Cultura

Pomponesco, Luigi Fava: il Maestro,
la musica, la vita e la grande anima

Le note continua a sentirle. In maniera a volte estenuante, in ogni cosa che si muove, che percepisce. Nei rumori, nelle parole, nelle sinfonie leggere, infinite, che il quotidiano offre. La musica é pure questa, e chi la sente sembra non poterne mai fare a meno. Il Maestro le note le inanella tutte. Nelle voci che si accendono, a volte piene di grazia ed altre volte no. Lui che della musica ha fatto parte della sua vita, che ne ha fatto strada da seguire sino a che la vita poi non gli ha indicato altro. Luigi Fava è un libro aperto, un romanzo infinito ancora da scrivere: un romanzo intenso e una scoperta di quelle che difficilmente dimentichi. Le note sono nella testa, nell’anima. La sua, di anime, si legge negli occhi. Sono quelli di un tempo, sono sguardi, parole, note di un tempo e di una vita. E ti si attaccano dentro. Come i silenzi, come il rumore della pioggia nei giorni più lievi.

Le note Luigi, continua a sentirle ininterrottamente. E’ un dono l’orecchio assoluto, ma col tempo poi diventa un compagno di viaggio difficile da reggere. Un compagno scomodo. Lo sa bene il maestro, che quella particolare capacità di percepire in musica ogni cosa la porta con se da tanto tempo. Le mani segnate, la stanchezza che sopraggiunge presto, ma lo sguardo, ed i pensieri, sono ancora lucidissimi. Ed anche l’amore per l’arte che nasce dalla giusta commistione di note. Perché la vita poi ti può cambiare, portare su altre strade, verso altre scelte, ma quando ami qualcosa poi quell’amore, o dentro o fuori, lo mantieni con te.

Luigi Fava é un figlio di queste lande scandite dall’incedere delle stagioni, dalle nebbie autunnali e dalla canicola estiva. Una sorta di personaggio a metà tra una poesia di Edgard Lee Master (una sorta di violinista Jones che sa controllare il senno) e il dolce tracciato a fumetto del nonno di Up, Carl Fredricksen, di quando poi, legati i palloncini ai pensieri, quegli stessi pensieri si liberano nell’aria e ti danno la possibilità di alzarti in volo…

Nasce a Pomponesco il 3 agosto del 1932. Il papà, Giuseppe Fava, é uno di quei contoterzisti che lavora la terra. Non ne ha di sua, ma ha la bravura per essere, ad ogni campagna e per ogni evenienza chiamato a lavorare dai proprietari terrieri della zona che s’appoggia al fiume, tra Pomponesco e la stessa Viadana gli consente di far fronte alle necessità di Luigi e della sorella. Una famiglia poco numerosa: le elementari nella stessa Pomponesco e poi la decisione di iscrivere Luigi alla scuola di musica di Viadana. Siamo negli anni prima della guerra. In anni difficili. Anche la scuola di musica é una spesa… ma intanto quel figlio può imparare qualcosa di utile e poi, mal che vada, suonerà. Alla scuola elementare a Pomponesco affianca, una volta a settimana, la scuola di musica a Viadana. “Il mio primo maestro è stato Mario Goi – racconta Luigi – e tutte le settimane prendevo la mia bicicletta e andavo da Pomponesco a Viadana, facevo lezione e poi tornavo“.

