Casalmaggiore e Providence, nuovo gemellaggio nel segno dei migranti italiani e dei bijoux
La serata in biblioteca si è poi conclusa con una lotteria che ha assegnato alcuni bijoux messi a disposizione proprio da Cannizzaro e Operto: il ricavato della lotteria è stato destinato infatti alla onlus “Un sorriso per Mietta”.

CASALMAGGIORE – Il bijou, Providence, Casalmaggiore: tre parole chiave per studiare, perché no?, anche il fenomeno di massa dell’emigrazione dall’Italia verso il “Nuovo Mondo” tra il periodo post Unità d’Italia e la prima metà del 1900. Di questo si è parlato in biblioteca Mortara a Casalmaggiore venerdì sera nella conferenza stampa collegata alla mostra dedicata a Kenneth Jay Lane, aperta fino al 4 novembre al Museo del Bijou di Casalmaggiore.
Un momento di riflessione storica e culturale, festeggiata nel Columbus Day, ossia nel giorno (12 ottobre) in cui Cristoforo Colombo scoprì l’America nel 1492, data che segna anche la fine del Medioevo e l’inizio della storia moderna. Protagonisti della conferenza Maria Teresa Cannizzaro, Fiorella Operto e don Claudio Rubagotti, alla presenza anche del presidente degli Amici del Museo del Bijou Paolo Zani, della curatrice del Museo Letizia Frigerio e, per il comune, dell’assessore alla Cultura Pamela Carena, oltre che del bibliotecario Vittorio Rizzi: le prime due esperte di bijou a livello nazionale e internazionale (Cannizzaro è anche curatrice della mostra su Kenneth Jay Lane, essendo una delle massime studiose di questa figura), il terzo invece parroco di Casalmaggiore da poco più di un anno ma già inserito nel tessuto culturale cittadino e dunque in prima linea in appuntamenti di questo tipo.
Dapprima Maria Teresa Cannizzaro ha spiegato la direzione dei migranti italiani, sin dal periodo successivo al 1860 per un fenomeno durato un secolo circa (e, in ogni caso, non del tutto esaurito). “I migranti del Nord Italia, per lo più contadini, si spostavano in Sud America, ossia nei grandi spazi da coltivare del Brasile o dell’Argentina; i migranti del Sud Italia, invece, abituati più all’attività artigiana (si pensi a quanti di loro lavoravano, ad esempio, nella Reggia di Caserta, ndr) si spostarono in Nord America e negli Stati Uniti in particolare”. Da lì a Providence – la cittadina americana considerata patria del bijou a livello mondiale – il passo è stato breve. E Providence ha avuto un ruolo chiave per rilanciare l’industria del gioiello dopo la grave crisi economica del 1929, una delle peggiori vissute dall’economia moderna. “Si capì che il gioiello costoso era più difficile da vendere e si passò a un materiale più semplice da reperire e vendibile a costo più basso: di fatto iniziò qui il mercato della bigiotteria” è stato spiegato, creando un parallelo azzeccatissimo con Casalmaggiore, dove la “fabbrica dell’oro matto” era il Fabbricone, ex Fir, di via Roma, dal quale arrivarono, dopo la dismissione, la maggior parte dei pezzi oggi esposti al Museo di via Porzio, una fetta significativa di storia della cittadina casalese. Anche e soprattutto per questo è stato proposto un gemellaggio ufficiale tra Providence e Casalmaggiore.
Fiorella Operto ha spiegato che quasi tutti i migranti partivano da Genova, che era divenuto il principale porto italiano, anche grazie all’attività promozionale di chi spacciava questi viaggi dipingendoli quasi alla stregua di crociere, con prezzi a volte scontati (ma si trattava comunque di un salasso per chi era costretto a pagarli coi pochi risparmi messi da parte), quando in realtà il viaggio somigliava poi a quello di un carro bestiame. Operto ha ricordato la figura del bigiottiere Gene Verrecchia, partito dall’Abruzzo e giunto fino a New York, dove si affermò col marchio di “Verri” in tutto il mondo, senza per questo dimenticare mai il suo paese d’origine e la sua patria.
A proposito di migrazione è stato ricordato come, per certi versi, dopo l’Unità d’Italia i primi migranti siano stati i lombardi, che non volevano essere governati dai piemontesi, dato che proprio dal Regno Sabaudo partì il progetto unitario poi realizzato definitivamente da Giuseppe Garibaldi e Vittorio Emanuele II. Ricordando anche il fenomeno del brigantaggio al Sud (una delle conseguenze nefaste delle profonde differenze tra Settentrione e Meridione d’Italia, “un fenomeno che fece più morti delle due Guerre in quelle terre”), si è passati poi a dare voce a don Rubagotti, il quale ha ricordato la figura chiave di Francesca Saverio Cabrini, divenuta Santa per la Chiesa Cristiana, una delle prime che a fine Ottocento fondò l’ordine delle “Missionarie del Sacro Cuore di Gesù” e tra le prime a cercare di capire come mai gli italiani non fossero ben visti negli Stati Uniti.
Per questo venne invitata dall’allora vescovo mons. Scalabrini, anche a nome dell’arcivescovo di New York, a lavorare tra gli emigrati italiani, che erano trattati alla stregua degli schiavi e disprezzati dagli americani. Francesca si recò negli States nel marzo 1889 (avrebbe poi attraversato l’oceano altre ventitre volte) cominciando un’avventura che l’avrebbe portata ad erigere nelle Americhe più di cinquanta istituti e a essere proclamata da Pio XII, nel 1950, patrona degli emigranti. Oltre oceano Francesca Saverio Cabrini fondò diverse scuole e contribuì nel tempo a salvare dal fallimento l’ospedale “Columbus” in cui venivano curati gli emigrati italiani, aprendone un altro, il “Columbus II”, che per grandezza e attrezzatura scientifica diventò uno dei più importanti istituti medici della città.
La serata in biblioteca si è poi conclusa con una lotteria che ha assegnato alcuni bijoux messi a disposizione proprio da Cannizzaro e Operto: il ricavato della lotteria è stato donato in beneficenza per una buona causa, essendo destinato infatti alla onlus “Un sorriso per Mietta”, che raccoglie fondi per consentire le cure alla piccola Mietta Martelli.
G.G.