Ponte Po, l'autovelox della provincia e la tutela che ancora non c'è...
Ieri sera il vice presidente del Comitato Treno Ponte Tangenziale, Fausto Salvini, era piuttosto scorato: "Ormai le province non rispondono più nemmeno alle segnalazioni. E' calato il silenzio. Che cosa ci resta da fare?"
CASALMAGGIORE – Fanno quel che possono. Perché sono pochi, sparsi su tutta la provincia. Un telelaser all’imbocco del ponte con un uomo e un mezzo della Polizia Provinciale è meglio di niente, ma ancora troppo poco per controllare con efficacia un’infrastruttura malata e da poco rimessa in sesto. Dieci anni di vita al massimo, forse anche meno se la si preserva come si sta facendo da quando è stata riaperta con limitazioni fissate dagli stessi tecnici che ne hanno studiato le possibilità.
Limitazioni che sono dettagli. Solo numeri fissati su carta e su pezzi di lamiera, e nulla più.
Un autovelox all’accesso sul lato cremonese, proprio alla fine della rampa, prima che inizi il ponte, puntato sula salita dove i mezzi, in parte, già rallentano di loro. “E’ solo un attimo – ci dice chi ha segnalato questa mattina la loro presenza perché andassimo a fare una foto – perché poi appena sul ponte la gente ricomincia a correre”. E’ una donna di 40 anni del casalasco che si stava recando per lavoro a Parma. Quel ponte lo vede spesso. Ma basta poi attraversarlo a qualunque ora del giorno o della notte per rendersi conto che le regole non contano un ceppo. Farlo a 50 all’ora significa quanto meno farsi sorpassare. Quando non farsi strombazzare dal corridore di turno.
Funziona così (e non si preoccupino i Niki Lauda che lo percorrono): un’iniziativa spot e poi il vuoto pneumatico per giorni. Anche questa volta sarà così. Per i controlli fissi sulla velocità, o sul peso dei carichi che lo percorrono, c’è tempo. O forse non ce n’è ma tanto è uguale. Ieri sera il vice presidente del Comitato Treno Ponte Tangenziale, Fausto Salvini, era piuttosto scorato: “Ormai le province non rispondono più nemmeno alle segnalazioni. E’ calato il silenzio. Che cosa ci resta da fare?”.
Difficile rispondere alle richieste se risposte non se ne hanno. Il monitoraggio del ponte? Non pervenuto. I sensori? Li stanno studiando in università. I controlli? Quando e come si può, se si può e spesso (anzi quasi sempre) non si può. Qualche giorno fa, ci segnalavano ieri sera a Sissa dove è stato presentato il libro ‘637 – La vita al tempo del ponte: 70 storie di ordinario disagio’, fermo in uno dei locali in area parmense, c’era un grosso mezzo con dei pesanti blocchi di marmo. Non è passato dall’argine di Mezzani e dal ponte di Copermio (peraltro chiuso) né si è spinto sino alle soglie di Ponte Po per poi tornare indietro.
Intanto la politica litiga sui soldi. Ci sono tutti, non ci sono, ci sono per la progettazione che ancora non c’è. Era meglio prima quando c’erano tutti, è meglio adesso che non ci sono tutti ma ce n’é per tutti un po’, sarà meglio domani. Ci sono i soldi per farlo, ci sono in Anas, non è Anas proprietaria della strada, lo sarà. Il solito balletto insomma, che non giova a nessuno. E intanto il tempo passa inesorabile. E giunge il tempo della nebbia. Quello metereologico quanto meno perché, in fatto di tutela dell’infrastruttura, la nebbia c’è sempre stata e non accenna ad andarsene.
Nazzareno Condina