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A Saint Denis parlando di Viadana
GIanni Fava racconta il Mondiale

Sul prossimo Mondiale andrà valutata una novità regolamentare. “Si passerà a 24 squadre, ci saranno probabilmente sei gironi da quattro squadre e questo dovrebbe aprire prospettive diverse di qualificazione". GUARDA IL SERVIZIO TG DI CREMONA 1 E L'INTERVISTA INTEGRALE

Lo definisce come il più grande evento sportivo al quale abbia assistito. E d’accordo che era la finale di un Mondiale e che il rugby è forse lo sport preferito da Gianni Fava, ma c’è qualcosa in più per giustificare una affermazione tanto netta. Fava, infatti, per la prima volta ha assistito ad un Mondiale, e alla finale vinta dal Sudafrica contro la Nuova Zelanda allo Stade de France di Parigi, come consigliere del World Rugby (l’equivalente della Fifa per il calcio), dunque a tutti gli effetti come organizzatore.

“E’ stato un bellissimo Mondiale, molto combattuto ed equilibrato: il cammino del Sudafrica, che ha vinto dai quarti in poi sempre per un punto, dice tutto della competizione. Ha vinto una squadra che ama usare le sue armi, che gioca chiusa ma che ha un killer instinct sportivo impressionante: quando va davanti, non si fa mai raggiungere. Forse c’erano squadre più forti, ma loro hanno dimostrato di meritare. E nel rugby vince sempre chi merita. Credo che delle prime sei classificate, tutte potessero vincere: la differenza era davvero minima e questo ha creato incertezza e spettacolo”.

Che dire dell’Italia? “E’ stata una performance deludente, inutile nasconderlo, anche se il compitino, l’obiettivo minimo, lo abbiamo portato a casa: ci siamo qualificati al Mondiale del 2027 in Australia ma ancora non siamo riusciti a colmare, o almeno a ridurre, il gap dalle grandi. La nostra Nazionale al momento è questa: se la gioca coi pari livello, ma poi non riesce a stare in partita contro le 2-3 formazioni dell’Emisfero Sud e le 2-3 dell’Emisfero Nord, con le quali non riusciamo a tenere acceso il risultato. La cattiva notizia è che c’è chi, come l’Argentina, ha fatto passi avanti, dimostrando anche a noi italiani che è possibile crescere; la buona notizia è che eravamo la seconda Nazionale più giovane dell’intero Mondiale, dunque i margini di crescita ci sono. Oggi però prevale il rammarico: Francia e Nuova Zelanda sono ingiocabili? Forse sì, ma quel divario fa male”.

Il calendario ha pesato molto. “Credo che Francia e Irlanda possano recriminare per incroci particolarmente sfavorevoli ai quarti, altrimenti sarebbero tranquillamente entrate nelle prime quattro. Però, come dicevo, c’è chi ha saputo reagire e chi invece non riesce a fare il passo in più. Torno all’Argentina: è uscita con le ossa rotte dall’incrocio con gli All Blacks, ma in generale porta a casa un’esperienza mondiale di buona crescita e forse avrebbe meritato di arrivare almeno al bronzo. Al di là del dato tecnico, sottolineo quello organizzativo: Nizza, Lione e Parigi, le tre città dove sono stato, hanno dimostrato una capacità di ospitare questi eventi davvero di altissimo livello. E’ stata una festa, nelle strade e negli stadi, e vivere il Mondiale qui in Francia (quando contattiamo il viadanese Fava, sta aspettando l’aereo per tornare in Italia, ndr) è stata un’emozione unica. La finale di Parigi, con gli 80mila di Saint Denis, è stato uno degli spettacoli più belli visti in vita mia, dentro e fuori dal campo”.

Sul prossimo Mondiale andrà valutata una novità regolamentare. “Si passerà a 24 squadre, ci saranno probabilmente sei gironi da quattro squadre e questo dovrebbe aprire prospettive diverse di qualificazione. Ma al di là delle modifiche ai regolamenti, credo che la nostra Nazionale debba puntare a fare un passo in più. Non andremo in Australia per vincere, ma per migliorare lo score di Francia 2023 sì. E possiamo, anzi dobbiamo, farcela”.

Personalmente quale è stata la soddisfazione più grande? “Avere respirato l’entusiasmo per un evento che tu stesso hai contribuito a creare. Io non sono stato un organizzatore di primo piano di questo Mondiale, ma il mio voto è servito ad avvallare alcune scelte. La definirei un’esperienza arricchente sia dal punto di vista umano che sportivo. Venendo da Viadana, non posso davvero ambire a qualcosa di più”.

A proposito di Viadana, s’è riscoperta piccola capitale del rugby. “Ho in mente un episodio: ho salutato e abbracciato dopo tanti anni Tana Umaga, ex giocatore a Viadana, e lui mi ha presentato a John Jeffrey, storico capitano della Scozia e oggi presidente della federazione scozzese. Era la sera della finale a Parigi. Tana ha spiegato che arrivavo da Viadana e lui ha detto di ricordare le imprese del club giallonero. Si tratta dunque di un club prestigioso, che forse noi nel comprensorio non percepiamo sufficientemente come tale. Invece a livello internazionale Viadana è conosciuta proprio grazie alla palla ovale. Allo Stade de France la sera della finale, in tanti, chiedendomi da dove venissi, hanno capito dove era Viadana e cosa aveva combinato nel rugby italiano ed internazionale”.

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Una macchina impressionante, un altro pianeta, questo Mondiale. “Alcuni numeri: 2.5 milioni di biglietti venduti, stadi quasi sempre esauriti, 73 euro di prezzo medio del biglietto, il che rende l’idea anche degli incassi e del valore economico di una kermesse di questo tipo. Alla finale avevamo 80mila persone, alle due semifinali – che ho seguito così come l’ultimo atto dal vivo – ce n’erano 77mila e 78mila. Io sono rimasto dodici giorni in Francia, per godermi l’atmosfera, e prima vi ero stato – a Lione – per la sfida tra Italia e Nuova Zelanda. Vivere questo mondiale da dentro è stato fantastico”.

In chiosa la premiazione all’Opera Garnier, dopo essere stato venerdì a pranzo all’Eliseo e avere condiviso la tribuna per la finale col premier francese Macron. “Una serata in smoking ci può stare – sorride Fava – ed è stata una cerimonia molto bel riuscita, curata nei dettagli. Si è capito perché Parigi sta organizzando anche le Olimpiadi del 2024 e dunque non lascia nulla al caso. E’ stata una festa di popolo e di istituzioni: per conto mio, che qualcuna l’ho vissuta, la più coinvolgente di sempre”.

A proposito di Olimpiadi, c’è chi – dopo lo spettacolo del Mondiale – chiede che la palla ovale entri nel programma a cinque cerchi non sono con la modalità a sette. “Non credo sia fattibile: le Olimpiadi durano un paio di settimane. Un Mondiale come questo è durato due mesi e ora che passerà a 24 squadre potrebbe durare di più. A questi livelli, c’è bisogno di 5-6 giorni di riposo per l’impatto fisico che una partita del genere ha sugli atleti. E’ chiaro che il programma delle Olimpiadi è troppo compresso per poter ospitare il rugby a 15. Ne abbiamo parlato anche con gli organizzatori di Parigi 2024 e c’era comunanza di idee su questo passaggio”.

Giovanni Gardani

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