Opinioni

Un anno fa chiudeva il punto nascite. Da allora l'Oglio Po è un po' più povero

Ad un anno di distanza da allora, e con la stessa tristezza, pubblichiamo la galleria delle immagini di quella lotta che vide il meglio della casalesità scendere in strada, manifestare, opporsi. Contro un muro di gomma, contro tante promesse d'aiuto

CASALMAGGIORE – Un giorno grigio, come il cielo che stamattina ci sovrasta. Niente più stelle alla parete, ne pianti ne abbracci, ne gioia dietro ai vetri. Niente più ansia di papà in attesa, mamme prese per mano, sorrisi ad accompagnare i bei momenti di vita. Niente più bimbi nati all’Oglio Po. Niente più culle da guardare, niente più primi dell’anno ad andare a fotografare e a scambiare due parole con i genitori dei primi e degli ultimi nati. Niente più luci leggere e mamme che abbracciano piccoli cuccioli d’uomo e di donna.

Un anno fa l’estrema unzione al Punto Nascite dell’ospedale metteva la parola fine alla possibilità di poter partorire in Oglio Po.

Una decisione presa da Regione Lombardia che si faceva forza della normativa nazionale. Una decisione che ha impoverito il nosocomio casalasco di un servizio fondamentale. Non si nasce più all’Oglio Po e già da un anno. Al limite, nella maggior parte dei casi si guarisce se no – se si è giunti al termine di un viaggio – si muore.

Prima di quella chiusura vi furono mesi di battaglie e di lotta, mesi di manifestazioni che coinvolsero in primo luogo lo splendido personale del reparto e – insieme a loro – tantissime mamme convinte sino all’ultimo che sarebbe stato possibile fare qualcosa. Non fu possibile fare nulla. Inutili i chilometri di parole della politica, inutili tutti i tentativi di chiedere una revisione della normativa nazionale, o una proroga regionale. Inutile la battaglia sempre ferma e convinta del Comitato a difesa dell’ospedale. Inutile la via legale. Il dado era già stato tratto mesi prima.

Ad un anno di distanza da allora, e con la stessa tristezza, pubblichiamo la galleria delle immagini di quella lotta che vide il meglio della casalesità scendere in strada, manifestare, opporsi. Contro un muro di gomma, contro tante promesse d’aiuto, contro chi, in Regione come a Roma, ragionava su cosa sarebbe stato meglio fare senza interpellare il territorio.

Un anno fa questo territorio diventava più povero, questa dannata terra di confine perdeva indubitabilmente qualcosa di importante. I confini dell’impero divenivano un po’ più tristi e vuoti. Tristi e vuoti lo sono restati e lo sono anche adesso. Non si nasce più a Vicomoscano. Questo l’unica verità difficile da digerire. Anche a un anno di distanza.

N.C.

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