Misteri

Misteri: accenni tra reliquie,
fantasmi e santi lungo il fiume

Dal Monviso all’Adriatico, 652 chilometri di misteri, leggende, storie e vicende umane che si fondono, ancora una volta, tra loro. Un fiume, il Po, non solo d’acqua ma di casi talvolta straordinari, che si fanno cultura e rendono il suo ambiente unico e speciale, peculiare e capace sempre di sorprendere, in ogni tempo e in ogni stagione. Santi e demoni, draghi e mostri, alieni e fantasmi. Il Po parla di tutto questo e di tanto altro.

CREMONA – Nel solco della plurisecolare storia che lo accompagna, enigmi e arcani lo rendono ancora più affascinante. Parla anche di Gesù Cristo, il fiume, con segni evidenti, e misteriosi del Messia. Come accade a Cremona, città direttamente bagnata dal fiume dove, in Cattedrale, si conserva la Sacra Spina che era parte integrante della corona di spine che fu conficcata nella testa del Cristo il giorno della Crocifissione.

E’ lunga 7 centimetri e ogni anno viene portata, in devota processione il Venerdì Santo. Con il mistero che si infittisce quando il 25 marzo, giorno in cui la Chiesa celebra e ricorda l’Annunciazione di Gesù, coincide con il Venerdì Santo. Si dice infatti che, nelle Sacre Spine (diverse quelle conservate in Italia), le tracce ematiche acquistino un colore rosso vivo, come si trattasse di sangue appena versato.

MANTOVA – Non si esauriscono certo qui le tracce di Gesù lungo il corso del Po. A Mantova, all’interno della concattedrale di Sant’Andrea sono gelosamente custoditi i vasi col sangue di Cristo. Una reliquia dal valore inestimabile portata nientemeno che dal centurione Longino che aveva trafitto il costato del Salvatore con la lancia. Mentre più a valle, la chiesa di Santa Maria in Vado (sorta dove sorgeva il guado dell’omonimo affluente del Po) è nota per il celebre miracolo eucaristico avvenuto il 28 marzo 1171.

Era il giorno di Pasqua e mentre il priore Pietro da Verona, assistito da due canonici, celebrava la messa, durante il momento solenne della consacrazione, l’ostia si tramutò in carne iniziando a perdere sangue, che andò addirittura a macchiare il soffitto.

CAVACURTA – E, ancora, tracce del Messia, spostandosi “controcorrente” si trovano, ad una distanza di alcuni chilometri dal Po, a Cavacurta, nella chiesa di San Bartolomeo. All’altezza di un pilastro spicca nientemeno che l’impronta di Gesù Cristo. Si tratterebbe di un calco portato, dalla Terra Santa, come ex voto, da un crociato del paese.

BUSSETO – Meno conosciuta, ma di grande fascino, una vicenda parmense. A Busseto, cittadina celebre per essere la patria di Giuseppe Verdi, si conserva, un eccezionale simulacro del Cristo morto. E’ in cuoio, un materiale che, al tatto, fa sembrare quella statua di vera pelle. Singolare la storia che l’accompagna, un enigma in cui, più che mai, storia e leggenda si fondono. Si dice che a farlo arrivare sulla sponda emiliana fu, nel XV secolo, una disastrosa piena del Po. Il fiume impetuoso, stando sempre alle narrazioni che da tempo vengono tenute vive dalla memoria popolare, distrusse una chiesa cremonese (non è dato sapere quale), portandosi via, quindi, anche questa statua del Cristo Morto. La corsa sulle acque finì a Vidalenzo di Polesine (oggi Polesine Zibello), sulle rive del fiume naturalmente.

Immediatamente la gente locale lo scambiò per un cadavere autentico. Una volta avvicinato ecco che la verità si materializzò: quello che era davanti a tutti era un simulacro, integro, del Salvatore rappresentato dopo la crocifissione. Subito divampò una diatriba, tra le opposte rive del Po, circa il luogo in cui il misterioso Cristo doveva essere portato. A dirimerla, stando sempre ai racconti che si tramandano, sarebbe stato un frate che consigliò di adagiare la statua su un carro trainato dai buoi. Dove questi si sarebbero fermati si sarebbe quindi dovuto costruire un luogo di culto. Se ciò fosse vero significherebbe, quindi, che i buoi, dopo aver compiuto una manciata di chilometri, si fermarono a Busseto, dove ora sorge la chiesa di Santa Maria Annunziata.

