Chiara Ravara, cremonese e manager Ryan Air: 'Spero che da questa crisi esca una regia per il turismo in Italia'
"Siamo in attesa di capire cosa succederà dopo maggio, se ci sarà un ritorno sarà graduale, fare previsioni è difficile. Per una compagnia che conta 150 milioni di passeggeri all’anno ora si lavora su migliaia di richieste di rimborso, prenotazioni, gestione dei voucher di viaggio...".
“Se da questa crisi deve uscire qualcosa di buono, mi auguro che sia una strategia per il turismo. All’Italia manca una regia unitaria, le Regioni fanno sicuramente un egregio lavoro, promuovere la Puglia – lo dico solo per fare un esempio – va bene, ma non basta. Secondo me l’Italia dovrebbe cogliere l’opportunità, in questo momento di crisi del comparto turistico, per tornare protagonista in questo settore che non riusciamo a far diventare la nostra principale e più valorizzata fonte di ricchezza, nonostante le enormi bellezze artistiche e naturali. Anzi, da italiana che da sei anni vive all’estero, penso che proprio a causa di questa abbondanza non si faccia abbastanza per valorizzarla. Oggi tanti italiani si orientano verso Spagna o Grecia per le vacanze estive, anche grazie a una politica di prezzi favorevole. L’Italia non ha nulla da invidiare, anzi probabilmente avendo tantissimo da offrire, fa troppo poco per promuoversi”.
Chiara Ravara, cremonese trapiantata a Dublino dal 2014 dove ricopre il ruolo di responsabile vendite e marketing di Ryan Air, vive da lontano il dramma della sua città natale, dove è stata per l’ultima volta a metà febbraio, appena prima che si diffondesse l’epidemia. “Ero stata a Milano all’inizio di febbraio per la Borsa del Turismo, ed ero passata anche da quella che sarebbe diventata zona rossa per venire a Cremona dalla mia famiglia; poi ero tornata in Italia una settimana dopo circa. Da allora ovviamente non mi muovo più, ho cancellato subito gli eventi sociali, io e mio marito che è siciliano, avevamo in programma un viaggio dai suoi per il ponte di S.Patrizio a marzo e poi Pasqua a Cremona, ma naturalmente non se ne fa niente. Più uno si allontana dalla propria terra e più la si guarda con occhi diversi, si accentuano i legami e gli affetti, anche per un discorso degli anni che passano. In questo momento è ancora più difficile stare lontana perchè so di essere bloccata e se anche volessi tornare in Italia non potrei”.
A Dublino, Chiara vive a metà strada tra aeroporto e centro città. “Qui la situazione è diversa rispetto all’Italia. I primi casi di Coronavirus si sono registrati tre settimane dopo rispetto all’Italia, i casi di contagio sono circa 5000 e i morti sono stati finora 200. Da due settimane sono state applicate le stesse misure sperimentate in Italia, quindi chiuse tutte le attività e i servizi non essenziali, la polizia locale chiede i motivi per cui ti sposti. Le scuole sono chiuse fino al 13 aprile e agli anziani oltre i 75 anni è sconsigliato uscire di casa; bisogna rispettare la distanza sociale. Le risorse del sistema sanitario qua sono di molto inferiori a quelle dell’Italia. Anche qui mancano le mascherine e i termometri sono introvabili. Io le ho cercate disperatamente, non si trovano, forse arrivano questa settimana”.
“Nel mio settore possiamo tranquillamente lavorare da casa, ma la parte di personale che si occupa dell’assistenza ai clienti (e questo attualmente assorbe il 90% dell’attività) deve per forza recarsi in sede. Il personale è scaglionato e per questo, oltre che per il sovraccarico delle linee, possono esserci dei ritardi nelle comunicazioni”. “L’azienda è molto internazionale, siamo italiani, irlandesi, spagnoli. All’inizio la situazione italiana veniva guardata con molta attenzione, ma come una cosa lontana, anche in Paesi limitrofi come Francia e Spagna. Pensavano tutti a esagerazioni mediatiche. Quando il problema si è allargato a tutta l’Europa c’è stata un’inversione di tendenza nella percezione ed è arrivata la consapevolezza di una vera e propria tragedia umana da cui non si conoscono i tempi per uscirne. A quel punto ho visto molta solidarietà verso il popolo italiano e le misure di contenimento sperimentate per primo dallo Stato italiano sono state prese come esempio anche qui”.
“Per quanto riguarda Ryan Air, abbiamo un operativo essenziale, con una riduzione di voli del 90% e collegamenti ridotti, mantenuti quasi soltanto quelli con Regno Unito, Belgio, Germania. Abbiamo anche offerto voli di rimpatrio ai governi, oltre voli cargo per emergenze sanitarie, che stiamo offrendo a governi e ambasciate. Per il resto siamo in attesa di capire cosa succederà dopo maggio, se ci sarà un ritorno sarà graduale, fare previsioni è difficile. Per una compagnia che conta 150 milioni di passeggeri all’anno ora si lavora su migliaia di richieste di rimborso, prenotazioni, gestione dei voucher di viaggio… Uno dei problemi che abbiamo dovuto affrontare è la frammentazione delle normative nei vari Paesi europei, ognuno si è comportato in maniera diversa, c’è chi ha chiuso subito tutti i voli, chi sono parzialmente … Quello che serve più che mai è che ci sia un coordinamento, è qui che dovrebbe intervenire l’Unione Europea”.
g.b.