Ambiente

Eridano, torna il sereno: Fetonte
le Eliadi a specchiarsi sul fiume

E’ tornato il sereno nelle fertili terre e nelle golene del Po; e sono tornate a svettare, all’orizzonte, le cime innevate delle Alpi da una parte e degli Appennini dall’altra.

Le due piccole piene che si sono susseguite in pochi giorni, che le si vogliano definire di fine inverno o di inizio primavera poco importa, hanno lasciato, tra campagne, carraie e pioppeti, vaste distese d’acqua nelle quali gli alberi si specchiano e la luna si riflette.

In tutto questo emerge, ancora una volta, uno dei miti più poetici che si conosca: quello legato alla storia di Fetonte, caduto col suo carro nel vecchio Eridano, e delle sue sorelle, le Eliadi, trasformate in pioppi e rimaste a piangere, in eterno, la perdita dello sfortunato fratello.

C’è, ancora una volta, un silenzio essenziale che, nella civiltà del chiasso e della fretta, diventa una medicina per chi rifugge la tendenze dell’odierna modernità. Un silenzio rotto soltanto dalla corsa dei caprioli e delle lepri, dal canto delle poiane e dei fagiani, dal suono delle campane che, sull’una e sull’altra riva, allo scoccar del vespro, annunciano la fine del giorno e richiamano a quello che verrà.

Le grandi distese d’acqua sembrano voler avvicinare e mettere in comunicazione le due rive, come a ricordare che il fiume unisce e non divide ed è fonte di vita, da sempre, per le sue genti dell’una e dell’altra sponda, senza distinzioni. Arriva poi il momento in cui cala la notte e, mentre è ancora presto per udire il canto delle cicale e dei grilli, si può ascoltare il suono della corrente che corre, ininterrottamente, verso il delta.

E’ la carezza del Grande fiume che, in magra o in piena, porta con sé la storia, le vicende, la quotidianità e la laboriosità delle sue genti e le consegna al mare e all’infinito, in attesa della nuova alba che verrà.

Eremita del Po, Paolo Panni

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