Cronaca

Wally Bonvicini e la lunga lotta alla "truffa legalizzata": "Anche nel Casalasco tanti chiedono aiuto"

"Quando lo Stato moltiplica i debiti fiscali, se non paghi non è reato, per conto mio, bensì legittima difesa. Hanno girato l’Italia, quelli che mi osteggiano, per cercare qualcuno disposto a denunciarmi per truffa: non hanno trovato nessuno". E intanto c'è chi muore...

PARMA – Il processo che a Parma sta vivendo puntate in serie e che riguarda la vicenda umana e professionale di Wally Bonvicini viene seguito con interesse anche nel Casalasco-Viadanese: non sono pochi infatti i professionisti che si sono rivolti a lei, che del resto sta seguendo centinaia di partite Iva (e non solo) sull’intero suolo nazionale (tra i tanti assistiti anche Sergio Brambini, imprenditore di Monza assurto agli onori della cronaca dopo lo sfratto subìto).

Per i profani, la vicenda va esplicata in estrema sintesi: Bonvicini è stata la prima a denunciare quella che ha da subito ritenuto una truffa da parte di Equitalia ai danni dei contribuenti. Leggi farraginose, che l’utente medio fatica a capire, che portano a pagare tassazioni non più dovute e in qualche caso nemmeno più previste, spesso – accusa Bonvicini – con la compiacenza di professionisti del settore inseriti a sistema. La stessa Bonvicini, riportando un esempio, parla di una cartella esattoriale da 70mila euro ricaricata fino a 600mila euro, addebitando lo stesso tributo su cartelle diverse, caricando inoltre interessi e sanzioni. Soltanto un esempio, quest’ultimo, che però rende l’idea.

Wally Bonvicini ha le idee chiare, conosce la materia. E ha un pregio che la distingue da tutti gli altri: con coraggio, senza remore, fa nomi e cognomi. “La piccola imprenditoria viene vessata dal fisco e dalle banche, e le leggi così complicate, che un utente da solo non può capire, spesso non vengono svelate o chiarite dai professionisti che dovrebbero farlo – spiega Bonvicini – . Tutto questo perché complicarsi la vita e mandare in tilt il sistema non conviene a chi ne fa parte. In queste ore abbiamo salutato una donna di Alfianello, Domenica Moscardi, che per conto mio è morta di banca, ammalandosi di un brutto male dopo avere subito ogni vessazione possibile da istituti che dovrebbero essere nati per aiutare”.

La vicenda umana di Wally Bonvicini, che a Casalmaggiore è stata in due occasioni per parlare di questo sistema malato al quale, secondo la donna parmigiana, il popolo si piega supino perché lasciato fondamentalmente nell’ignoranza, come accadeva col Panem et circenses degli Antichi Romani, ci porta alla sua incarcerazione per oltre un anno. “Quando ancora ero attiva e non ero in carcere, qualche azienda l’abbiamo rimessa in sesto, perché molti sono venuti a cercarmi perché volevano una mano che altrove non arrivava. Nel periodo in cui sono rimasta in carcere, guarda caso, quelle aziende hanno chiuso, fallite”.

“Nel Casalasco tanti mi hanno chiesto aiuto, ovviamente non posso fare nomi – spiega Bonvicini – . In zona un imprenditore è anche fallito, pur non avendo debiti. Ma la banca lo ha aggredito con un decreto ingiuntivo e lui, per tutta risposta, si è ritrovato nella cassetta della posta un manuale di Mario Bortoletto. Questi, con cui ho parlato, ha fatto una perizia falsa, per fare risultare un saldo positivo e guadagnare così dalla sua stessa perizia 9mila euro. In pratica l’imprenditore casalasco aveva debito zero ma ha comunque dovuto pagare a rate dopo il decreto ingiuntivo e in più s’è ritrovato questo manualetto che conteneva di fatto una truffa. Il punto è sempre questo: finché hai i soldi ti tengono in vita, ti spremono. Poi ti fanno morire”.