Viadana era rinomata anche allora per la musica, e quel ragazzino vispo che arrivava in bicicletta e poi ripartiva per la musica era portato. Lo strumento scelto la fisarmonica. Sorride Luigi quando gli si chiede il perché di uno strumento così particolare… “A quel tempo era quello che si trovava più facilmente, non l’ho scelto. Ognuno sceglieva lo strumento a seconda delle possibilità che aveva. Ma per me andava bene“. Gli altri strumenti poi (il piano soprattutto) li apprenderà con gli anni. Impara alla svelta. La scuola di musica va avanti sini alla maggiore età, diventa bravo e quella intuizione di papà Giuseppe, che intanto sta diventando anziano ed ha i suoi acciacchi consente non solo a Luigi di avere un lavoro per aiutare la famiglia (a proposito di famiglia, oltre al papà e alla mamma c’è una sorella, ancora vivente, che ha 99 anni ed è accolta e attualmente coccolata in casa di riposo a Pomponesco), ma di saltare, negli anni poericolosi del dopoguerra, tutte le vicende legate al servizio militare. La frase, quella frase gliela ripeteva spesso papà Giuseppe. E lui la ricorda a memoria… “Intanto impara e vai a suonare, così quando farai il militare non fai pure la guerra…“. Deve aiutare la famiglia e quello fa. Sono feste di paese, compleanni, piccoli ritrovi, piccole sale da ballo o spazi adattati al bisogno. Sono canti sull’aia, filos allargati, cresime e comunioni. Sono spazi e sale in cui viene chiamato insieme ad un gruppo di coetanei con i quali suona. Non canta il maestro, se non nei cori e nelle seconde voci, non é quella la sua maggior dote. Ma quel che fa basta e avanza.

A 18 anni ha un gruppo tutto suo: sono in quattro, lui con la fisarmonica, la batteria, il basso e un sassofonista.

Musiche tradizionali, i  balli di allora, quelli che fanno innamorare e ballare spesso quelli col vestito buono. Non sapremo mai in quel tempo quante anime ha scosso ed ha contribuito ad unire. Ma non ci sono dubbi in merito.

Dalle americhe intanto comincia a farsi luce lo swing. Lui ascolta, ma ancora il tempo non è maturo. Suona dove lo chiamano “Suoniamo per pochi soldi, ma ci chiamano in tutti i paesi della zona. Di soldi ce ne erano davvero pochi, ma ti accontentavi“. Qualche volta al posto dei soldi il pagamento é tutto o in parte in natura: latte, galline, uova, un pezzo di salame e quant’altro la terra offre. Ma va pur bene così. Nei periodi migliori, quelli in cui cielo e terra si uniscono nel tempo clemente, nei mesi primaverili e estivi, gli capita spesso di essere impegnato al pomeriggio e alla sera in posti diversi. Il papà intanto si ammala, lui è l’unico figlio maschio e la leva la salta. Ha una sorella (é più grande di lui, oggi é ospitata nella RSA Mazzucchini di Pomponesco e ha 99 anni). E la musica contribuisce a mantenere tutta la famiglia.

Va a Milano, dove continua a studiare, e fonda insieme agli amici, il quartetto Louis. Un nome che lo seguirà per una vita. Sono gli anni ’50. Comincia il boom della ricostruzione, sorgono locali nuovi e per i musicisti e le orchestre e i gruppi come il suo si aprono spazi interessanti. Da Milano la fama, e la possibilità di vivere di quello che fa si amplia. Così come la scelta di cosa fare, di cosa suonare. E’ liscio, ma è soprattutto swing e jazz… “Mi piaceva il jazz, improvvisare. Si, c’erano gli spartiti, ma quando potevamo facevamo quello che ci piaceva di più…“. Non aveva problemi ad imparare e a creare (lo vedremo poi), ed i suoi compagni sono altrettanto straordinari.

Le stagioni dei concerti si affacciano all’estero. E’ il tempo della nascita dei Night, della musica negli alberghi, dei locali. Li chiamano nell’area milanese ma spesso, e sempre più spesso all’estero. Nei primi anni 50 in Svizzera, Valle d’Aosta e in quelle che cominciano a diventare località montane rinomate e da lì é un attimo. Austria, ancora Italia, Svizzera e infine Olanda.

