Comitato a difesa del Chiese, le
ragioni di una lotta che continua
"Fermiamoci finché siamo in tempo: 240 milioni prelevati dalle tasche dei cittadini ci impongono di essere seri e pensare a realizzare quest’opera per risolvere i veri problemi non certo per crearne altri"

Tiene duro il presidio 9 agosto. In ballo il futuro del Chiese. In ballo, più in generale, il futuro di tutti quei comuni che sul chiese si affacciano. I problemi del lago di Garda vanno risolti lì, non vanno scaricati su un fiume che non reggerebbe il carico. Ieri il Comitato di Coordinamento del presidio popolare di protesta e informazione in atto dal 9 agosto nei pressi dell’ingresso principale della Prefettura di Brescia ha emesso un comunicato.
A firmarlo Alessandro Scattolo, in rappresentanza del Comitato Ambiente Territorio Basso Garda, Piera Casalini, in rappresentanza del Comitato mamme del Chiese, Sergio Aurora, in rappresentanza del Comitato Referendario Acqua Pubblica Brescia, Gianluca Bordiga, in rappresentanza della Federazione delle Associazioni che amano il Fiume Chiese ed il suo Lago d’Idro e Marco Apostoli, in rappresentanza del Tavolo provinciale Basta Veleni. Ma dietro (e con) loro una fitta rete di associazioni (solo la Federazione delle Associazioni che amano il fiume Chiese ne raccoglie 25) e di semplici cittadini e volontari.
“Da tempo – scrivono – sui quotidiani locali e grazie al Presidio 9 agosto anche su alcuni quotidiani nazionali, si alternano prese di posizione sulla vicenda dell’ormai famoso depuratore del Garda. Una premessa è doverosa: il depuratore del Garda esiste già, si trova a Peschiera e da quarant’anni svolge la sua funzione. Sia ben chiaro: nessuno tra i comitati è contrario alla costruzione di depuratori! Quello che noi contestiamo con fermezza è l’imposizione di progetti faraonici che sembrano avere scopi diversi da quello della depurazione dei reflui fognari. La nostra posizione è suffragata da molti elementi. Anzitutto la nomina del Commissario non è conforme a quanto stabilito dalla Costituzione, che oltre a difendere la dignità di ogni livello istituzionale, afferma chiaramente che questo tipo di procedura può avvenire solo in casi di eccezionale gravità e deve essere almeno preceduta da una diffida con scadenza. Inoltre l’analisi dei progetti fino ad ora avanzati ha sempre fatto emergere troppe criticità, rese oggi ancor più evidenti da quanto appreso sui giornali relativamente all’audio del Prof. Bertanza, che getta gravi ombre su tutta la procedura e che imporrebbe l’azzeramento di quanto fatto sino ad oggi. Vorremmo inoltre chiarire alcune questioni che sembrano ancora a molti sconosciute. Giustamente preoccupa lo stato di salute delle acque del lago. Quando però si parla di carichi inquinanti con sversamenti a lago, non ci si riferisce certo all’attuale depuratore del Garda che non scarica a lago bensì nel fiume Mincio. I problemi che gravano sul lago sono imputabili alla mancata separazione di acque bianche dalle nere, alle acque parassite che entrano nel collettore, agli sfioratori e a tutti gli scarichi abusivi esistenti. Questi fattori di pressione non verrebbero in alcun modo risolti con il progetto presentato. Altro elemento: nello studio di Acque Bresciane, presentato a corredo del progetto del nuovo collettore e depuratore, si afferma che la stazione di pompaggio di Toscolano e la condotta sublacuale attuali potrebbero pompare un volume maggiore di reflui verso la sponda veronese per poi giungere a Peschiera, ma ciò non è possibile a causa del sotto dimensionamento del collettore della sponda veronese; in un caso simile un buon padre di famiglia sceglierebbe di sistemare ciò che non va chiedendo ai veronesi di potenziare il loro collettore, non certo di rivoluzionare tutta l’impostazione attuale sperperando denaro pubblico, creando per anni problemi di traffico sulla gardesana, consumo di suolo e un forte impatto su territori che nulla hanno a che vedere con il Garda. Sulla necessità di una soluzione veloce per evitare “disastri ambientali” sono i numeri che parlano: per realizzare l’attuale progetto non saranno sufficienti 10 anni a partire da oggi. Se davvero fosse questo il problema, l’unica soluzione possibile sarebbe ancora una volta la sostituzione delle condotte sublacuali con potenziamento dell’attuale impianto. Anche la Commissione Europea è stata interrogata dall’On. Evi e ha fornito una risposta che ha suscitato varie interpretazioni. Lungi da noi aggiungerne altre, va però ricordato a tutti che la competenza del ciclo idrico integrato è della Provincia che ne determina gli indirizzi,di cui la famosa mozione Sarnico è parte integrante. La mozione recita: ”i depuratori consortili vanno realizzati nei territori dei comuni afferenti” e stabilisce un principio sacrosanto e giusto, un principio che sarebbe stato utile completare aggiungendo “nel rispetto dei bacini imbriferi”. Ricordiamo che anche la Costituzione, per quanto riguarda il diritto all’acqua afferma il principio di territorialità, inoltre tutela e promuove le autonomie locali, certamente non le imposizioni calate dall’alto senza il coinvolgimento dei territori. Il supporto di coloro che hanno capito che la nostra è una battaglia di giustizia e di democrazia sarà fondamentale per centrare l’obiettivo che ci proponiamo; per questo ringraziamo tutti coloro che ci stanno aiutando: parlamentari europei, parlamentari italiani (ci piacerebbe poter scrivere parlamentari bresciani ma purtroppo così non è), consiglieri regionali e provinciali, ma in primo luogo cittadine e cittadini che sostenuti dalla veridicità dei nostri argomenti si alternano notte e giorno nei turni al presidio in Piazza duomo a Brescia da più di 102 giorni. Grazie a tutto questo movimento i riflettori si sono riaccesi e le contraddizioni del progetto e della sua gestione stanno inesorabilmente emergendo. Fermiamoci finché siamo in tempo: 240 milioni prelevati dalle tasche dei cittadini ci impongono di essere seri e pensare a realizzare quest’opera per risolvere i veri problemi non certo per crearne altri“.
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