Economia

Caro energia, Anceschi, dg
Confcommercio: "Crisi economica"

"Finita l’emergenza pandemica inizierà quella economica, non certo meno grave e preoccupante”. Queste le parole di Stefano Anceschi, direttore generale Confcommercio Cremona, in merito al problema del “caro energia”.

“Finita l’emergenza pandemica inizierà quella economica, non certo meno grave e preoccupante”. Queste le parole di Stefano Anceschi, direttore generale Confcommercio Cremona, in merito al problema del “caro energia”.

“Nel 2022 devono arrivare due rate di fondi europei di circa venti miliardi ciascuna e, come sistema Paese, non possiamo assolutamente non raggiungere i traguardi prefissati: Diversamente il rischio concreto è quello di precipitare in una crisi che aprirebbe la strada alla speculazione finanziaria. Gli indicatori che rendono più incerta la ripartenza economica non mancano. A partire proprio dai costi dell’energia e delle materie prime. L’emergenza della bolletta energetica finirà con l’interessare direttamente, in Italia, un milione di imprese del terziario. Solo considerando i costi diretti, senza valutare gli impatti – che colpiranno una platea molto più vasta – determinati dalle minori possibilità di spesa delle famiglie e, dunque, da una preoccupante contrazione dei consumi interni.

Negozi, hotel, bar e ristoranti dovranno raddoppiare l’impegno di risorse per luce e gas rispetto al periodo pre pandemia. Negli ultimi dodici mesi, invece, la crescita è di quasi l’80 per cento. Abbiamo consultato i nostri imprenditori. E la loro testimonianza – in linea con i dati elaborati anche dall’ufficio studi Confcommercio – rende chiaro come questi aumenti siano difficili da sostenere. Un hotel, in media, spenderà di luce 79mila euro (+61%) e quasi 20mila euro di gas contro i 10mila del 2021. Per un bar si passa in media da 4mila a 7mila euro per salire, con il gas, da 5mila a 10mila euro in totale mentre per un ristorante la voce elettrica passerà da 7mila a 12mila euro che, con il gas, farà segnare un maggiore costo totale che da 11mila fino a 19mila euro.

Guardiamo con preoccupazione ad un trend nell’aumento dei prezzi che sembra inarrestabile (e anche gli analisti non prevedono inversioni di tendenza nel medio termine). Una compensazione non è ipotizzabile. Il Governo, infatti, ha impegnato quasi quattro miliardi per aiutare le fasce fragili tra le utenze private. Ma per il tessuto economico servirebbe uno stanziamento di almeno trenta miliardi, come una Finanziaria. Questo non considerando i grandi gruppi che, di solito, provvedono al loro fabbisogno energetico autonomamente. Il quotidiano La Stampa ha indicato come, per le “piccole e medie imprese pagano anche quattro volte i costi dell’energia rispetto all’industria”. Con le imprese che sono convenzionate con Confcommercio abbiamo lavorato perché si applicassero tariffe agevolate agli associati. Ma non basta di certo a risolvere il problema. Così come non è sufficiente l’aumento dell’Ires per le società energetiche che stanno beneficiando dell’impennata dei prezzi. una sorta di “Robin Hood Tax”

Come Confcommercio, a livello nazionale, abbiamo chiesto interventi strutturali: dalla dipendenza estera, agli oneri di sistema, alla compensazione dell’aumento dei prezzi dei carburanti sulla filiera dei trasporti e della logistica. Insieme alle altre realtà di rappresentanza economica abbiamo proposto che si metta mano al “tesoretto” italiano, così come di accelerare sul potenziamento della produzione italiana del gas che potrebbe raddoppiare in pochi mesi, passando da quattro a otto miliardi di metri cubi. Ma va sviluppata anche l’apertura di nuovi canali di forniture per assicurare scorte nei prossimi anni, da vendere a prezzi agevolati. Il tema energetico, per il “sistema Italia” va ripensato con strategie sia congiunturali, sia strutturali sia nel lungo periodo, in particolare sulle rinnovabili. Senza dimenticare, tuttavia, che la sostenibilità, oltre che ambientale, deve essere anche economica e sociale. E in questo momento siamo a rischio sul fonte della tenuta delle imprese.

Fino ad ora i prezzi per il pubblico (di alberghi, pubblici esercizi, e del nostro comparto in genere) hanno subito solo ritocchi marginali. Si è, insomma, preferito ridurre il margine pur di riconquistare un po’ di “normalità”. Ma è una situazione ormai al limite della sostenibilità e dunque non procrastinabile troppo a lungo. Il rischio è che le attività non siano sostenibili e si fermino addirittura le imprese. Sta avvenendo in particolari settori industriali, rischia di estendersi a macchia d’olio anche ad artigianato e terziario. Per alcuni sarebbe un nuovo lockdown forzato. Per altri, una chiusura definitiva”.

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