Con il maestro Luigi Fava ci sono Walter Tosi di Boretto, Tonino Bazzoni di Guastalla e Nelson Beladelli di Motteggiana. “Abbiamo seguito le orme della musica…” Ci dice Luigi con un sorriso profondo. Ha ricordi precisi in mente.

In Olanda é da subito successo. Locali, Night, ma pure feste, matrimoni, e quant’altro. Swing, blues, jazz, ritmo: l’influenza americana si fa fortemente sentire. E i nostri sono assolutamente bravi. Sanno adattarsi, sanno piacere e sanno di piacere ad un pubblico che, con qualche soldo in più in tasca, vuole divertirsi. Vuole ballare ed innamorarsi, vuole prendere un poco di quell’America che va per la maggiore, anche se in America lo swing nasce almeno 30 anni prima… “Abbiamo seguito le orme della musica. Improvvisavamo spesso, quando si poteva. Gli spartiti servivano come punto di partenza ma per noi il jazz era improvvisazione. Non c’era serata che suonavamo la stessa cosa. E la gente ci chiedeva soprattutto quello che veniva dall’America“.

Luigi Fava continua ad ascoltare musica. Continua ad apprendere perché arrivato non si sente mai: “C’é sempre da imparare qualcosa da quelli bravi, e così facevamo anche noi…“. Quelli bravi che arrivavano dall’America erano, tra gli altri, Dukle Ellington, Fletcher Henderson, Benny Goodman, Jimmy Dorsey, Tommy Dorsey, Glenn Miller, Woody Herman, Harry James e Artie Shaw. Musicisti straordinari, registrazioni.

Amsterdam diventa punto di partenza per sortite in Olanda, Belgio e Francia, con qualche rientro in Italia. In Olanda Luigi, trova anche l’amore della vita. Ricorda ancora l’ingaggio in quel grande albergo, quella ragazza del pubblico, olandese che parlava francese. Andava spesso in quell’albergo, il resto era già scritto nel destino. La musica di quel tempo, una ragazza che ti guarda e il motore del cuore che inizia a girarew più forte: fu amore a prima vista. I due decidono che la strada, per loro, comincerà ad essere una, quella che va nella stessa direzione. Siamo agli albori degli anni ’60 e qui la musica si ferma.

Apriamo una parentesi. Il maestro si trova ad un bivio. E in quel tempo la decisione più solida era sempre quella intrapresa. Nel mondo dello sport soprattutto, come in quello dell’arte e dello spettacolo: la famiglia, i figli, la solidità economica, l’esserci sono sempre stati in primo piano per tanti che hanno rinunciato al resto. Era una società diversa. Negli occhi di Luigi, e comunque, nessun rimpianto. Nessuna malinconia. Quella scelta di vita fu naturale.

La musica, agli inizi degli anni ’60, dunque si ferma. Ad Amsterdam c’é un’opportunità per il maestro e sua moglie, e poi per i due figli che sopraggiungono: quella di aprire un bar gelateria nella piazza più importante della città. “Dall’apertura della gelateria non ho più suonato. Ho pensato che bisognava finire e fare quel lavoro. La musica? Sì, magari ho strimpellato il piano qualche sera con gli amici ma c’era il lavoro, e la famiglia…“. Una scelta di cui, ce lo dice lui stesso, non si é mai pentito e forse non si é chiesto neppure mai il perché. Era nella logica delle cose, non avrebbe potuto essercene un’altra nonostante del quartetto Louis si parlasse parecchio. Erano conosciuti, stimati, amati e gli ingaggi arrivavano. Ma era una vita di movimento, forse adatta a chi non avesse dovuto pensare ad altro. La famiglia prima di tutto. Fu una scelta fatta dai quattro maestri, senza nessun pentimento.