Impressionanti sono anche i capelli e la barba del Cristo. Si tratta infatti di autentica capigliatura umana: quella che una donna donò, per grazia ricevuta, al Cristo stesso. La statua, alla quale i fedeli di Busseto sono estremamente legati e devoti, viene portata in processione, ogni anno, la sera del Venerdì Santo ed è anche al centro di un’altra storia ricca di fascino e mistero. Si dice infatti che, ormai molti anni fa, proprio dopo una processione del Venerdì Santo, fu lasciata in chiesa collegiata, la principale chiesa cittadina, senza essere riportata nella sua collocazione originaria. Il mattino seguente, l’incredibile sorpresa: il Cristo, infatti, non si trovava più in collegiata. Subito si pensò ad un furto e invece, poco dopo, fu ritrovato, di nuovo in Santa Maria Annunziata. Come ci arrivò se entrambe le chiese (collegiata e Santa Maria) erano chiuse e non presentavano alcun segno di effrazione? In tanti, da allora, ritengono che, prodigiosamente si sia spostato, nel bel mezzo della notte, da una chiesa all’altra e che quindi voglia rimanere nell’edificio in cui da secoli è posto.

IL VENERDI’ SANTO E GIUSEPPE VERDI – A margine, ed a proposito della settimana che conduce alla Pasqua va aggiunto che per la storica processione del Venerdì Santo, il maestro Giuseppe Verdi compose quattro “Notturni”, andati tutti persi. Dove si trovano? Sono andati persi per sempre o si trovano ancora celati in qualche angolo di Busseto o delle terre di Po? Interrogativi che aumentano i misteri che rendono il bacino del Grande fiume straordinario, per tanti motivi. Dopo aver messo in luce queste vicende direttamente legate al Figlio di Dio, è giusto andare alla scoperta di alcuni dei più interessanti misteri che si celano lungo il fiume. Per raccontarli tutti occorrerebbe un libro e così ecco, per questa volta, un rapido viaggio, dal Monviso al Delta.

CRISSOLO E IL COCCODRILLO DELLE GRAZIE A CURTATONE… – A Crissolo, a poca distanza dalle sorgenti, spicca la splendida Grotta di Rio Martino, nota fin dalla preistoria. Nel Medioevo la si riteneva abitata da spiriti maligni ed esseri infernali capaci, coi loro malefici riti, di far muovere le montagne. Ci volle un esorcismo dei Padri Gesuiti per far cessare quegli accadimenti. All’Abbazia di Staffarda, scrigno di numerosi reperti archeologici, ecco invece l’osso di un gigantesco pesce ritrovato sulle sponde del Po, che fa in qualche modo il paio con il coccodrillo che spicca sul soffitto del meraviglioso santuario di Grazie a Curtatone. Santuario che sorse attorno al XV secolo in un territorio già ampiamente influenzato dal culto mariano e, prima ancora, da leggende e credenza pagane legate all’ambiente palustre e misterioso della zona. In quanto al coccodrillo, i visitatori si chiedono da sempre coma mai sia finito lì.

Una leggenda vuole che l’animale sia fuggito da uno dei rinomati zoo esotici privati di casa Gonzaga (forse quello di Bosco Fontana), con tinte miracolose e leggendarie legate all’evento: su tutte quella di due fratelli barcaioli che stavano riposando sulla sponda del fiume, quando uno dei due venne assalito dal coccodrillo. L’altro, chiedendo l’intercessione divina della Madonna delle Grazie, si armò di coltello e riuscì a uccidere il predatore. Nel tempo sono stati ipotizzati anche altri significati e collegamenti (anche tra altre strutture architettoniche e simbolismi presenti nella chiesa ed i versetti sull’Apocalisse) ben più elaborati forse riconducibili ai Francescani Minori Osservanti (guardiani della chiesa proprio durante il secolo in cui venne esposta la reliquia del coccodrillo) e all’alchimia medievale che attuavano.

