Polesine Parmense: Giancarlo
Rastelli, la carità nella scienza
Sabato mattina, 7 ottobre, alle 11, in cattedrale a Parma si terrà la celebrazione per la riapertura del processo di canonizzazione del servo di Dio dottor Giancarlo Rastelli. Interverrà il vescovo di Parma monsignor Enrico Solmi
Profumano di santità le terre del Grande fiume. Terre di lavoratori e di gente semplice, di scrittori e di poeti, di inventori e di pittori, ma anche terre di santi, eremiti ed anacoreti.
Sulle rive del fiume sono nati, o hanno vissuto il loro apostolato o, comunque, hanno visto rifulgere il fulgore della santità san Geroldo, sant’Omobono, san Rocco, san Corrado Confalonieri, san Gottardo Pallastrelli, san Savino, san Carlo Borromeo, san Folco Scotti, sant’Artemide Zatti, san Giovanni Battista Scalabrini, sant’Antonio Maria Zaccaria ed i beati Angelo Carletti, Giovanni Cacciafronte de Sordi.
Si aggiungano anche i venerabili Servi di Dio padre Daniele da Torricella, padre Lorendo da Zibello, monsignor Francesco Giberti, Pierina Belli.
A loro potrebbe presto aggiungersi una nobilissima figura, quella del parmigiano Giancarlo Rastelli, cardiochirurgo di fama mondiale, scomparso prematuramente, nel 1970, a soli 36 anni. Nato a Pescara il 25 giugno 1933 dal giornalista Vito Rastelli e dalla maestra elementare Luisa Bianchi, entrambi parmensi, aveva le proprie radici a Polesine Parmense.
Nel borgo rivierasco ha trascorso lunghi periodi, ha curato e salvato bambini e ragazzi di allora. A lui sono intitolate, a Polesine Parmense, sia la scuola elementare che la casa della salute e vivissimi sono i suoi ricordi tra la gente. Due anni fa l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Massimo Spigaroli gli ha dedicato una cerimonia nel 50esimo della morte ed una importante mostra dal titolo “La prima carità è la scienza – Giancarlo Rastelli un cardiochirurgo appassionato all’uomo”.
Pochi giorni fa la Gazzetta di Parma gli ha dedicato due pagine con le belle testimonianze dei medici dell’Amci e del professor Umberto Squarcia. Tutto questo in vista dell’importante evento di sabato mattina, 7 ottobre, quando alle 11, in cattedrale a Parma si terrà la celebrazione per la riapertura del processo di canonizzazione del servo di Dio dottor Giancarlo Rastelli. Interverranno il vescovo di Parma monsignor Enrico Solmi; il presidente dell’associazione Medici cattolici italiani professor Filippo Maria Boscia; il postulatore don Agostino Bertolotti; gli amici e compagni di corso dottor Angiolino Landini e professor Umberto Squarcia mentre a moderare sarà Maria Cecilia Scaffardi.
Per quanto riguarda la sua breve ma straordinaria esistenza, Giancarlo Rastelli dopo una permanenza di poco tempo a Reggio Emilia, a Roma e a Sondrìo, si trasferì a Parma con i genitori e la sorella minore Rosangela nel 1945. Frequentò il Liceo classico Romagnosi di Parma, conseguendo la maturità nel 1951. Frequentò la Facoltà di Medicina dell’Università di Parma dove si laureò con 110 e lode il 17 luglio 1957, discutendo una tesi sperimentale dal titolo “Le modificazioni dell’attività A.T.P. asica del miocardio in ipotermia generale” che riportò la dignità di stampa.
Alla tesi venne assegnato il premio di laurea Lepetit per il 1957. Nel marzo 1958 superò col massimo dei voti l’esame per l’abilitazione professionale. Fu internista presso l’Istituto di Anatomia Umana, l’Istituto di Patologia Generale e l’Istituto di Clinica chirurgica diretta dal Professor A.Bobbio negli anni universitari.
Dopo la laurea rimase Assistente volontario prima e straordinario poi presso la Clinica Chirurgica Prima e presso la Cattedra di Patologia Speciale Chirurgica della Università di Parma (Prof. Goffrini). Dal 1960 al 1961 fu nel servizio di diagnostica cardio-respiratoria. Era entrato nella Congregazione Mariana presso i gesuiti di S.Rocco all’età di 13 anni e fu figlio spirituale di Padre Molin, famoso a Parma come educatore di giovani.
Come congregato mariano seguì corsi di formazione particolarmente diretti all’apostolato verso gli ultimi, gli emarginati, gli esclusi, gli ammalati. Questo spirito cristiano di apertura ed assoluta dedizione ai ‘più piccoli’, in cui ovviamente metteva anche gli ammalati, profuse sempre nella sua professione di medico, chirurgo e ricercatore. Sempre, avendo al centro dei suoi pensieri l’ammalato da vivere (non da morire), l’uomo e la dignità della persona umana da servire. L’uomo nel quale vedeva fulgidamente riflesso il volto del Cristo.