Inutile dire che in Olanda, oltre all’innata capacità di impresa e di adattamento di quel figlio di Pomponesco, un bar con caffé italiano e un gelato – altro prodotto italico d’eccellenza – fa subito successo. Con la moglie l’impresa gli riesce alla grande. Gli riesce per 30 anni, tanto che poi, a fianco del bar c’é il cinema (un sei sale, e già agli albori degli anni ’80) cinema e l’impresa si espande. Il maestro cessa l’attività nel 1996. Decide, nel periodo invernale di tornare nella terra natìa, a Pomponesco, e nel periodo estivo di andare in Olanda dove l’impresa intanto era passata al figlio e ai parenti che lo coadiuvavano. Alla fine degli anni ’90 il ritorno definitivo a casa.

La musica ricomincia a farsi sentire già qualche anno prima. A parlarci delle lezioni apprese da Luigi Fava dal 1990 al 1992. Luigi le note – vi dicevamo all’inizio – le sente in maniera davvero unica. Le parole sono quelle di un suo allievo di allora, Matteo Costa: “Quando tornò a Pomponesco dall’Olanda per godersi la meritata pensione, mi diede lezioni di Tastiera/organo per 2 anni (anno 1990-92). È una persona bellissima! Una Domenica, prima della mia lezione, lo vidi scrivere un pezzo musicale per organo assieme al Maestro della Banda di Boretto, la cosa che mi lasciò a bocca aperta è il fatto che scrisse tutta la musica senza mai provarla col pianoforte, la canticchiava a voce leggendo lo spartito da loro appena scritto…

La musica, sopita, torna a farsi animo. I quattro maestri ed amici Luigi, Walter, Tonino e Nelson si ritrovano in un’età in cui possono lasciar spazio alla passione. Puoi anche rinunciare alla musica, e lo puoi fare per tanto tempo, ma poi é la musica stessa che ti viene a cercare. E così fu. Gli amici si rimisero insieme, e a quel gruppo di amici se ne aggiunsero col tempo altri. Luigi Fava dagli inizi degli anni 90 e sino ai giorni nostri, oltre che a suonarfe e ad esibirsi, cerca di insegnare a tanti la musica. Fiasrmonica, pianoforte, tastiere, canto, composizione. Non aveva perso quello spirito che da ragazzo lo aveva spinto alla musica, non aveva perso quella passione. Casa sua é un via vai di nuovi e vecchi volti, dai ragazzini alle persone in età adulta. E’ un Maestro, un vero maestro: un po’ Jones – ora lo può essere in maniera completa – che spiega cosa significa la musica in un mondo un po’ più complesso del suo e che dice che “Ognuno ha la sua musica, dentro, basta saperla ascoltare”. E un po’ il Carl di Up, che sogna, e fa pensare che poi, alla fine, ciò che si é si diventa e raggiungere un sogno é possibile. Quel sogno fatto di note, é fresco, come quando da bambino inforcava la sua bici e poi viaggiava verso Viadana per realizzarlo. La musica era ancora tutta dentro, pronta ogni volta a venire fuori.

Le lezioni, e il gruppo musicale. Qualcuno del gruppo musicale delle origini, pian piano, poi nel corso degli anni scelse le strade del cielo (Luigi Fava é l’ultimo rimasto degli ‘Olandesi’) ma nel frattempo il gruppo tornò – e spesso per beneficenza – a suonare. Guastalla, Pomponesco, Viadana, il parmense. Ogni volta un’esperienza in parte diversa. Ogni volta concerti di spessore. Spesso iniziati con una scaletta e terminati così a sentimento.

Nel 2018 quella che era stata la compagna della vita si spegne. A Luigi resta la musica, resta la famiglia e poi nel corso degli anni si acuisce l’orecchio assoluto e si acuiscono i problemi legati all’incedere del tempo. Sino al Covid la sua vita é sostanzialmente autonoma a Pomponesco: lezioni di musica, piano, fisarmonica, tastiere, ma pure canto e ritmo. Poi ad accoglierlo é la Casa di riposo di Gazzuolo. Anche lì, e anche adesso si fa apprezzare ogni qualvolta ha la possibilità di fare musica, di parlare di musica e della sua vita. Un giorno qualcuno dovrebbe scriverne un libro. Il materiale di certo non manca. E la nostra traccia é qui. A Gazzuolo. Insieme al Maestro che ci guarda e alla sua infinita anima.