L’animale ha valenza simbolica – si legge nel catalogo dei beni culturali e bibliografici delle Regge dei Gonzaga – ed è legato all’ideologia cristiana per cui draghi, coccodrilli e serpi erano spesso associati al male. Il fatto che si trovi incatenato in una posizione sopraelevata sta a significare l’averlo reso innocuo e aver dunque scacciato il male che rappresenta. E’ inoltre un monito per i fedeli contro l’umana predisposizione all’errore. L’animale è stato donato al Santuario dal nobile Pier Paolo Malaspina nel 1608 come ex voto per la guarigione della moglie Bianca Bevilacqua, contessa di Lazise”. Un santuario, quello di Grazie di Curtatone, dove il culto mariano è radicato da secoli come lo al santuario della Madonna del Pilone di Torino dove resta vivissima la memoria di un evento prodigioso datato 29 aprile 1644 quando la Vergine apparve sul Po in piena salvando la vita di una ragazzina che, poco prima, era caduta in acqua.

FONTANA SANTA ARENA PO – Altra celebre apparizione è quella che riguarda il santuario di Fontanasanta ad Arena Po: qui i fatti risalgono al 1590 e videro protagonista una bambina, cieca dalla nascita, che mentre si recava alla sorgente con la mamma cominciò a indicare il sasso su cui era impressa l’immagine di Maria. In quel momento la mamma si accorse che la bimba aveva miracolosamente riacquistato la vista.

I cittadini di Arena Po provarono a trasportare il sasso miracoloso nella vicina chiesa, ma questo scompariva e in seguito veniva riavvistato nelle acque della sorgente.

POLESINE PARMENSE E LA MADONNINA DEL PO – Sempre in tema mariano, che dire della chiesetta della “Madonnina del Po” di Polesine Parmense dove si venera un’antica immagine della Madonna di Loreto. Qui si dice che ogni volta che il Po fuoriesce dall’argine di frontiera l’acqua si ferma sempre ai piedi della immagine Vergine che si conserva sull’altare maggiore. Così è successo anche in occasione delle esondazioni più recenti, quelle del 1994 e del 2000: in entrambe le occasioni le acque del fiume hanno raggiunto e allagato la chiesetta ma non hanno bagnato i piedi della Madonna.

LOREO E LA MADONNA DELLA STELLA DI PAVIA: DUE MIRACOLI… – Da evidenziare poi due miracoli indubbiamente legati al mondo della navigazione fluviale: Il miracolo di Loreo e quello della Madonna della Stella di Pavia, particolarmente simili tra loro, entrambi riguardanti il mondo dei barcaioli e delle attività commerciali sul Po. Nella chiesa della SS. Trinità di Loreo (Rovigo), alcuni anni fa è stata portata una tela che prima si trovava nella chiesa della Madonna del Pilastro, una delle più antiche del Polesine. Raffigura un miracolo accaduto nel 1500, di cui sono stati protagonisti la Madonna in vesti di povera vecchia donna in cerca di un rifugio per trascorrere la notte, e dei barcari. Era sera, due rascone (chiamate anche barche di Pavia), erano ormeggiate in riva al Po di Levante, e si avvicinò una vecchia donna malandata chiedendo ospitalità per la notte. Il primo barcaro, un giovane, rispose: “si il posto te lo darei, ma se tu fossi più giovane però“.

Allora la vecchia si rivolse al secondo barcaro che invece le concesse ospitalità trovandole il posto per dormire, dopo averle dato da mangiare. All’alba il mozzo si alzò per preparare il caffè al comandante della barca, era ancora buio e mentre lavora esclamò: “Mi par di sentire il campanon di Cremona“. “Va là salame“, rispose il comandante. Ma poco dopo salendo in coperta costatarono di essere proprio a Cremona. L’ospite intanto era scomparsa: era la Madonna che nella notte aveva fatto trasportare da tre angeli la barca da Loreo a Cremona e poi era salita in cielo. I barcari aggiunsero poi che l’altra barca, sempre nella notte, era colata a picco.

