Stagno, il carrello riemerso dal
fiume e il suo fedele custode
Come scritto non è finito del tutto nel dimenticatoio, quel carrello. C’è chi ha imparato a valorizzarlo, a mostrarlo, a tenerlo vivo, a modo suo. Ed è bello che a farlo sia un giovane. Quel giovane risponde al nome di Tommaso Mazzeo

Quando si va sul fiume, meglio se a piedi, non è sufficiente guardare. Si deve saper osservare, scrutare, leggere e ascoltare ciò che il vecchio Eridano mostra e racconta. A volte anche un semplice relitto, un pezzo di ferro arrugginito, un oggetto a prima vista anonimo racconta la storia, quella dei nostri padri e dei nostri nonni, gente che sul fiume si è tirata su, per davvero, le maniche. Gente che in riva al Po, e sul Po, ha trascorso esatti ed inverni, ha sfidato il freddo, la nebbia, l’afa e le zanzare, le piene e le secche. Sul Po ha trascorso la vita, ha lavorato e ha mantenuto intere famiglie, ha costruito l’avvenire dei nostri paesi, ha realizzato opere di difesa, ponti e vie di comunicazione.
Il fiume, in passato più di oggi, era ed è stato per tante famiglie una straordinaria ed imprescindibile fonte di vita. Tanti i mestieri, molti dei quali oggi scomparsi, venivano portati avanti, per ore ed ore tutti i giorni, sulle sue sponde, o direttamente in mezzo al fiume. Una volta c’erano i saccaroli e i mugnai, i barcaioli ed i pontieri, i passatori ed i pescatori, i manovali ed i cavatori di sabbia, gli scariolanti, i carrettieri, i sabbiaioli ed i boscaioli, per citarne alcuni.
In territorio di Stagno Lombardo, a ridosso del Lido Ariston Sales, la magra in corso ha reso più visibile un vecchio attrezzo, ormai coperto dalla ruggine, finito nel dimenticatoio, o quasi, o comunque non del tutto. Si tratta di un vecchio carrello di quelli che un tempo venivano utilizzati per il trasporto di ghiaia e sabbia, per la costruzione di pennelli, argini e opere di difesa spondali.
E’ lì da decenni quel carrello, per lui non si sono aperte le porte di qualche museo etnografico. Il museo è quello a cielo aperto, creato, custodito e tenuto vivo dal fiume stesso e dai suoi abitanti. Un pezzo di storia, rimasto sul suo fiume, vegliato da quel fiume che, a suo modo, in magra o in secca, continua a parlare della storia, delle vicende e dei mestieri di coloro che hanno trascorso la vita sulle sue rive.
Come scritto non è finito del tutto nel dimenticatoio, quel carrello. C’è chi ha imparato a valorizzarlo, a mostrarlo, a tenerlo vivo, a modo suo. Ed è bello che a farlo sia un giovane. Quel giovane risponde al nome di Tommaso Mazzeo, uno che per il Grande fiume nutre da sempre un amore incondizionato e smisurato, capace di commuoversi fino alle lacrime quando vede il Po in condizioni di secca tanto allarmante. Uno che del fiume conosce ogni angolo, ogni stradina, ogni peculiarità; capace di stare ore seduto sulle pietre di una massicciata a vegliare il suo fiume, snocciolando aneddoti e proposte, pezzi di storia e fatti di tutti i giorni. Un amico vero del Po, di quelli che non abbandonano mai il vecchio Eridano nemmeno nei tempi di siccità e di magra.
Nell’essere custode di quel carrello, Tommaso (che negli ultimi tempi è stato anche tra i principali promotori della Lanterna del Po e dei Rosari pregati per chiedere la fine della siccità) si fa ogni giorno curatore e custode, nel vero senso del termine, dei saperi, della storia e degli aneddoti del Po. Di fronte a quel vecchio carrello che oggi, nel suo silenzio, parla delle braccia che un tempo lo hanno spinto, oggi non resta che rievocare la celebre poesia di Cesare Pavese, Crepuscolo di sabbiatori del Po in una casa in cima a una collina: I barconi risalgono adagio, sospinti e pesanti: quasi immobili, fanno schiumare la viva corrente. E già quasi notte: Isolati, si fermano: si dibatte e sussulta la vanga sott’acqua. D’ora in ora, altre barche sono state fin qui. I barconi nel buio discendono grevi di sabbia, senza dare una scossa, radenti: ogni uomo è seduto a una punta e un granello di fuoco gli brucia alla bocca Ogni paio di braccia strascina il suo remo, un tepore discende alle gambe fiaccate e lontano s’accendono i lumi. …In distanza, sul fiume, scintillano i lumi di Torino. Due o tre sabbiatori hanno acceso sulla prua il fanale, ma il fiume è deserto.
Eremita del Po, Paolo Panni