Cronaca

Boretto e il fiume piangono
Alberto Manotti, il Re del Po

"Ci sono persone – ricordava più volte lui stesso - che hanno soldi, macchine e ville costose, e nonostante tutto sono sempre tristi. Lo sai invece perché io, che non ho niente, sono così felice? Perché io ho il fiume Po"

Foto: Fabio Furlotti

San Francesco d’Assisi, nel suo celeberrimo “Cantico delle Creature” definiva sorella la “morte”. Aveva ragione (e non potrebbe essere diversamente) perché la morte è un passo e parte integrante del grande mistero della vita. Quella vita che Alberto Manotti, da tempo autoproclamatosi “Re del Po”, ha vissuto pienamente, da innamorato del fiume e del Creato. Un uomo dallo spirito francescano, proprio per il suo straordinario amore per la natura, artista e filosofo, saggio e autentico, semplice e sanguigno al tempo stesso. Un uomo capace di mescolare italiano e dialetto in un stessa frase, sempre capace di conquistare coloro che lo incrociavano nel loro cammino di vita. Sorella morte ieri ha bussato alla porta del “Re del Po”, proprio nel momento in cui il fiume è ridotto a un deserto e lui, Alberto, in punta di piedi se ne è andato, senza fare “chiasso”, umile e vero, come sempre. Le anime che fanno parte del Po rimangono sempre dentro al fiume: questa è una frase suggerita, a chi scrive queste righe, da un amico che, come Alberto, ha un amore sfrenato per il Po.

La morte è un passaggio obbligatorio, da cui nessun uomo vivente può scappare (per dirla ancora alla francescana); ma non è nulla di definitivo o di distruttivo. Perché se noi siamo di passaggio, restano le opere, gli insegnamenti, i valori che possiamo essere in grado di dare durante il nostro cammino di vita. Lui il Re del Po lascia un patrimonio, dato da quella grande e poderosa struttura in legno che è stato capace di realizzare, e lascia un insegnamento: quello dell’amore sconfinato per il fiume.

Personaggio per molti versi mitico, storico e pittoresco, per mezzo secolo ha recuperato migliaia di legni trasportati dal fiume, ha realizzato baracche e strutture. All’altezza del ponte tra Boretto e Viadana, dove oggi c’è il “deserto” ha realizzato una gigantesca opera, una nave di oltre 40 metri di lunghezza, mettendo insieme decine di migliaia di pezzi di legno trasportati dal fiume e utilizzando un numero incalcolabile di chiodi. E’ definita la “Nave Jolanda”, dal nome della mamma di Alberto, mancata nel 2015 e l’ha saputa difendere sia dalle piene che dai vandali.

Grazie a questa sua particolare passione, un po’ di anni fa salì alla ribalta nazionale grazie al documentario di Elena Fieni “Visibile…Invisibile: un re racconta il suo regno” e ai diari del giornalista Paolo Rumiz pubblicati su Repubblica. Manotti è diventato anche il protagonista di un documentario pubblicato anche sulle pagine online di alcuni quotidiani nazionali, realizzato dal regista e autore di Parma Nicola Gennari che, come un cantastorie, racconta personaggi, luoghi e vicende della Pianura padana.

“Ci sono persone – ricordava più volte lui stesso – che hanno soldi, macchine e ville costose, e nonostante tutto sono sempre tristi. Lo sai invece perché io, che non ho niente, sono così felice? Perché io ho il fiume Po”. Parole che danno la misura di questo grande uomo del fiume, che era davvero il Re del Po. Un re che lascia opere e insegnamenti e questi sono un patrimonio per tutte le genti del fiume.

Quel fiume che lui, Alberto, ha amato per tutta la vita e che ora, in questo momento di tristezza, accompagna silenziosamente nel viaggio verso quel Paradiso. Lui, il Re del Po, da ora vedrà il suo e nostro fiume da una posizione diversa. Con l’amore e la passione di sempre.

Eremita del Po, Paolo Panni (FOTO: Fabio Furlotti)

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