Ambiente

Ponte: rapidità (relativa) dei tempi, esiguità di risorse Il dramma del territorio è qui

Non resta che sperare insomma. E se è pur vero come dice il saggio che la speranza è l'ultima a morire, qui la speranza equivale ad una mera ipotesi. Equiparabile a quella di indovinare la cinquina al superenalotto

Foto aeree: Cristiano Antonino

CASALMAGGIORE – Rapidità di tempi, esiguità di risorse per altri tipi di interventi. Nessuna certezza. Il problema é tutto qui. Un ponte riparato che verrà riaperto a maggio 2019, senza alcuna certezza poi su quanto resterà aperto. Un cielo con molte nubi insomma. Questo quanto emerso ieri sera a Colorno.

La politica – perché la decisione, come chiarito ieri dai tecnici è politica – ha imboccato l’unica strada possibile avendo a disposizione pane raffermo e fichi secchi, la tecnica ha messo in pratica quanto deciso. Il ponte riaprirà, con tante incognite, col rischio che poi venga richiuso, abbia bisogno di altri interventi, sia sottoposto ad ulteriori verifiche. E con la certezza che sarà comunque sottoposto a continuo monitoraggio: si monitora qualcosa quando non si hanno certezze, come in questo caso.

Non era questa la risposta che il territorio si aspettava. Un territorio già flagellato dall’incertezza, dalla crisi. Che è quella di tante aziende ed attività commerciali che fanno fatica ma è soprattutto quella di tante famiglie di pendolari che chiedono sì la riapertura, per ridurre spese e tempi, ma chiedono anche che tutto possa avvenire in completa sicurezza.

Quella che manca è proprio la sicurezza, intesa come certezza nel domani. Perché il – massimo dieci anni – non garantisce nulla. Mettendo un massimo si è chiarito che – seppur inquantificabile – il rischio di un minimo c’è. Ed è un’ipotesi che – a detta di ogni tecnico interpellato – non è così lontana dall’essere catalogata come quasi certezza. Nessuno, avendo a disposizione una struttura propria, si azzarderebbe a spendere soldi per un lavoro che, al di là di una riapertura preventivata, non garantisce nulla. E’ come avere a disposizione una macchina con 300 mila km alle spalle, ferma perché qualcosa non va, a partire dal tempo di vita ormai giunto al termine. Si trova sempre il meccanico che te la ripara, ma il mese dopo – fermo restando il fatto che quella macchina verrà utilizzata come prima, e non tirata fuori dal garage solo la domenica e per brevi giri – di problemi arriverà con certezza ad averne altri, se non gli stessi.

C’erano altre soluzioni – lo hanno chiarito anche i tecnici provinciali – e non c’erano abbastanza risorse. 10 milioni e un anno di lavoro per l’ipotesi Vitiello e del Politecnico di Milano, per una struttura in grado di garantire 50 anni di percorrenza. 16 milioni, sei mesi di lavoro, tempi burocratici più lunghi per un ponte alternativo, provvisorio, come spiegato un paio di sere fa dai tecnici della Janson Bridging interpellati. Una decina d’anni, 80/90 milioni di euro per un definitivo ‘classico’. Tutte ipotesi che avrebbero comportato tempi più lunghi d’attesa ma dato qualche certezza in più.

E’ per tutto questo che l’incerottamento resta soluzione non in grado di accontentare nessuno. La più classica delle soluzioni all’italiana: intanto lo si riapre, poi si vedrà. E’ su quel poi che restano moltissimi dubbi. Dubbi che non interessano particolarmente la politica ma che sono ben chiari alla tecnica. Perché nessun ingegnere, nessun tecnico dei calcestruzzi dirà mai che quella intrapresa è una strada che avrebbe intrapreso. Nessun ingegnere sosterrebbe mai un’operazione come quella messa in campo dalla tecnica, su preciso mandato della politica.

Sarebbe stato meglio, probabilmente, intervenire direttamente sul disagio di aziende e pendolari, far digerire la pillola dei tempi più lunghi ma dare una qualche certezza in più. Si è scelta un’altra strada. Un altro tipo di intervento.

Non resta che sperare insomma. E se è pur vero come dice il saggio che la speranza è l’ultima a morire, qui la speranza equivale ad una mera ipotesi. A un calcolo provvisorio. Equiparabile a quella di indovinare la cinquina al superenalotto. Più facile azzeccare uno, o due numeri, o non azzeccarne affatto.

Nazzareno Condina

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