Politica

Più che pari e patta, partita rimandata. Il (non) confronto in auditorium tra Bongiovanni e Vappina

Eppure la serata era partita bene. Non molte le facce nuove invero, ma molte le facce a riempire l'Auditorium Santa Croce. Alcuni di loro non hanno resistito sino alla fine e qualcuno ha pensato bene di andarsene alla chetichella

CASALMAGGIORE – Pari e patta. Nel senso che la partita non la si è neppure giocata. Domande già preparate e date agli interlocutori prima ancora dell’incontro in Auditorium, risposte impacchettate in modo che non svelassero nulla dei programmi. Dibattito col pubblico – castrato – dall’impossibilità di interagire direttamente se non con il filtro delle domande scritte. Generiche dichiarazioni d’intenti come nella più soporifera politica, quella che si fa fatica anche ad ascoltare. Si potrebbe condensare così il primo incontro pubblico tra i candidati sindaco Filippo Bongiovanni e Fabrizio Vappina.

Il disagio giovanile verrà affrontato da entrambi i candidati, entrambi i candidati presteranno attenzione sul consumo di suolo, entrambi sono fieri assertori della dottrina sociale, entrambi mettono la biblioteca come centro di aggregazione fondamentale, entrambi chiedono un giro di vite sulle infrastrutture, entrambi hanno preso nota degli investimenti di ASST sull’Oglio Po ed entrambi poi si fidano sino lì delle parole. Entrambi apprezzano le parole di Ratzinger e Bergoglio, più volte citate da Fabrizio Vappina e più volte approvate da Filippo Bongiovanni. Entrambi considerano un problema il calo demografico, anche se entrambi pensano che non sia un problema strettamente connesso alle amministrazioni comunali. Entrambi sono per la difesa del bene comune. Entrambi per il rispetto profondo delle regole. Entrambi sono per l’acqua pubblica, per incentivare il lavoro e favorire quello femminile, entrambi spiegano che la partecipazione dei cittadini, a partire dalle giovani leve che non amano particolarmente la politica (se è quella di stasera, francamente, non riusciamo a dare loro torto). Entrambi sono per la riduzione della plastica, entrambi contro lo stoccaggio del gas anche se entrambi spiegano che ci sono decisioni che non dipendono dai sindaci. Entrambi spiegano che per la valorizzazione e la protezione dell’ambiente fluviale bisogna puntare e molto sul volontariato e sulle canottieri, entrambi sono contro l’utilizzo dei diserbanti chimici, di quelli di una volta, quando il Roundup veniva dato senza particolari problemi. E già il comune di Casalmaggiore lo ha eliminato, utilizza prodotti naturali che non estirpano totalmente l’erba, e chiunque sarà il primo cittadino verranno utilizzati anche dopo. Entrambi sono per la sussidiarietà, conoscono il profondo valore del volontariato. Entrambi conoscono la legge. Entrambi sono avvocati. Entrambi non l’hanno vuotata, né riempita…

Eppure la serata era partita bene. Non molte le facce nuove invero, ma molte le facce a riempire l’Auditorium Santa Croce. Alcuni di loro non hanno resistito sino alla fine e qualcuno ha pensato di andarsene alla chetichella. Qualche domanda del pubblico (sulla droga, ma pure sulla filosofia della ‘Laudato si’) non è riuscita a sollevare le sorti di una serata fiacca, senza confronto e senza mordente. Un po’ spenta.

Un po’ come quelle sere in cui guardi la TV e non c’è niente in grado di attrarre l’attenzione ma ci sei e la guardi ugualmente, sino a quando non ti addormenti o, vinto dallo sconforto, non decidi di spegnerla e guardare il soffitto. A parziale – ma solo a parziale – difesa degli avvocati il fatto che in fondo un clima da sera di Vigilia di Natale va bene a Filippo Bongiovanni (che non ha bisogno di spingere sull’acceleratore) e che per Fabrizio Vappina fosse il primo incontro davanti a tanta gente. Se la sono cavata entrambi, tanto che entrambi e in più occasioni han dato ragione l’uno all’altro. Asperità non ce ne sono state, per nessuno dei due. Se poi vogliamo cercare il pelo nell’uovo, Fabrizio Vappina è stato un poco più abbottonato e legato alle citazioni delle encicliche e Filippo Bongiovanni un po’ più tecnico. Ma è questione di lana caprina che non cambia la sensazione finale. Quella di un confronto non confronto, di un aperitivo consumato al bar: due patatine, uno spritz e quattro chiacchiere in generale e senza entrare nel particolare.

“Sarebbe servito un comunista” ha detto scherzoso – ma non troppo – alla fine un sostenitore molto vicino a Fabrizio Vappina di cui non vi sveliamo il nome. Sarebbe invero bastate domande incisive, fatte a bruciapelo. Sarebbe bastato dare un’anima più ‘sporca’ alla serata. Che non sarebbe stata e non avrebbe dovuto per forza essere comunque una tenzone, ma neppure un momento che non ha aggiunto ne tolto nulla a quello che già si sapeva a priori. Adrenalina insomma, al posto del valium. Ma il contesto in fondo era quello dell’ACLI, e della dottrina Sociale della Chiesa, e dei grandi temi etici per i quali ci si trova sempre (o quasi sempre) tutti (o quasi tutti).

E’ andata come doveva andare. Con la stretta di mano finale ed i sorrisi sempre accesi sulle facce. Con nessun accenno sui programmi. Con l’uno che è apparso – in sintesi – poco (o per nulla) diverso dall’altro. Con l’impossibilità per il pubblico di interagire – in maniera del tutto democratica accettandone i rischi – con i candidati in maniera diretta e non filtrata (sarebbe bastato dare un minuto di tempo a persona per le domande per limitare i rischi di deriva). Con una pesantezza profonda, difficile da mandar giù. Non è stato un confronto, più che altro un convivio in cui i commensali hanno deciso, con la complicità di tutti, in primo luogo la loro, di rimandare il confronto vero ad un’altra occasione.

Può succedere. Ed è successo.

Nazzareno Condina

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