Cultura

Michele Mendi, il fotografo
delle aquile e i relitti nel fiume

Michele Mendi ha fatto le foto che vedete con il drone, altro strumento che sa usare alla perfezione e riguardano la più importante delle imbarcazioni riemerse all’Isola degli Internati, tra Gualtieri e Pomponesco. Le mostriamo ai nostri lettori, in tutta la loro bellezza, con un Grazie grande a Michele per questo dono

E’ definito, giustamente, il “Fotografo delle Aquile”. Al secolo Michele Mendi, parmigiano, uno con la passione per la natura che gli scorre nelle vene, gli pulsa nel cuore e si suggella quando pigia sulla fotocamera per immortalare ciò che i suoi occhi vedono. Gli scatti che ha realizzato, negli anni, ad una quantità infinita di uccelli sono semplicemente straordinari: non solo perché sono bellissimi ma perché fatti con l’anima. Quella di chi sa cogliere, nel vero senso del termine, le meraviglie del Creato. Chi scrive queste righe ha la fortuna di conoscerlo, di averlo per amico e di poter contare su di lui: sempre. Basti dire che quando capita di immortalare qualche uccello è sufficiente mandargli la foto, sicuro di avere risposta nel giro di pochi istanti. In quella risposta ci saranno il genere e tutte le informazioni riguardanti il soggetto immortalato, con l’aggiunta di una sagace battuta in dialetto rigorosamente parmigiano. Di quelle battute che, in qualsiasi momento, portano serenità. Qualche anno fa ha realizzato una foto, in notturna, all’interno di un cimitero, di un gufo in volo che stava per “atterrare” su una tomba. Una foto immensamente spettacolare, la preferita di chi scrive queste poche righe. Un superficiale la definirebbe un “colpo di fortuna”. Chi conosce Michele sa che si tratta di bravura superlativa; quella, come tante altre sue immagini, è il frutto di una pazienza immensa, di una attesa certosina, di una capacità non comune di saper osservare (si ricordi bene che osservare è cosa ben diversa da guardare).

De resto i riconoscimenti che ha avuto per le sue immagini, negli anni, parlano per lui. La mostra “Il Cambiamento. Viaggio per immagini nella natura” che, due anni fa, ha realizzato sotto i Portici del Grano a Parma è una delle sue opere più belle; una mostra che bisognerebbe esportare anche in terra casalasca, magari intorno al fiume. I suoi titoli di delegato provinciale della Lipu (Lega italiana protezione uccelli) di Parma e membro del direttivo Lipu nazionale, sono stati ottenuti (ed ampiamente meritati) sul campo.

In attesa di realizzare, nel frattempo, una gallery su oglioponews di alcuni dei migliori e più particolari scatti che ha realizzato tra l’Oglio e il Po (chi scrive non glielo ha mai proposto direttamente, lo leggerà qui, e senz’altro risponderà come solo lui sa fare), ha fatto dono di quattro meravigliose immagini realizzate, proprio in questi giorni, sul Po. Le ha fatte con il drone, altro strumento che sa usare alla perfezione e riguardano la più importante delle imbarcazioni riemerse all’Isola degli Internati, tra Gualtieri e Pomponesco. Le mostriamo ai nostri lettori, in tutta la loro bellezza, con un Grazie grande a Michele per questo dono.

Con, in aggiunta, un ripasso veloce della storia. Si tratta di imbarcazioni bombardate durante la seconda guerra, durante un violento conflitto a fuoco mentre era in corso la ritirata dei tedeschi che, nel 1945, risalivano verso Nord, inseguiti dagli Alleati e dalle squadre partigiane. La scoperta è stata fatta nel novembre 2006, durante un’altra grande secca del fiume che ha fatto riaffiorare dal passato le due navi e una pirodraga, un tempo adibite al trasporto di prodotti agricoli, di carbone e di massi destinati all’edificazione di infrastrutture. Vista l’impossibilità di riutilizzare i natanti, neppure il ferro di cui sono realizzate, la città di Gualtieri ha deciso di lasciarle là dove sono affondate, per non dimenticare con mestizia la memoria del luogo e della storia perduti. In questi paesaggi, tra i pioppi e le nebbie della golena, tra l’altro, visse per lunghi periodi il pittore e scultore Antonio Ligabue che lì spesso si rifugiava quando entrava nelle sue profonde e tormentose crisi e si sentiva rifiutato dalla comunità. Oggi silenziosa e suggestiva oasi naturalistica, l’Isola degli Internati porta questo nome perché nel 1945 fu data in gestione ad una cooperativa agricola di ex prigionieri della seconda guerra mondiale, affinché potessero avere un reddito con lo sfruttamento del legname. Infine, ma ormai è quasi storia vecchia, doveroso ricordare che nella non lontana Sermide, in provincia di Mantova, il fiume ha restituito un semicingolato tedesco che era stato spinto nel fiume il 23 aprile 1945 dai tedeschi in ritirata per evitare che finisse nelle mani delle truppe americane. Tutto era stato documentato da una foto scattata all’epoca da un aereo da ricognizione inglese ma, nonostante le ripetute ricerche, nessuno lo aveva più trovato. L’impresa è riuscita a Samuele Bernini, un volontario del Museo della Seconda Guerra Mondiale del fiume Po di Sermide e Felonica, che nei giorni scorsi lo ha visto e ritrovato. Si tratta di un semicingolato modello Sd.Kfz.11 e pesa circa 7 tonnellate. Per estrarlo sono serviti quasi due giorni di lavoro insieme alla Società Archeologica SAP e con il permesso della Soprintendenza di Mantova, Cremona e Lodi. I tedeschi in quella zona hanno abbandonato diversi mezzi. Molti sono stati subito recuperati, ma questo era finito in acque profonde. Ora sarà esposto, una volta restaurato, nel museo della Seconda Guerra Mondiale del fiume Po di Sermide e Felonica: un luogo che i lettori si devono segnare bene, inserendolo nelle prossime e più immediate tappe.

Eremita del Po, Paolo Panni

© Riproduzione riservata
Caricamento prossimi articoli in corso...