Lettere

"Crisi occupazionale,
la soluzione non è certo
l'economia assistita"

da Roberto Baschè, consigliere di minoranza San Martino dall'Argine

Signor direttore,

dati Istat di settembre registrano un calo dei contratti a termine (-0,1%) e un aumento della disoccupazione dopo due mesi di diminuzione. La frenata occupazionale si mostra anche nella nostra provincia con l’Iveco di Suzzara dove non sono più stati rinnovati centinaia di posti di lavoro a termine. Nel periodo gennaio-settembre 2018, nel settore privato si registra un saldo tra assunzioni e cessazioni pari a +664.609, inferiore a quello del corrispondente periodo del 2017 (+724.308). L’economia e l’occupazione ora corrono in rallentamento.

Il governo attribuisce questo stato di cose alla frenata nella crescita interna e del commercio internazionale, assicurando che la situazione sarà ampiamente recuperata con la manovra di bilancio e l’introduzione della quota 100 a favore dei pensionamenti anticipati pur con una riduzione dell’assegno fino al 30%. L’uscita dal lavoro di un certo numero di pensionati non automatizza un egual numero di assunzioni perché le imprese guardano alla riorganizzazione produttiva e alle nuove tecnologie, senza dimenticare ulteriori probabili chiusure. Per chi rimane disoccupato si propone l’assegno di cittadinanza (quando sarà reso effettivo) garantito fino al momento in cui scatterà l’assunzione: ma se il posto non si trova cosa succede?

Se è giusto attribuire un sostegno ai redditi più bassi, questo non può essere esteso a chiunque non lavora, a parte il rischio che il reddito di cittadinanza diventi integrativo alle retribuzioni in nero. Con la recessione in ritorno in Europa, occorre spingere sugli investimenti perché possono portare innovazione, competitività e occupazione. Gli imprenditori si dicono disincentivati dall’investire visto che l’alternanza scuola lavoro è stata depotenziata, il piano dell’industria 4.0 tagliato, il mancato rinnovo del Super ammortamento, la riduzione dell’aliquota al 15% per la quota di utili reinvestita in beni strumentali. Bisogna creare occupazione e non un’economia assistita la quale, proprio perché tale, deve essere alimentata in continuo per non farla crollare. Come dimenticare oggi la crisi del 1929 e quando gli Stati Uniti inaugurarono nei primi anni ’30 una massiccia politica di investimenti, che fu alla base della loro ripresa.

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