Il processo – passato da Torino, a Bergamo, infine a Parma – si avvicina al suo momento clou: accusata di frode fiscale, di avere nascosto beni e di avere aiutato persone a non pagare le tasse (tutte accuse sempre respinte e con prove), Wally – che abbiamo incontrato in separata sede – ha rimarcato l’incompetenza anche della Procura di Parma, che le ha fornito faldoni enormi sul suo caso, che contenevano tutti i documenti necessari alla sua difesa, comprese diverse contraddizioni tra i teste sui quali si è basata l’accusa. “Sì, è incredibile: tutti i documenti erano già lì,  non ho nemmeno dovuto faticare. Questa è incompetenza. Ma ci sono altri antefatti che rappresentano una prova forte: denunciai per la prima volta Attilio Befera nel 2014, chiedendo il sequestro del software. Lui mi ha querelato poi si è dimesso, nello stesso anno, e non se n’è fatto più nulla”.

Andando ancora più a ritroso, nel 2012 vi fu il primo incontro con i dottori Moro e Setti di Equitalia, spiega la stessa Bonvicini, che cercarono un accordo mai trovato: “Io verificavo le cartelle, evidenziavo le anomalie e restavo convinta del mio pensiero. Loro mi rispondevano che con le associazioni si erano sempre messi d’accordo. Io però non ho mai accettato, il mio impegno era soltanto insegnare al singolo cittadino a pagare solo il dovuto. Ho trovato persino mail di funzionari di Equitalia che cercavano articoli vecchi di giornali per diffamarmi in qualche modo, invano. Questo già nel 2012: poi la mole di documenti è aumentata e io sono diventata più pericolosa per loro. Il cittadino che si ribella non va mai bene, perché mette in crisi il sistema, lo costringe a rivedere uno status quo accettato ovunque”.

“Il mercato immobiliare è ko – spiega Bonvicini con un altro esempio – ma le banche, anziché pignorare la prima casa in caso di fallimento, non potrebbe fare pagare una forma di affitto? Nel resto d’Europa, e dove prevale una cultura anglosassone, viene protetta parte del patrimonio e la prima casa non è appunto pignorabile. In Italia invece no, Equitalia e lo Stato si prendono tutto, e uno muore. In Veneto ci sono stati moltissimi suicidi per questo negli ultimi anni. Quando lo Stato moltiplica i debiti fiscali, se non paghi non è reato, per conto mio, bensì legittima difesa. Hanno girato l’Italia, quelli che mi osteggiano, per cercare qualcuno disposto a denunciarmi per truffa: non hanno trovato nessuno”.

Wally ha ricevuto diverse denunce, anche da un notaio di Parma “che per un copia e incolla – ricorda – voleva farmi pagare 20mila euro e, al mio rifiuto, mi denunciò dicendo che con la mia azienda volevo fare dei trust”. La gente è dalla parte di Wally, non a caso alle varie udienze c’è sempre folla fuori dal Tribunale di Parma, e tra questa gente, ci sono tanti professionisti o cittadini del Casalasco-Viadanese, che a lei si sono rivolti. “La piccola imprenditoria – spiega Wally – è vessata e non viene in alcun modo aiutata dal fisco e dalle banche: lo ripeto, finché hai i soldi, ti tengono in vita, poi ti lasciano morire. I consulenti, che dovrebbero aiutare, fanno invece finta di nulla. Basterebbe una regola d’oro – insiste Bonvicini – : il capitale è l’unica cosa che produce interessi, mai una sanzione o un tributo. E le cartelle, in questo senso, sono tutte nulle o contestabili. Il debito fiscale se lo sono inventati altri, ma l’accusata di avere aiutato la gente a non pagare le tasse – visione ovviamente lontanissima dalla realtà – sono io”.

In Italia a combattere contro tutto questo pare essere rimasta la sola Bonvicini. “A riformare può essere solo il popolo, la politica è troppo inconsistente. Sono pessimista, perché purtroppo anche la gente si beve di tutto. Io però vado avanti a lottare. Non perché sia una folle, non perché voglia essere una paladina, non ho nessun bisogno di pubblicità. Semplicemente perché è giusto”.

Giovanni Gardani

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