Anche Pavia ha la sua leggenda, quella della: “Madonna della Stella”, simile appunti a quella di Loreo. Si racconta di un gruppo di barcaioli pavesi che si trovavano a Venezia per caricare merce pregiata da portare a Pavia. Sarebbe stato un viaggio lungo e faticoso, minimo otto giorni di navigazione per risalire la corrente con la sola forza delle braccia. Quasi tutte le barche, come di consueto, si erano fermate per la notte subito dopo l’ingresso nel Po, e avrebbero iniziato la risalita la mattina seguente. All’improvviso, comparve loro una donna che chiese per sé e per il piccolo bambino che portava in braccio un passaggio fino alla città lombarda. La signora chiese invano, perchè adducendo futili motivi tutti le rifiutarono il passaggio. Alla fine un barcaiolo, vista l’insistenza della donna, e vedendole il piccolo in braccio acconsentì e la prese a bordo per la notte. Divise con lei la misera cena, una tazza di brodo con qualche pezzo di pane raffermo, e dopo la fece accomodare nella sua cabina. La donna ringraziandolo le disse: “domani mattina sarete a Pavia”.

Il padrone sorrise e si ritirò con i marinai sottocoperta per la notte. Coricatosi pensò alle parole della donna e uno strano tepore lo avvolse, e tutti dormirono più profondamente del solito sognando di essere già arrivati a destinazione. Il mattino successivo, uno dei marinai si rese conto che erano giunti proprio a Pavia e la città gli apparve imbiancata di neve. Tutti furono svegliati dalla sorprendente notizia, ma nella confusione la donna e il bambino erano spariti. Dopo inutili ricerche, gli uomini notarono che sulla neve fresca erano comparse delle orme d’oro, seguendo le quali i marinai intravidero la signora entrare nella porta spalancata della chiesa di Santa Maria in Betlem.

Entrando notarono sul primo altare a sinistra una Madonna con il Piccolo Gesù in braccio e una grande stella tra le dita, che somigliava in modo incredibile alla donna che aveva viaggiato con loro quella stessa notte. Comprendendo la natura del miracolo di cui erano stati protagonisti, gli uomini caddero in ginocchio ed elevarono un inno di ringraziamento alla Vergine. Tempo dopo i marinai di quella barca seppero che durante quella notte, lungo il corso del Po e del Ticino, molti abitanti dei paesi rivieraschi avevano visto la loro nave procedere silenziosamente sotto la guida di una grande stella, quella dei mari.

STORIE… DI FANTASMI – Ci sono poi storie di fantasmi che scuotono la quiete di Calendasco, Monticelli d’Ongina e Castelvetro nel Piacentino, quella di Cremona e Brancere nel Cremonese così come quella di Zibello, Roccabianca e Sissa nel Parmense, di Guastalla nel Reggiano e di Borgoforte nel Mantovano, mentre nel Lodigiano non manca invece di affascinare la celebre vicenda del Lago Gerundo e del drago Tarantasio.

MEZZANO PASSONE DI SOPRA E PIACENZA… – Meno nota, ma inquietante, la vicenda dei “Morti della Porcara” a Mezzano Passone di Sopra dove una cappellina testimonia, ancora oggi, la presenza di un vecchio cimitero in cui, oltre ai locali, riposavano, i morti di peste e i soldati iberici e ungheresi uccisi in combattimento. Le ossa furono ritrovate, casualmente, da un gruppo di maiali al pascolo. Da qui il nome “I morti della Porcara”. In questo luogo accaddero numerosi eventi miracolosi documentati anche dal parroco dell’epoca. Di nuovo sulla riva opposta, a Piacenza, nota è la vicenda del miracolo del santo vescovo Savino che fece incredibilmente tornare le acque del Po nel loro alveo durante una alluvione. Se ne parla anche nei Dialoghi di Gregorio Magno. La leggenda narra che secoli or sono il santo abbia scongiurato una devastante inondazione, la più terribile che a memoria d’uomo si ricordi. Supplicato dalle angosciate preghiere della popolazione quasi rassegnata all’imminente distruzione del proprio paese, San Savino intervenne placando la furia del Po, scrivendo una dura lettera indirizzata al fiume affinché, in nome di Gesù Cristo, placasse la propria furia. “Vade, hoc scribe et in acquam eiusdem Fluminis proijice!” (Vai e gettalo nelle acque del fiume!) disse al fidato notaio, al quale consegnò il proprio (intimatur). Il Po, intimorito da tanta risolutezza, per quella volta almeno, si arrese ad una volontà superiore. E ancora ai giorni nostri, quando il fiume minaccia di rompere gli argini ed invadere la pianura della Bassa, una piccola statua di San Savino spesso compare come ultimo simbolico baluardo a difesa della campagna e dei suoi abitanti, quasi a voler accendere la speranza con il ricordo di un miracolo accaduto secoli or sono.

