasconaro), il presidente della provincia di Cremona Davide Viola, i tecnici della provincia di Parma e di Cremona e il presidente Paolo Antonini, del Comitato Treno Ponte Tangenziale.

A fare gli onori di casa il sindaco Filippo Bongiovanni che ha ripercorso le tappe della chiusura del ponte e gettato un po’ d’acqua sul fuoco, onestamente, sia sulle possibilità della mozione stessa e della richiesta dello stato di emergenza che sui 35 milioni che lo stato ha destinato ai ponti sul Po: “Non sarà un percorso semplice – ha detto in estrema franchezza il primo cittadino – solo due volte la richiesta è stata accettata. E apprezzo lo stanziamento dei 35 milioni deciso dallo Stato ma 35 milioni su 70 ponti, ognuno con necessità di intervento, sono poca cosa rispetto alle esigenze”. Franco è stato anche sul trasporto ferroviario: “I problemi atavici sulla Parma Brescia non consentono di fare affidamento sulla ferrovia. la ferrovia non rappresenta ne garantisce un’alternativa valida”. I calcoli sui tempi di realizzazione dell’incerottamento sono stati crudi, ma realistici. Per avere un ponte, nelle condizioni in cui siamo, incerottato si dovrà aspettare il marzo 2019. Qualche mese in meno forse con lo stato di emergenza.

Poi è stato il turno di Michela Canova, sindaco di Colorno: “Siamo di fronte ad una situazione di estrema difficoltà. La mozione che sensibilizza tutti gli enti coinvolti è un atto importante. Bisogna continuare a tenere alta l’attenzione, aiutare dove è possibile, l’accelerazione delle procedure fissate dalla legge. I cinque milioni di euro sono importanti e sono una risorsa certa”. Il sindaco di Colorno non ha chiuso la strada ad ogni possibile soluzione: “Bisogna valutare tutte le proposte in campo, di fronte a risorse certe. Capire quale potrebbe essere la soluzione. Ma bisogna arrivare a un punto in cui la decisione deve essere presa”. Il 1° dicembre si riunirà un tavolo di crisi in salsa parmense: “E’ necessario ascoltare ed informare i cittadini”. Canova ha poi lamentato che, sul versante dei bus di raccordo tra ferrovia ed aziende il parmense si è mosso, mentre non c’è stato lo stesso impegno sul versante cremonese. “E’ importante che la gente sappia comunque che non esistono scorciatoie”.

Davide Viola ha ridetto quanto già detto in sede di presentazione del comitato, mettendo in luce un altro dei problemi, quello delle competenze. “A fine anno in Lombardia la responsabilità passerà ad ANAS, qui il percorso è già avviato, mentre in Emilia sembra si stia optando per una strada diversa. Sarà importante che si risolva il problema delle competenze. Come provincia comunque siamo favorevoli a tutto ciò che può permettere di accorciare i tempi”. Viola nei prossimi giorni incontrerà anche i sindacati. Il mondo del lavoro sta cominciando a pagare un prezzo altissimo alla crisi, e le condizioni non miglioreranno di certo nei giorni a venire. “Si sta lavorando per riaprire quanto prima il ponte. I dati delle relazioni sulla struttura sono comunque chiari”.

Agostino Alloni ha parlato dell’importanza di coinvolgere tutti i comuni, e tutta la politica al di là delle bandiere: “Colgo positivamente l’unità d’intenti, non bisogna dividerci tra buoni e cattivi, ognuno porta il suo pezzo. Quando c’è necessità di costruire, come in questo caso, bisogna sempre esserci”. Lo stesso Alloni ha poi fatto cenno alla possibilità di aiuto regionale alle imprese in difficoltà, non negando anche lui che la strada per lo stato di emergenza è piuttosto complicata.

Federico Lena ha rimarcato l’importanza della mozione: “Sono daccordo con questa strada, anche se è stata riconosciuta solo un paio di volte. Ma almeno è una speranza. Dobbiamo provare tutto quel che è possibile provare. E’ corretto anche il fatto che su una questione come questa bisogna stare insieme”. Lo stesso Lena ha detto che spingerà per la mozione anche in Regione, già dalla prossima seduta, e si è detto perplesso “Sui 35 milioni di euro da dividere su 70 ponti. Comunque come Regione ci saremo. La Lega c’è”.

