Cronaca

Sant'Antonio Abate: la tradizione
e le feste della nostra terra

Ci sono poi i detti popolari, uno su tutti “Par Sant’Antoni Abà, un’ura sunà”, a significare l’allungamento significativo che le ore di luce hanno ormai subito dalla notte del solstizio del 21 dicembre. Tanti altri sono poi i detti che, da sempre, si tramandano in terra cremonese e casalasca

Tenere vive le tradizioni per far crescere e tutelare l’identità dei nostri territori; fare, del passato, il patrimonio del presente e il perno del futuro. Vivere la fede popolare come occasione di festa e di rinnovata ricerca di quei valori che hanno sempre impreziosito le nostre terre. Mentre il gelido inverno avanza e il gelo penetra nelle viscere della fertile terra creando un bianco incantesimo arriva puntuale, come ogni anno, una delle ricorrenze più attese, sentite e celebrate di qua e di là dal fiume: quella di Sant’Antonio Abate, uno dei cosiddetti santi “mercanti della neve”.

La festa forse più popolare e più antica di quelle celebrate nel cuore della campagna, tra l’Oglio e il Po. Già per la vigilia di questa ricorrenza, e quindi il 16 gennaio, è sempre stata una speciale usanza quella di pulire per bene la stalla, i pollai, i giacigli e le gabbie degli animali. La sera della vigilia è meglio non restare ad ascoltare gli animali perché si dice che parlano tra loro e si confidano i maltrattamenti e le crudeltà degli uomini. Sono parole segrete, difficili da comprendere: per questo non vanno ascoltate e non devono essere disturbati; anche perchè si racconta che nei secoli passati, chi l’ha fatto, poi è morto. Sempre per la vigilia, un tempo, anche il contadino più miscredente celebrava un rito singolare accendendo un cero di fronte all’immagine del santo nell’edicola a lui dedicata e posta, abitualmente, sopra l’ingresso principale delle stalle, recitando un rosario seguito da specifiche giaculatorie mediante le quali veniva invocata. Su tutte le famiglie di animali, di grande come di piccola taglia, suino incluso, esistenti nella sua proprietà, una specie di protezione del santo stesso. A lui si chiedeva inoltre di difendere tutti, la casa e le cose, specie il fienile (una delle ragioni per cui, generalmente, nelle immagini del santo compare anche il fuoco). Un misto quindi di fede occasionale, bigottismo ed opportunismo.

Nel giorno del Santo (17 Gennaio) è usanza, in molte località, quella di benedire gli animali, le stalle e gli allevamenti, oltre al sale e al pane durante le cerimonie religiose. Numerose sono le località in cui i parroci si recano di persona, nelle aziende agricole e negli allevamenti, per impartire la benedizione. Per Sant’Antonio non si devono uccidere gli animali, e quindi ci si è sempre guardati bene dall’immolare, ad esempio, una gallina o un coniglio. Chi lo ha fatto, sempre secondo la tradizione, avrebbe visto ben presto i propri allevamenti decimati da qualche epidemia. La sera di Sant’Antonio, popolari, anche in terra lombarda, sono poi i famosi falò propiziatori che vedono mescolarsi tradizione sacra e pagana. I falò simboleggiano la volontà di bruciare il vecchio e il negativo ma, secondo altri usi, anche il gettare tra le fiamme una lista dei desideri da benedire con il fuoco. Un modo anche per celebrare o per “accelerare” la fine dell’inverno. La ricorrenza del celebre asceta, uno dei più rigorosi eremiti di tutti i tempi e grande padre del monachesimo orientale, è da sempre accompagnata da una serie di riti molto antichi, legati strettamente alla vita contadina, che fanno di Antonio Abate un vero e proprio “santo” del popolo. E’ notoriamente considerato il protettore contro le epidemie di certe malattie, sia dell’uomo, che degli animali. E’ invocato, in particolare, come protettore del bestiame ma anche per scongiurare gli incendi, e non a caso il suo nome è legato ad una forma di herpes nota come “fuoco di Sant’Antonio” o “fuoco sacro”. Antonio Abate è anche considerato il patrono del fuoco e diversi riti che riguardano la sua figura testimoniano un forte legame con le culture precristiane, soprattutto quella celtica. E’ nota infatti l’importanza che rivestiva presso i Celti il rituale legato al fuoco come elemento beneaugurante.