ANCORA CREMONA… – Sulla riva opposta, nella già citata Cremona, il Duomo ed il celebre Torrazzo sono un vero e proprio scrigno di misteri, come quello dell’affresco dell’Ultima Cena in cui, più ancora che nella celebre opera di Leonardo custodita a Milano, San Giovanni ha più che mai sembianze femminili. La stessa cosa accade in dipinti simili custoditi in San Sigismondo e nella parrocchiale della vicina San Giuliano Piacentino. E, ancora parlando del centro storico di Cremona, un occhio vigile non può non scorgere le scritte incise sui muri esterni del Battistero. Sarebbero quelle lasciate, nei secoli passati, dai condannati a morte.

In città, a Cremona, interessante anche l’affresco, conservato nella chiesa di san Luca, dedicato alla leggenda dei tre vivi e dei tre morti, forse realizzato Antonio de Ferrara, nel 1419. Affresco che, come altri, dopo un periodo in cui fu coperto di intonaco, venne riportato alla luce ad inizio Novecento dai padri Barnabiti. Il contesto di questa opera è una battuta di caccia in un fitto bosco, segnalato dagli alberi dipinti sul lato sinistro in cui i cacciatori, personalità di alto lignaggio, sono raffigurati a cavallo dotati anche di cani per la battuta, di un agile ghepardo e di un falcone per la cattura. Inoltre un servo segue la cavalcata portando appesa una lepre, frutto della caccia. L’incontro allegorico avviene in una radura, nei pressi di un eremo con il gruppo dei cavalieri che si fermano di fronte ad un ostacolo imprevisto: un sepolcro di marmo scoperchiato con, al suo interno, tre cadaveri: il primo morto di recente, il secondo mummificato e il terzo ormai ridotto ad uno scheletro.

La reazione dei cavalieri è di sorpresa ma anche di ribrezzo, imitata dagli stessi cavalli. Sulla scena interviene quindi un monaco, uscito dall’eremo, che spiega il significato dell’incontro. Le sue parole sono affidate a due cartigli, con scritte non meglio identificate che, probabilmente, riportano un “memento mori” (ricordati che devi morire) o motti quali: “eravamo quel che voi siete, siamo quel che voi sarete”.

CREMONESE: PRESENZE NON IDENTIFICATE… – Ma il cremonese è anche terra di avvistamenti “non identificati”. Celebri quelli avvenuti direttamente sulle rive del Po nel 1967 (quando un giovane, assieme ai genitori, asserì di aver scorto a ridosso del Po un oggetto luminoso che emanava un forte calore e attorno al quale si muovevano alcune basse figure che parlavano una lingua incomprensibile) e nel 1972 (in questo caso fu un cacciatore che riferì di aver visto alcuni umanoidi ritrovando poi, a ridosso del fiume, strani frammenti metallici, sterpi pressati, sabbia vetrificata e addirittura oggetti radioattivi).

SAN DANIELE PO E CASALMAGGIORE – Mentre a San Daniele Po, tra i tesori del Museo Paleoantropologico del Po, si trova uno dei massimi e più misteriosi ritrovamenti della Pianura Padana. Il resto di un frammento cranico di Neanderthal rinvenuto casualmente, alcuni anni fa durante una gita sul fiume. Spostandosi a Casalmaggiore ecco, nel santuario della Madonna della Fontana, la tomba di Francesco Mazzola, in arte il Parmigianino, la cui morte, avvenuta in giovane età, fu collegata alla follia alchemica che lo aveva posseduto.