Nel 1961 vinse una borsa di studio Nato ed andò a Rochester Minnesota (USA) presso la famosa Mayo Clinic, centro medico e di ricerca scientifica da cui uscirono ed escono le più importanti scoperte del mondo (fra cui la scoperta del cortisone). Qui, dopo pochi anni, fu nominato Capo della Ricerca Cardiovascolare della Mayo e per passare a questo nuovo incarico rinunciò ad uno stipendio molto maggiore da cardiochirurgo, lui che ricco non era. Lo fece con gioia per seguire una vocazione.
In questa veste di ricercatore (“far cessare la ricerca – diceva – è far cessare la vita”) fece due importantissime scoperte (da oltre cento anni ricercatori di tutto il mondo cercavano di scoprire quello che lui scoprì nei 5 anni della sua malattia, dormendo 4 ore per notte, incalzato dal male perché sapeva di avere poco tempo ormai a disposizione) che, da allora, continuano a guarire migliaia di bambini nel mondo.
Queste scoperte gli valsero tre medaglie d’oro a Washington, la doppia cittadinanza italiana-americana e la denominazione di Rastelli I e Rastelli II ai suoi due metodi o tecniche operatorie (sulla trasposizione dei grossi vasi… tronco arterioso) in tutte le cartelle cliniche e su tutti i testi di cardiologia e medici del mondo.
Si sposò il 10 agosto 1964 con Anna Anghileri di Sondrio che aveva conosciuto sui campi di sci di Bormio. Nel luglio 1965 nacque Antonella Rastelli, oggi Golden doctor a St.Louis Missouri dell’Ospedale Washington e moglie di un neuropsichiatra ricercatore (vincitore di una borsa di studio Nato e stesso iter- di Giancarlo) dottor Maurizio Corbetta.
Rastelli si ammalò (per cause di servizio) nel 1964, di ritorno dal viaggio di nozze. Fu operato più volte e sottoposto ad una chemioterapia allora sperimentale. Non fece parola del suo male con nessuno, neppure con i genitori. Alla moglie che chiedeva, rispondeva, semplicemente e con grande chiarezza sospinto dalla sua incrollabile fede: “Credi in Dio e nella Mayo”, poi si allontanava veloce fischiettando Mozart e Beethoven.
Mori il 2 febbraio 1970 a Rochester, in Minnesota. L’anno dopo ottenne il premio Missione del Medico della Carlo Erba con queste parole e motivazione: “Un santuario di nobili opere, di eccelso ingegno, di carità sociale”. A lui sono state dedicate reparti di Ospedali (nel mondo) scuole, pubblicazioni scientifiche, una strada a Parma, la scuola elementare e la casa della salute di Polesine Parmense ed una grande lapide alla Clinica Mayo, con questa scritta: “In memoria di Giancarlo Rastelli da parte dei residenti chirurgi che lo considerarono altamente come chirurgo, artista creativo, maestro ed amico”.
Fu sepolto ad honorem nella cappella universitaria del cimitero di Parma accanto a Pietro Giordani. Sulla lapide compare la scritta “Vita mutatur, non tollitur”.
Nell’Ottanta un gruppo di cardiologi, di persone della Mayo clinic e tutti i bambini di Parma e di altre città operati alla Mayo (Gian, come veniva chiamato, ne ospitò fraternamente nella sua modesta casa parecchi) con i loro genitori si riunirono sulle colline di Parma nella casa del dottor Antonino Maniscalco che ebbe il figlio salvato da Rastelli (nonostante le diagnosi infauste da parte di tutti gli altri luminari del mondo) e regalarono ai famigliari di Giancarlo un manifesto, simbolo di Lui, con la scritta: “Amatevi l’un l’altro – L’amore vince” accanto a due bambini che si abbracciano.
Tutti da Lui avevano imparato questo, oltre la malattia, oltre la morte. La Santa Sede ha già concesso il nulla osta per l’avvio della causa di beatificazione di Giancarlo Rastelli e questo sabato si riaprirà appunto il processo di canonizzazione a Parma di questo straordinario uomo, scienziato e medico, profondamente legato alla “sua” Polesine, al Grande fiume e alla sua gente.
Un servo di Dio, nel vero senso del termine, che come san Giuseppe Moscati seppe vivere la carità nella scienza e la medicina come una missione radicata nel Vangelo, con le virtù teologali di fede, speranza e carità sempre al centro del suo agire servendo chi era in difficoltà.
Eremita del Po, Paolo Panni