Di linea ferroviaria ed interventi sostanziali ha parlato Andrea Fiasconaro: “La dichiarazione dello stato di emergenza può dare uno strumento in più al territorio. Martedì se tutti sono daccordo la approviamo in Consiglio Regionale, ed abbiamo interessato della questione i nostri rappresentanti a livello nazionale”. Per quanto riguarda la disastrata ferrovia, Fiasconaro ha chiesto la creazione di una task force a Trenord, che si occupi esclusivamente della Parma Brescia. Una linea che abbisogna di interventi sostanziali che solo una ‘commissione’ che si occupa esclusivamente della tratta può offrire.

Carlo Malvezzi ha sottolineato come dallo Stato arrivino pochissime risorse e che la Regione per tanti versi ha le mani legate “La Regione comunque in tutto questo è stato il primo ente che si è mosso, destinando le pochissime risorse a disposizione per il problema. Noi la buona volontà ce l’abbiamo messa, pur non ricevendo più alcun contributo dal 2010 e non potendo più aprire mutui dal 2015. Per quel che riguarda lo stato 35 milioni di euro mi sembrano un po pochini per 70 ponti sul Po che hanno tutti bisogno di attenzioni e di interventi”. Per quel che concerne la ferrovia, la colpa è di RFI, quindi dello Stato: “Che non ha investito sulla linea. Le misure prese sino a qui sono insufficenti, ma anche in Regione ci si può lavorare”. Anche Malvezzi infine si è detto favorevole a fare tutto quel che è possibile per accelerare i tempi.

Poi è stato il turno di Paolo Antonini, presidente del Comitato Treno Ponte Tangenziale. E’ stato il momento più alto di tutte le tre ore. Parole dure, richieste chiare, accuse circostanziate nei confronti della politica e della gestione delle ferrovie. Un quadro chiaro sul dramma del territorio: “C’è stata negli anni una grandissima sottovalutazione del problema. Ed ora bisogna intervenire perché sui 3 ponti in questione passa gran parte del PIL nazionale. Sul nostro territorio si ha la sensazione di uno stato di abbandono”. Una critica poi al testo della mozione, che ha dato il là ad un’arringa appassionata sulla questione ferrovia: “La mia vuole essere una critica costruttiva, non una nota polemica, lo dico al sindaco, trovo la mozione, nella parte in cui tratta della ferrovia, un po’ rinunciataria. Ricordo che c’è un impegno tra Trenord e Regione Lombardia, un contratto in cui il viaggiatore dovrebbe essere tutelato nei suoi diritti. Il servizio che offre Trenord ce lo dice la stessa Trenord che fa schifo. Ritardi quotidiani, tutti i giorni almeno una soppressione. La Brescia Parma ha dei problemi che bosogna risolvere subito, e la chiusura del ponte ne ha creati altri. Ad oggi sulla tratta e nonostante la chiusura del ponte viaggiano lo stesso numero di treni, meno della metà di quelli che potrebbero viaggiare. Al momento noi non abbiamo altre possibilità se non il potenziamento del servizio ed una sua ottimizzazione”. L’avvocato ha parlato anche della condizione delle stazioni, rimarcando come anche le stazioni, pur di proprietà di RFI, siano sotto contratto di Trenord. “Abbiamo i bagni chiusi, e non se ne capisce il motivo. Chiedo al sindaco, che può farlo per ragioni igienico sanitarie, un’ordinanza contingibile ed urgente per la loro riapertura”. Infine le conclusioni: “Questo territorio sta vivendo un grandissimo malessere, la gente vive ogni giorno sotto la minaccia del licenziamento, la situazione dell’Oglio Po, che ha perso il 30% della propria utenza, è ancor più grave. C’è davvero un grandissimo malessere sociale”. Che va affrontato.

Poi ha parlato il consigliere Francesco Ruberti, che ha evocato i soliti fantasmi che lo tediano da un po’ (la non corretta informazione, la marea di stupidaggini che la stampa elargisce a piene mani, le ‘cazzate’ che si leggono sui social): “A Casalmaggiore su questa partita nessuno è contro nessuno e contro a niente, questa situazione non fa piacere a nessuno. E ricordiamo che il ponte di Viadana è stato costruito solo cinque anni dopo di quello di Casalmaggiore e che le sollecitazioni attuali rischiano di accellerarne i problemi”.

Poi è stato il turno di Orlando Ferroni che ha ripresentato l’idea del ponte provvisorio, alla luce anche delle controdeduzioni ingegneristiche commissionate dal suo gruppo di riferimento che mostrano i limiti della relazione della provincia: “Il ponte provvisorio è l’unica soluzione corretta e la politica che fa? S’incarta su se stessa. E’ come se a una persona dessimo la scelta tra fasciargli i piedi o prendere le scarpe da trekking. Ormai si è capito che resteremo da sei a dieci anni senza un ponte, e noi studiamo di fasciare quei piedi del ponte sul quale comunque i camion non potranno passare. Saranno contenti i sindaci di San Daniele e Viadana di sopportare tutto il nostro traffico pesante! Se viene riconosciuto lo stato di emergenza, per un ponte provvisorio basteranno tre mesi di burocrazia e cinque, sei mesi di cantiere. Nove mesi, non due anni! C’è gente che suda sangue ormai, ma alla politica non sembra interessare”.

