Politica

L'Unità nazionale di Mario Draghi ha anche i suoi critici: il parere di Vincenzi e Daina

Aldo Vincenzi: "la prospettiva all'orizzonte mi lascia molto perplesso". Mario Daina: "Serve una visione chiara e non 'puttaniera' per governare il paese. Sono cresciuto con due patrimoni culturali e opposti del paese, destra e sinistra. Le ragioni politiche di queste storie culturali sono ancora tutte li"

C’è chi storce il naso. Il governo di unità nazionale perorato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e guidato da Mario Draghi che probabilmente nascerà (o l’ammucchiata, dipende da che parte lo si guardi) ha pure i suoi critici.

Tra chi, in questi giorni, ha espresso un proprio parere l’ex sindaco di Sabbioneta Aldo Vincenzi, area Rifondazione Comunista. “Non faccio previsioni sul nuovo governo, perché in politica oramai mi pare tutto possibile, però stando alle indiscrezioni che si leggono potrà essere un governo appoggiato dall’80% dei partiti che siedono in parlamento. Se davvero fosse così sarebbe la rapressantazione plastica che i partiti sono meri strumenti di autoconservazione del potere e che non esistono più valori non negoziabili (e senza valori restano solo interessi). Come sarebbe possibile vedere un PD, o un movimento 5 stelle, governare con Berlusconi, per decenni additato come il male assoluto? O che affinità valoriale ci sarebbe con chi auspicava l’affondamento dei barconi dei migranti o i roghi dei campi rom? Un governo di questo tenore è la fine della politica, intesa come spazio per lo scontro di idee e visioni del mondo. E non mi si dica che è il grave momento a richiedere uno sforzo che va in questa direzione; dopo la più grande crisi economica mondiale, quella del 1929, Roosevelt (per citare un paese che non amo particolarmente) non governò insieme ai repubblicani, ma governò da solo mettendo però in campo politiche nuove, espansive, che risollevalorono gli Stati Uniti. Non mi si dica che ci si unisce tutti per il bene del paese, perché significa che prima non si agiva per il bene del paese. Non so cosa succederà, ma la prospettiva all’orizzonte mi lascia molto perplesso”.

Altro parere da politico di antica data quello di Mario Daina (segretario PD): “Sarò, per la mia età e per la mia storia, uno del vecchio Testamento, ma ho smarrito la bussola, siamo una democrazia in disfatta. La Lega si è riscoperta improvvisamente responsabile, europeista, collocazione atlantica, amica con Biden, gli immigrati non sono più un problema, ormai la politica italiana rasenta il paradosso. Serve una visione chiara e non ‘puttaniera’ per governare il paese. Sono cresciuto con due patrimoni culturali e opposti del paese, destra e sinistra. Le ragioni politiche di queste storie culturali sono ancora tutte li, e allora come iscritto e segretario PD posso convivere con questi voltagabbana a tradimento solo per un tempo e uno scopo ben definiti. Poi deve tornare in campo la politica con le sue fisiologiche divisioni. Lo esige la Democrazia, quella vera”.

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