Cronaca

Coronavirus, primi indagati per i morti nelle Rsa anche a Cremona

Le segnalazioni arrivate alle procure di Cremona, Brescia, Mantova e Bergamo sono state effettuate da parenti di deceduti, da soggetti che si sono infettati negli ospedali e nelle Rsa, medici di medicina generale e personale ausiliario, ma anche frequentatori a vario titolo di ospedali e Rsa che hanno contratto l’infezione.

Ci sono i primi indagati per i morti da coronavirus nelle Rsa cremonesi, così come a Bergamo e a Mantova, tranne Brescia. La notizia è emersa durante la conferenza stampa che si è tenuta questa mattina a Brescia da parte del procuratore generale Guido Rispoli. Sono centinaia le inchieste aperte in tutto il distretto che racchiude le quattro province, buona parte su segnalazioni dell’Inail che riguardano in particolar modo infezioni patite da operatori sanitari contratte durante la loro attività di contrasto al Covid19 e che l’Inail qualifica come ‘infortuni sul lavoro’. Dunque ci sono i primi indagati (“pochi fascicoli, ma importanti”, ha detto Rispoli), ma per il momento gran parte dell’inchiesta complessiva è ancora contro ignoti. “I fascicoli sono eterogenei, e ciò dipende dalle modalità di formulazione delle ‘notizie’” pervenute alle procure: denunce specifiche, esposti e segnalazioni di natura generica. “L’iscrizione nel Registro degli indagati”, ha ricordato Rispoli, “non comporta in alcun modo una valutazione di responsabilità della persona iscritta che si compie solo alla fine delle indagini”.

Le segnalazioni arrivate alle procure di Cremona, Brescia, Mantova e Bergamo sono state effettuate da parenti di deceduti, da soggetti che si sono infettati negli ospedali e nelle Rsa, medici di medicina generale e personale ausiliario, ma anche frequentatori a vario titolo di ospedali e Rsa che hanno contratto l’infezione, come parenti dei degenti, fornitori, personale delle pulizie che lamentano la mancanza di cautele o di adeguati presidi preventivi, nonché privati cittadini.

Le inchieste proseguiranno autonomamente presso ogni procura con le stesse linee guida fornite dalla procura generale e a metà giugno ci sarà un incontro tra tutti i procuratori del distretto. “E’ stato uno tsunami – ha detto il procuratore generale Rispoli, “la prudenza nell’accertamento dei fatti è necessaria, ma dobbiamo cercare di ricostruire con precisione quanto accaduto. Un’esigenza di accertamento dei fatti ineludibile, in considerazione della straordinaria gravità dei fatti che si sono verificati e della pressante richiesta di fare chiarezza che proviene dalla popolazione”. “Approcceremo i risultati delle indagini”, ha fatto sapere Rispoli, “tenendo comunque bene in considerazione l’assoluta particolarità della situazione ambientale nella quale i fatti si sono verificati”.

A Cremona l’indagine è coordinata dalla procura locale che ha già fatto perquisire otto case di riposo del territorio, facendo sequestrare dai carabinieri del Nas e dai militari della guardia di finanza cartelle cliniche, mail e altri documenti che attualmente sono al vaglio degli inquirenti. Le ipotesi di accusa sono quelle di epidemia colposa e omicidio colposo.  “I fatti da esaminare – aveva spiegato a suo tempo il procuratore di Cremona Roberto Pellicano,  “sono quelli legati alle responsabilità colpose sui decessi, anche quelli che sono avvenuti negli ospedali o nelle case private e che sono stati in misura straordinaria ed eccezionale”.

La provincia di Cremona conta ben 30 rsa, una delle concentrazioni più alte in Regione. 118 i deceduti nelle tre palazzine di Cremona Solidale, 93 a marzo e 25 ad aprile, secondo i dati comunicati nella commissione comunale del 1 maggio scorso. Presso la Fondazione Sospiro, a marzo ci sono stati 29 decessi in Rsa e 12 nella residenza per disabili. Nelle scorse settimane la procura ha emanato un protocollo da seguire in caso di decesso da parte delle persone ospitate in tutte le Rsa della provincia. In sostanza le stesse Rsa, in caso di decesso, dovranno comunicare all’Istituto di Medicina Legale di Cremona le generalità del defunto e la sua cartella clinica. Solo a questo punto, l’Istituto, se ne ravviserà la necessità, si confronterà con il pubblico ministero sull’opportunità o meno di effettuare accertamenti sulla salma. In caso positivo, il defunto sarà traslato presso lo stesso Istituto, e le risultanze dell’esame autoptico verranno acquisite dall’autorità giudiziaria che rilascerà il nulla osta alla sepoltura o alla cremazione. L’obiettivo di questa procedura è capire se si possa o meno trattare di una morte connessa al coronavirus.

Sara Pizzorni

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