Poi è stato il turno di Pierluigi Pasotto. “Io non ho certezze. Al momento ci sono tre ipotesi in campo, l’incerottamento, il ponte provvisorio e il ponte nuovo”. Poi tutta una serie di domande per chiarire le idee prima di rivolgersi direttamente ai rappresentanti della Regione. “Ricordo che esiste un piano di mobilità di Regione Lombardia in cui sono scritti tutti gli investimenti”. Il rappresentante di CNC li ha poi snocciolati. Quasi tutti nel milanese o nel varesotto. “Un piano dove non è previsto nulla sulla Brescia Parma. Ma e possibile che almeno un soldo sia destinato a noi?” ha chiesto provocatoriamente nel mutismo generale.

Alessandro Rosa ha poi parlato, rivolgendosi direttamente agli interlocutori regionali: “Casalmaggiore è in un territorio ben individuato, che è quello dell’Oglio Po. E io mi sento orgogliosamente parte di questo territorio, come mi sento orgogliosamente italiano e come mi sento orgogliosamente Lombardo. Ed esigo la stessa dignità, e lo stesso rispetto di altri territori. Bisogna alzare la testa in questo territorio troppo a lungo trascurato. Dire, consigliere Malvezzi, che ci sono problemi sulla Parma Brescia è utilizzare un eufemismo. Abbiamo una stazione in cui negli anni si è perso tutto, in cui le obliteratrici non vanno, in cui si è perso il personale, il bar, in cui non ci sono più nemmeno i caloriferi e le maniglie. E’ come se avessimo una piazzola tettoia al posto di una stazione. La carrozza più moderna che viaggia sulla linea è del 1979. Siamo di fronte ad un decadentismo civile, e se il termine decadentismo ha un suo valore in letteratura, applicato a questa situazione ha solo un significato negativo. Il problema ponte è complesso, e da quando il ponte è stato chiuso mi trovo davanti a due eserciti che si affrontano. Io non so dirvi se sia preferibile un’opzione al posto di un altra. So che però i ponti, storicamente, sono fatti per unire”.

Calogero Tascarella non aveva mai visto un Consiglio così affollato. Nel suo intervento l’esigenza di far fronte alla fragilità di un territorio la cui importanza strategica è fodnamentale nonostante l’esiguità numerica: “Bisogna unirsi superando i campanilismi”.

Giuseppe Torchio, da par suo, ha messo a disposizione il pulmino appena acquistato dal comune per i trasporti dalla stazione di Casalmaggiore ai luoghi di lavoro. Di “Tragedia viabilistica” ha parlato il consigliere Allodi, che ha poi spiegato che ascoltando ogni giorno la voce dei cittadini dall’altra parte, le problematiche e il disagio sono gli stessi.

Poi il tempo di ascoltare una brevissima spiegazione del tecnico della Janson Bridging che ha spiegato a grandi linee l’opzione ponte provvisorio, i tecnici delle province che invece non sono volutamente entrati nei dettagli tecnici – soprattutto alla luce delle osservazioni presentate ieri – dicendo che dovranno essere effettuati ulteriori studi e la sensazione, come detto all’inizio, che tempo ne passerà parecchio.

C’era odore pesante di inquietudine, e di morte nella città e nel territorio che si appresta ad affrontare, elmetto in testa, un tempo troppo lungo per poter essere sopportato senza gravi conseguenze. Per Tutti. A due mesi e mezzo dalla chiusura del ponte – peraltro – non vi sono ancora tempi certi, sono carenti (quando non penosi) i servizi sostitutivi. C’è davvero – come ha giustamente sottolineato l’avvocato Paolo Antonini – un grandissimo malessere sociale e la cura, al momento, è ben lungi dall’essere stata individuata. Ammesso che una cura efficace e rapida vi sia. Sul rapido il consiglio di ieri ha fugato – in maniera cruda – ogni dubbio. Sull’efficacia siamo ancora alla fase teorica, a quella che in medicina chiamano fase sperimentale. I problemi sono tutti sul tavolo. Ancora lì, in attesa che vengano affrontati e risolti.

Nazzareno Condina

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