Cronaca

Bruno 'il botanico', la golena e quell'odioso obolo di 62 euro per raccogliere il secco

Giriamo al Comune la richiesta di Bruno 'il botanico'. Anche perché 62 euro per raccogliere della legna già tagliata e secca sembra una di quelle assurdità dell'italica nazione. "Se il fiume cresce le ramaglie vanno a finire in fiume"

CASALMAGGIORE – Il parco Golena è vivo. E non tanto – e non solo – per la flora e la fauna che lo popolano, ma per tutta una serie di personaggi che ne animano le sterrate sino agli anfratti più nascosti. Bruno Calestani è uno di questi. Qualcuno di quelli che lo conosce bene lo chiama ‘il botanico’ e così ce lo descrive “Sempre in giro con con ghiande e drupacee in tasca per ingravidare pezzi d’incolto”.

Guarda i tronchi, ai bordi delle sterrate di golena, raccoglie plastiche, cerca di lottare, e spesso solo, contro il dilagare dei comportamenti incivili. “Se c’è una cosa che non sopporto – ci racconta – sono i rifiuti sparsi per la golena, soprattutto la plastica. Perché poi a dare veramente fastidio è quella. Tutto quello che è naturale, compresi i piccoli rami, poi con l’acqua marcisce e diventa humus per la terra. Ma la plastica resta. Tutti i giorni raccolgo qualcosa, segnalo, pulisco. Anche i pezzi piccoli perché poi, se il fiume cresce se li porta via l’acqua. C’è davvero tanto sporco anche qui”. Ha in tasca sacchetti per la plastica, ad un certo punto incontra un amico – moglie e cane appresso – e dopo quattro chiacchiere gli passa un sacchetto giallo. “Se vai avanti su questa sterrata tra un po’ ti troverai della plastica, se vuoi la puoi raccogliere”.

Bruno Calestani frequenta la golena da sempre, tante piante di quel primo tratto le ha piantate lui: “Ci sono piante che ho messo giù, ed ora hanno quarant’anni” racconta soddisfatto. E’ uno degli artefici del rigoglioso bosco che sorge appena entrati nel parco. Tanti di quegli arbusti li ha visti crescere dopo averli messi a terra. I più anziani ancora ricordano che nel dopoguerra, quel tratto era il luogo dove si accumulavano detriti e terre di riporto. Un pezzo di terra a cui il tempo, e piccoli uomini di fiume han dato vita.

Passa un ragazzo in bicicletta. Si ferma vicino ad un cespuglio, mette i guanti e comincia a raccogliere. Incuriosito si avvicina e guarda che cosa raccoglie. Il ragazzo sta prendendo le ortiche, sono buone anche cucinate come erbette, in padella, oltre che nell’impasto degli gnocchi o nei risotti. Calestani sorride. Da vecchio uomo di fiume dà a quel giovane in bici una dritta. “Più avanti, se giri a destra e cammini un po’ c’è anche il tarassaco. E’ in mezzo alle piante, ce ne è tanto, anche quello è buono!”.

Tarassaco ed ortica, erbe spontanee che la natura offre da sempre a chi le sa riconoscere. “Non tutti sono come quel ragazzo. Segnalo spesso all’ufficio ambiente del comune quello che non va. Vedi i cestini? A romperli sono stati dei ragazzi. Io vengo qui da sempre, perché è un posto dove si sta bene. Ma non è curato e non c’è mai nessuno a controllare. Basterebbe che qualcuno qui si facesse vedere più spesso”.

Intanto che parla ci mostra cumuli di legna secca. “La porterei anche a casa, ma per farlo bisogna pagare 62 euro al comune. E’ legna che il consorzio ha già tagliato, è lì pronta da portare via e non lo si può fare se non dopo aver pagato. Capisco che non si possa dare libero accesso a tutti, ma basterebbe dare un permesso gratuito alle persone che si conoscono. E’ legna già tagliata, pronta per essere portata via. E più vai avanti e più ce n’é”. E’ vero, ramaglia e tronchi già pronti ad essere portati via ce ne sono. Ma non si possono prendere, pena una sanzione.

Giriamo al Comune la richiesta di Bruno ‘il botanico’. Anche perché 62 euro per raccogliere della legna già tagliata e secca sembra una di quelle assurdità dell’italica nazione. “Se il fiume cresce le ramaglie vanno a finire in fiume e poi vanno ad incagliarsi da qualche parte. Ora è secco, ma basterebbe poco”. Non comprende Bruno perché quello che la natura lascia a disposizione, rami secchi e legname di piante abbattute perché ormai morte non possa essere raccolto.

Arriviamo all’area che il Consorzio Forestale Padano ha rimboscato. 200 mila euro e rotti di piccoli fusti e lavori che il caldo estivo, se la stagione non è delle più piovose, metterà a dura prova: “Un tempo qui c’era uno specchio d’acqua – racconta – e ci venivano i pescatori perché si pescava bene. Adesso han messo tutte queste piante con l’intenzione di far rivivere una zona umida, contando su qualche sortia che un tempo c’era”. Un tempo, ora è solo terra riarsa dal sole, ma Bruno non perde la fiducia: “Quando cresceranno, se ce la faranno, creeranno un po’ d’ombra. Non so se rivivrà la zona umida. Sai, là in fondo c’è ancora una vecchia barca che serviva un tempo ai pescatori”.

Calestani guarda l’orologio, alle 5 ha un appuntamento. Inforca la bicicletta quando le cinque sono già passate e poi, sulla strada del ritorno, incrocia un altro amico. Non può non andarlo a salutare e lo salutiamo noi sicuri che da quella golena ne uscirà in ritardo.

Basterebbe ascoltare la gente di fiume, quelli che come Calestani al fiume e a quella terra contesa dall’acqua tengono davvero. Gente che contribuisce a tenere pulito, che controlla il parco e nel parco passa la maggior parte del suo tempo. Hanno dato tantissimo tempo alla golena, senza chiedere nulla in cambio. E’ ora che qualcuno si ricordi di loro, e che vadano a quel paese i 62 euro e la rigida burocrazia. Che poi è la stessa – insieme alla politica – che abbatte le casette che di male non ne han mai fatto a nessuno, che lascia che chi ara segni e cancelli sterrate a proprio piacimento, che all’interno di un’area che dovrebbe essere protetta e tutelata lascia che bivacchino amanti dell’aperitivo e della birra da lasciarsi preferibilmente tra una zolla e le pioppe, per non parlare d’altro. Un parco – quello della golena del Po – che lo è quasi e solo di nome tanto le mani dell’uomo hanno inciso e modificato quella terra contesa tra fiume e pioppeti.

C’è gente che dalla golena non ne uscirebbe più. Basta farsi un giro in bici e chiedere di Bruno, il botanico. Lo conoscono anche le piante. Non potrebbe essere altrimenti: in fondo a molte di loro, è stato lui stesso a dare vita.

Nazzareno Condina

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