Ci sono poi i detti popolari, uno su tutti “Par Sant’Antoni Abà, un’ura sunà”, a significare l’allungamento significativo che le ore di luce hanno ormai subito dalla notte del solstizio del 21 dicembre. Tanti altri sono poi i detti che, da sempre, si tramandano in terra cremonese e casalasca:”Per Sant Antòni se cùr i serióoi se inpiena li bùti e i benasòoi” (Se piove per S. Antonio ci sarà una vendemmia abbondante); “Sant Antòni el fà i póont e San Pàaol el i a ròomp” (Per S. Antonio si fanno i ponti di ghiaccio, ma durano poco: infatti per S. Paolo – 25 gennaio – si scioglieranno); “Per Sant Antòni dèla bàarba biàanca se ghè mìia giàs, la néef ne la màanca” (in questo caso c’è la conferma della rigidità di metà gennaio: se non c’è ghiaccio, certo non manca la neve); “Acqua de fòs, acqua de bìs, Sant Antòni la benedìs” (graziosa e breve preghiera che rivolgevano i contadini assetati che bevevano l’acqua di un fosso: S. Antonio, protettore degli animali, garantiva ad essi che non fosse avvelenata); “Sàant Antòni dèla bàarba bianca, fàme truàa chél che me màanca” (S. Antonio Abate, tra le sue tante doti, era ritenuto capace anche di far trovare le cose smarrite); “Sàant Antòni gluriùus; fìi végner bòon el me murùus che l’è rabìit tama ’n demòni, fème ’sta gràsia, Sàant Antòni” (Altra qualità dell’Abate era quella di far tornare la pace tra gli amanti arrabbiati); “Sàant Antòni chisulèer, el vèen al dersèt de genèer: in che méès végnel?” (indovinello che si faceva ai bambini cercando di confonderli).

Fra tradizione e folclore, fede e cultura, diversi sono gli appuntamenti in programma, in occasione di questa ricorrenza, nelle terre tra l’Oglio e il Po. Oggi, sabato 15 gennaio, a Isola Dovarese, alle 16.30, benedizione degli animali seguita, alle 17, dalla celebrazione della messa. A Canneto sull’Oglio è festa patronale e si celebra domenica, 16 gennaio, con la “Festa del Ringraziamento di Sant’Antonio Abate”, titolare della parrocchia e patrono dei lavoratori della terra. Per l’occasione, nella chiesa parrocchiale dedicata proprio a Sant’Antonio Abate, sarà celebrata la messa solenne alle 10.30. La giornata è promossa dalla locale sezione della Federazione provinciale Coldiretti di Mantova in collaborazione con la Parrocchia ed il Gruppo Chitarre dell’Oratorio. Durante la funzione, gli agricoltori ed i vivaisti cannetesi porteranno all’altare i frutti e i doni del lavoro della terra. Al termine, la benedizione simbolica dei fedeli e dei lavoratori della terra. A Stagno Lombardo, lunedì 17 gennaio, nel corso della giornata il parroco rinnoverà la tradizionale benedizione delle stalle e degli animali e, alle 18.30, presiederà la messa in chiesa parrocchiale. A Martignana di Po la messa per Sant’Antonio Abate avrà luogo sempre lunedì, alle 17. Spostandosi sulla riva opposta del fiume, a Vidalenzo di Polesine Zibello, domenica 16, alle 10.30, su iniziativa dei monaci benedettini della piccola famiglia “Custodi del Divino Amore” sarà celebrata la messa con benedizione degli animali. A Busseto, sempre domenica 16, messe con benedizione del sale e preghiera per gli animali durante le messe delle 8.30, 10.30 e 18. Lo stesso rito, nel medesimo giorno, sarà ripetuto anche durante le messe delle 9 a Samboseto, delle 10 a San Rocco e delle 11 a Semoriva. A Pieveottoville, Ragazzola e Stagno di Roccabianca, lunedì 17 e martedì 18, il parroco don Benjamin Ayena, benedirà le aziende agricole del territorio; inoltre, sempre lunedì 17, alle 10.30, celebrerà la messa nell’oratorio dedicato al santo (a Pieveottoville) con benedizione del sale e, dalle 17.30 alle 18, in piazza Battisti, benedirà gli animali mentre domenica 23 gennaio, durante le messe delle 8.45 a Stagno di Roccabianca e delle 9.45 a Ragazzola benedirà il sale. Chissà che un domani, vista la sua popolarità in tutta Europa e, in particolare, tra le due rive del fiume, il grande asceta non possa essere scelto come il patrono del Po ed essere celebrato con grandi falò propiziatori sugli spiaggioni, di qua e di là dal fiume: come ulteriore occasione per unire le due rive e farle “camminare” insieme.

Paolo Panni, Eremita del Po

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