Cronaca

Oglio Po, Stefano Superchi: "Sanità, tutti i governi hanno tagliato qualcosa"

Quanta gente si sarebbe potuta curare meglio se i governi di questi anni avessero fatto scelte di tutela della nostra salute? Gli infettivologi avevano avvertito del rischio che correvamo, che una pandemia grave era possibile

VICOMOSCANO – Un’altra lucida analisi quella pubblicata da Stefano Superchi, dipendente dell’Oglio Po. Una fotografia accurata della situazione ospedaliera di questi giorni.

“Quindicesimo giorno di lavoro consecutivo. Un anno fa, oggi, all’alba – scrive Stefano – partivo per Reggio Emilia per le mie terapie annuali, che quest’anno sono saltate e chissà quando mai potrò farle per tirarmi un po su. Un anno fa, a quest’ora, pur stordito dalle terapie mi stavo preparando per andare a vedere un concerto di Dutch Nazari.

Stamattina invece, come tutte le mattine da 15 giorni, faccio il conteggio dei pazienti presenti, dei pazienti dimessi, dei pazienti deceduti. Questa mattina è stato molto difficile, quando al momento del conteggio più doloroso ho visto il nome di una conoscente. Ti viene voglia di piantare tutto lì e tornare a casa, ma assorbito il colpo devi andare avanti fino al tardo pomeriggio. Torni subito a casa e (masochisticamente) apri facebook per vedere cosa è successo nel mondo mentre stavi là dentro.

Vedi gente, dalle finestre, che ad ore stabilite, grida, canta, batte le stoviglie e si riunisce in uno spirito nazionalista evocato da politici e media. “Tutto andrà bene. Ce la faremo”. Altri che cercano chissà quali verità nascoste, oscuri complotti orditi dal proprio cattivo preferito, chiudendo gli occhi di fronte alla realtà.

La realtà è che ogni fottuto giorno, mentre la gente si ammala e muore, sprechiamo 70 milioni di euro in spese militari, con i quali si potrebbero costruire ed attrezzare nuovi ospedali e resterebbe qualche spicciolo per mascherine, laboratori analisi, tamponi per screening. Un respiratore costa circa 4.000 euro, se ne potrebbero comprare migliaia al giorno: molti di più di quelli che servirebbero ora.

In questi anni tutti i governi che si sono succeduti hanno tagliato costantemente la spesa per sanità e prevenzione, hanno chiuso ospedali, ridotto personale, tagliato posti letto, obbligato i lavoratori della sanità a fare straordinari per chiudere i buchi.

Oggi, con l’epidemia, non ci sono code agli sportelli, non ci sono liste di attesa di mesi, tutto cancellato fin quando passerà. Quanta gente si ammalerà o morirà di patologie diagnosticabili e curabili, quanta gente vedrà peggiorare le proprie condizioni perché hanno messo in quarantena quello che restava della sanità pubblica? Intanto le cliniche e gli ambulatori privati stanno a guardare o fanno qualche mossa a favore di telecamera.

Quanta gente si sarebbe potuta curare meglio se i governi di questi anni avessero fatto scelte di tutela della nostra salute? Gli infettivologi avevano avvertito del rischio che correvamo, che una pandemia grave era possibile. Voci nel deserto.

Credevamo di essere immuni alle pestilenze dei poveri: dengue, ebola, malaria, tubercolosi, erano per le popolazioni “sottosviluppate”; adesso che il virus ha raggiunto il cuore economico dell’Italia, il sistema “modello” si scioglie come neve al sole.

Scopri che chi dovrebbe occuparsi della prevenzione, salute e tutela dei luoghi di lavoro (ATS? chiedo per un amico…) non fa i tamponi, non si sa se per risparmiare o per disorganizzazione, tanto poi ci pensa l’ospedale; scopri che avere i dispositivi di protezione è un lusso e non capisci se sono sufficienti o no perché le direttive cambiano ogni due giorni. Il personale che viene pubblicamente elogiato, è moralmente indotto a lavorare fino a che si ammala, senza sapere se avrà diritto al riconoscimento di infortunio sul lavoro. Smart working? Non pervenuto. Malgrado le direttive di pochi giorni fa e una legge che ne disciplinava l’applicazione entro il 2019, l’azienda non è pronta. Non lo sarà mai. L’emergenza diventa il tappeto sotto al quale nascondere la polvere delle scelte mai fatte.

Cantate “Siam pronti alla morte. L’Italia chiamò”.

No. Noi non siamo “pronti alla morte”. Non vogliamo che nessuno si ammali in silenzio e muoia. Pretendiamo che ciascuno abbia i mezzi per proteggere se stesso e gli altri dall’epidemia. Vogliamo che chi sta male possa avere accanto qualcuno che possa confortarlo e che nessuno muoia più da solo.

Tutto andrà bene? Ce la faremo? Dipende da noi”.

redazione@oglioponews.it

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...