SAN BENEDETTO PO – Proseguendo verso valle, sosta d’obbligo all’Abbazia di San Benedetto in Polirone di San Benedetto Po dove, come in numerosi altri monasteri medievali, il sacro e il profano, Cristo e i demoni convivono nel medesimo spazio. C’è, per esempio, un dipinto dell’Assunta in cui è rappresentata una guerra con i diavoli annientati dagli angeli, con i demoni draghi che vengono spediti all’inferno. E, nel coro ligneo, sugli scranni dove si portavano i monaci in preghiera, spiccano teste di demoni, di arpie e di sfingi.

GOVERNOLO E LA PIETRA DELLE PALUDI – A Governolo invece è passata alla storia la vicenda della “pietra delle paludi” ritrovata da un giovane che guarì prodigiosamente dalla febbre. Sarebbe stata donata da una strega ad un uomo che voleva accertarsi della fedeltà della moglie e che poi venne fatto affogare tra le acque del Mincio e del Po, colpevole di aver deriso la vecchia strega. La pietra, che causò poi alcune disavventure al pescatore che l’aveva ritrovata, fu quindi rigettata nel Po causando un incredibile moria di pesci. Moria che ebbe fine solo dopo una novena di preghiere grazie alle quali le acque furono ripulite da demoni e dannazioni.

CRESPINO – Dirigendosi rapidamente al delta, ecco Crespino, il luogo dove, secondo la leggenda, sarebbe caduto, tra le acque del Po, Fetonte, uno dei più popolari personaggi della mitologia greca. Le sue sorelle, secondo quanto tramanda la leggenda, piansero lacrime così abbondanti da impietosire gli dei che le trasformarono in pioppi. Mentre tra Ro Ferrarese, Budrio, Cologna, Polesella, Roncala, Frassinelle, Pincara, Chiesa e Ro è da anni che fa parlare la vicenda di una strana e grande creatura, definita Homo Saurus dallo studioso Sebastiano Di Gennaro (che alla questione ha anche dedicato un libro). Un extraterrestre, un rettiliano, un mostro o un semplice frutto della fantasia?

LA STREGA DI REVERE – Un interrogativo che continua ad affascinare e non smette di rendere incantevole il mondo del Grande fiume, terra anche di streghe come racconta una leggenda che affonda le proprie radici al 1492, quando una devastante piena del Po, ruppe l’argine a monte di Revere. Di ciò, il tribunale di Ostiglia, aveva incolpato una vecchia che aveva fama di essere strega, la quale riuscì a riparare a Revere, dove nessuno voleva ospitarla. La sventurata si rifugiò nell’antica torre campanaria. Saputo della fuga e del ricovero della strega, Francesco Gonzaga, mandò a Revere i suoi armigeri per catturare la vecchia. Questa si barricò nella cella campanaria della torre e per snidarla, i soldati, accesero intorno un grande fuoco. La poveretta nel tentativo di sfuggire alla cattura, cadde dalla torre nel rogo sottostante e così, ciò che si doveva compiere in piazza Sordello a Mantova, finì per svolgersi a Revere.

LA BORDA… – A proposito di streghe, tra una riva e l’altra del fiume potrebbe sempre presentarsi la Borda, una strega che appariva durante le giornate di nebbia emergendo dalle acque delle paludi intorno al Po, bendata e dall’orribile aspetto, capace di uccidere chiunque incontri. Un essere tanto orribile quanto era grande la paura per le zone paludose, stagni e canali. Un mostro che un tempo, in un mix di mistero e di leggenda, veniva nominato dagli adulti per incutere paura ai bambini e tenerli lontani dai luoghi pericolosi. Una storia che, a modo suo, rende ancora più affascinante, unico e singolare l’ambiente del Grande fiume e dei suoi villaggi.

Eremita del Po, Paolo Panni

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