Cronaca

Si è spento Girolamo Vezzoni, il Momo, corriere da Casalmaggiore a Milano per 50 anni

CASALMAGGIORE – Un altro personaggio storico che se ne va, l’ennesimo portato via dal virus che non guarda in faccia nessuno, soprattutto se anziano. Si è spento nella Casa di Riposo Busi Girolamo Vezzoni, detto il Momo.

Era nato il 17 gennaio del 1932 a Rivarolo del Re, figlio del Dindo. Dal Dindo aveva ereditato il mestiere, che era quello dell’autonoleggio. Il papà era stato uno dei primi, nella prima parte del ‘900, ad avere una macchina e ad effettuare trasporti di persone o cose. La passione delle auto l’aveva presto preso. Ancor prima di prendere la patente, ancora poco più che ragazzo, è stato autista di tanti matrimoni a Rivarolo.

Appena sposato con l’Adriana di Vicobellignano, si era trasferito a Casalmaggiore dove, nel 1956 aveva proseguito il mestiere del papà. Aveva un’auto a sette posti (ne accumulerà 19 nei 50 anni di professione) e tutti i giorni faceva avanti e indietro la tratta Casalmaggiore Milano per portare operai, persone che dovevano andare a trovare i parenti o altre attese nel capoluogo lombardo per una visita. Andava e portava persone, ma anche pezzi di ricambio, salami, burro e tutto quello che riusciva a trasportare. Dal casalasco verso Milano e viceversa.

Era un burlone il Momo (“Dieci volte più di me, ci racconta il figlio, anche lui conosciuto come Momo, autotrasportatore”) tanto che sugli aneddoti di viaggio ci si potrebbe scrivere un libro. Amava la convivialità, e lo scherzo, era sempre pronto a ridere e a divertirsi. Una volta aveva accompagnato le suore di Vicobellignano ad Edolo, in una delle case dove l’ordine aveva dimora. Arrivati ad un certo punto le aveva tutte fatte abbassare: “C’è un ponte basso, se non vi abbassate ci prendiamo contro con la testa” aveva detto loro. Le suore si erano tutte abbassate e lui, dopo averne riso tra se e se, le aveva fatte rialzare “Il ponte lo abbiamo passato”. Quando i suoi passeggeri si addormentavano in macchina e poi si svegliavano, capitava che gli chiedessero dove erano arrivati e la sua risposta era sempre “Non lo so, stavo dormendo anch’io!”.

Aveva le prime macchine ‘familiari’ e aveva fatto in tempo a guidare quelle col freno a corda. “Diceva sempre che sperava che il passaggio a livello di Vicoboneghisio fosse aperto perché se fosse stato chiuso, e per come guidava, avrebbe dovuto cominciare a frenare a Villanova per fermarsi in tempo”. In 50 anni non ha mai avuto un incidente anche se chi ha avuto modo di viaggiare con lui, soprattutto a Milano, lo ricorda come uno che guidava senza trattenersi. Milano la conosceva come le sue tasche.

Quando il figlio era giovane, lo prendeva con se. “Capitava che partissimo alle 9 di sera per andare a prendere dei pezzi di ricambio a Fossano. Caricavamo e alle 4 eravamo indietro. Poi lui ripartiva per Milano”. Nei primi anni le auto non erano quelle di adesso, dotate di ogni confort. “La mattina riempiva il radiatore con l’acqua calda che gli dava un amico casaro perché la sera doveva svuotare il radiatore affinché non ghiacciasse. E i vetri si spannavano con una cipolla”.

E’ andato avanti così, portando tantissimi casalaschi a Milano o – per chi aveva la casa in montagna – avanti e indietro da Pinzolo. E’ stato per anni anche l’autista di Vulcano e della sua band. Caricava gli strumenti e li portava a suonare. “Spingevano quegli strumenti all’inverosimile per farli stare dentro tutti, e a volte riuscivano con i piedi a sfondare il tamburo da tanto che erano pressati”. Quella del Momo, il lavoro, la voglia di divertirsi e la capacità di fare gruppo è un’eredità pesante. Un’eredità che il figlio, Marco Vezzoni, Momo anche lui come il padre ha raccolto ed ora porta avanti.

Girolamo Vezzoni sarà tumulato a Vicobellignano. Non avrà cerimonie, ne persone intorno a portargli il commiato. Purtroppo non è possibile con le nuove disposizioni per il contenimento del Coronavirus. Ma il sorriso che lascia a tutti quelli che l’hanno conosciuto è – in fondo – un piccolo segno di speranza ed ottimismo. Il suo ricordo è quello bello, di quando di macchine ce ne erano poche e le suore si abbassavano sotto i ponti per non sbattervi contro. Un ricordo allegro, in una giornata grigia.

Nazzareno Condina

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