Minuto, su una sedia a rotelle che ne agevola il movimento, Luigi Fava ci guarda e sorride. “Quando scrivi scegli la musica che più ti si avvicina. Il Jazz, lo swing, la classica, qualunque genere. Scegli la musica adatta a te, sempre. Oggi sono cambiati i generi, ascoltare la musica é più difficile, sono cambiati i gusti, ci sono tantissimi suoni. Ma in questi anni ho visto anche tante persone scontente. La gente non é più felice come prima. Non riesce a esserlo. In Olanda soprattutto ho conosciuti musicisti americani, e tante volte ho guardato alla loro gioia, é quella la mia musica, e io ho sempre amato chi fa il jazz. Amo i bravi, chi improvvisa, chi ci mette qualcosa. Dai bravi si impara sempre qualcosa. Spartiti? Si, ne ho, ma non ho mai suonato le stesse cose. La musica ti dà sempre qualcosa, é la sua grandezza. E fare ogni volta qualcosa di diverso e nuovo é quello che mi rende felice, che mi ha sempre fatto sentire importante“.

Il violinista Jones guardava il graturco maturo vedendo sempre biondi capelli mossi dal vento, e balli di ragazze. Il Maestro dice che la musica é importante, che la vita é importante, che viverla non ha mai le stesse parole, le stesse note, ma la si vive. E va vissuta.

E’ stanco Luigi, e alla Casa di Riposo di Gazzuolo si é fatta sera. Le mani segnate dal tempo. Le note? Continua a sentirle. Le ha dentro, ed é probabilmente uno dei segreti di quel sorriso lieve che ci abbraccia sino al termine delle parole. Luigi Fava da Pomponesco continua a sentire la musica. E’ in quell’anima in perpetuo volo. Anche adesso… La conclusione di questo pezzo la lasciamo agli animatori della Casa Di riposo Caracci. E’ stata scritta qualche settimana fa, ed é stato uno dei motivi che ci ha spinto verso Luigi Fava. Il maestro é tornato a suonare con qualcuno dei vecchi amici.

Una reunion fraternamente amicale è quella andata in scena la mattina del 29 febbraio, quando, l’ospite della Fondazione, Luigi Fava, ha ricevuto la visita di alcuni suoi amici storici con i quali ha suonato insieme nello stesso complesso per un non ben precisato numero di anni.

E allora ritrovarsi si può, e si deve, anche all’interno di una casa di riposo, per ritornare tutti in quel tempo sacro dove musica e relazioni correvano su quello stesso binario chiamato passione. Le dita sulla tastiera non corrono come un tempo, la schiena è più curva, le rughe testimoniano gli anni passati e la fragilità nei movimenti chiede aiuto e dignitoso rispetto.

L’armonia non arriva al primo tentativo, il pubblico non è delle grandi occasioni e non siamo in teatro ma in casa di riposo. E il bello è proprio questo. La passione e l’amore per la musica emergono in tutta la loro bellezza e sacralità. L’ennesimo insegnamento che il MAESTRO ha dato ai suoi amici. E nella commozione generale ha fatto capire loro che la spia dell’interruttore per la tastiera è accesa oggi come allora“.

Non avremmo potuto, ne saputo scrivere a chiusura parole migliori. La spia dell’interruttore é accesa. E così resterà pure nei giorni a venire. L’ha accesa dentro il maestro Luigi Fava e parte di quella splendida luce ce la portiamo a casa. Ci ha fatto un dono speciale facendoci entrare nella sua vita. Una vita che continua in quel lieve e dolcissimo sorriso…

Nazzareno Condina

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