Opinioni

Il silenzio del Natale
lungo il fiume

Torno allora al fiume, non importa se con la nebbia o con il sole, con il gelo o con la pioggia. In silenzio assoluto torno ad osservare il popolo del Po, fatto di aironi e poiane, anatre e capinere, corvi e cormorani, volpi e fagiani: ora anche da cinghiali, caprioli e lupi.

C’è un silenzio profondo, in questi giorni che accompagnano al Natale, lungo il fiume in magra, ovattato dalla nebbia, immerso nel gelo e nella brina.

C’è pace tra le due rive, mentre i voli e i canti di poiane, cormorani e aironi accompagnano il cammino tra pioppeti e spiaggioni e, da lontano, tra la bruma, si possono osservare i contorni di comignoli, campanili e case coloniche, ascoltando i rintocchi dell’Ave Maria, in un’atmosfera di semplicità e di essenzialità di cui si avverte, più che mai, il bisogno: a Natale, e non solo.

Anche in quei momenti in cui il gelo penetra più profondamente nelle giunture, si fa ancora più forte l’esigenza di stare in disparte, fuori dalle masse, lontano dal caos, dalle mode, dal consumismo.

Lontano dagli incravattati dal deretano piatto e pelato (benpensanti e moralisti leggano sempre “politici”), incapaci di ascoltare, ma capaci invece di assumere decisioni che spesso, fatti alla mano, si rivelano a dir poco inefficaci oltre che impopolari, eccellenti però nell’aumentare nella gente la disaffezione verso la politica, sempre seduti sui loro velluti dorati, lontani dal considerare le vere esigenze, le problematiche e le situazioni dei tanti piccoli borghi disseminati lungo l’Italia. Non può essere Natale per chi non ha cuore né attenzione verso quella straordinaria ricchezza data appunto dai piccoli centri, e dalle loro eccellenze produttive. Non può essere Natale per chi decide che in un piccolo borgo debbano valere le stesse regole stabilite per una città o una metropoli.

Ma non può essere Natale nemmeno per le migliaia e migliaia di soggetti, di qualsiasi pensiero, che con l’avvento del virtuale si sono improvvisamente “laureati”, magari nottetempo, in tuttologia. Se ognuno di noi stesse al proprio posto, facesse ciò che è capace di fare e parlasse di ciò che realmente conosce, le cose non potrebbero che andar meglio. Aveva ragione lo scrittore e filosofo Umberto Eco nel sostenere che “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. E’ l’invasione degli imbecilli”. Non mi riferisco a nessuno e non sto prendendo le difese di chicchessia. La mia è una considerazione del tutto generale che nasce spontanea di fronte alla massa incalcolabile di tuttologi che oggi sono a piede libero. Del resto, di questi tempi, se cade un albero tutti diventano agronomi o botanici; se case un ponte tutti diventano ingegneri e architetti; se scoppia una pandemia tutti diventano virologi e scienziati. Tra gli imbecilli, senza riserva alcuna, mi ci metto comodamente anche io ogni volta che parlo troppo, e magari a sproposito. Il fiume, tra le sue lanche e i suoi spiaggioni, ti fa tornare, lungo il cammino, alla necessità di osservare, ascoltare e tacere.

Non può essere Natale nemmeno per tutte quelle persone che vivono nella rabbia e nella volontà costante di cercare il litigio sempre, comunque, e a tutti i costi. Ormai un anno e mezzo fa comparivano le famose lenzuolate con quella stucchevole frase “Andrà tutto bene”. Per fortuna molti di quegli striscioni rudimentali sono state ritirati, altri si sono sgualciti e altri sono stati cancellati dalle intemperie. Nulla è andato bene perché dove fioriscono rabbia e cattiveria, non può germogliare il bene.

Non può essere Natale nemmeno per coloro che danno vita al famoso “Regno dell’ipocrisia” ricordandosi degli altri solo nelle date e nelle feste comandate. Mi fa un certo ribrezzo e anche una certa pena, lo confesso, pensare alle valanghe di messaggi che arriveranno, da qui ai prossimi giorni, magari con frasi “ad effetto” (si fa per dire) inviati col più classico dei copia incolla da chi si fa sentire, e fa uso della propria memoria, solo nelle già citate occasioni comandate. Non c’è bisogno di ipocrisia, non c’è bisogno di falsità, non c’è bisogno di atteggiamenti scontati: specie di questi tempi.

Torno allora al fiume, non importa se con la nebbia o con il sole, con il gelo o con la pioggia. In silenzio assoluto torno ad osservare il popolo del Po, fatto di aironi e poiane, anatre e capinere, corvi e cormorani, volpi e fagiani: ora anche da cinghiali, caprioli e lupi.

Qui il semplice Natale del silenzio si fa speciale, autentico e necessario e, come augurio, per tutti, nascono spontanee e più che mai attuali le parole del Mahatma Gandhi: “Prendi un sorriso e regalalo a chi non l’ha mai avuto. Prendi un raggio di sole e fallo volare là dove regna la notte. Scopri una sorgente e fa bagnare chi vive nel fango. Prendi una lacrima e posala sul volto di chi non ha mai pianto. Prendi il coraggio e mettilo nell’animo di chi non sa lottare. Scopri la vita e raccontala a chi non sa capirla. Prendi la speranza e vivi nella sua luce. Prendi la bontà e donala a chi non sa donare. Scopri l’amore e fallo conoscere al mondo”.

Paolo Panni, Eremita del Po

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