Cronaca

Una marea gialla per salutare
Maurizio, volontario fino alla fine

Un funerale in giallo, il colore della Protezione Civile. C’erano Le Aquile, che aveva contribuito a fare crescere tra Martignana, San Giovanni in Croce e Rivarolo del Re. C’erano altri gruppi di Protezione Civile locali, provinciali e regionali. C’erano la Croce Rossa, l’Avis e il gruppo Scout. C’erano tanti sindaci, alcuni in fascia tricolore altri senza e c’era il presidente della Provincia di Cremona Paolo Mirko Signoroni. Anche tanti amici e compaesani. Tutti per lui, tutti per Maurizio Stradiotti, andatosene a 58 anni a causa di una malattia, dopo una vita intensa nel mondo del volontariato.

“Se n’è andato nel giorno dell’anniversario del sisma de L’Aquila” è stato ricordato a fine messa: non un caso perché quella missione, come molte altre del resto, mise in luce l’animo buono, generoso e instancabile di Maurizio. Combattivo fino all’ultimo giorno. “Venerdì sera si era scusato mediante un messaggio, perché non era riuscito a darci una mano a preparare i pacchi alimentari per le famiglie bisognose: noi non lo sapevamo ma di lì a poche ore, sabato sera, se ne sarebbe andato” ha rivelato Cesarino Rosa, compaesano, volontario de Le Aquile e molto legato a Stradiotti anche per altre iniziative, sempre comunque all’interno del mondo del volontariato o della parrocchia.

Una chiesa stracolma ha così reso il giusto omaggio al volontario e all’uomo, con la bara portata a spalle non dagli uomini delle Onoranze Funebri ma da alcuni colleghi de Le Aquile, mentre gli altri si disponevano in due ali per il picchetto d’onore. Don Gino Assensi, parroco di Martignana di Po, ha giocato nella sua omelia un parallelo tra le Letture e la vita di Maurizio. “Dobbiamo recuperare quella speranza – ha detto – che la malattia e la morte hanno messo a dura prova. Come sentiamo ripetere nelle Letture alla sera della vita noi tutti saremo giudicati sull’amore, un amore che passa da gesti semplici e umili per gli altri: Maurizio in questo è stato un esempio”.

“La grande presenza in chiesa oggi – ha evidenziato don Gino – sottolinea la declinazione dei molti modi in cui Maurizio ha compiuto le sue opere di misericordia: era un esponente grande di quello che chiamiamo volontariato sociale. Lui ha messo tanta parte di sé in questo mondo, che a volte è incompreso o vittima di pregiudizi. E lo stesso Maurizio si indignava o si amareggiava, ma mai una volta la sua voglia di fare il volontario è stata spenta da cattivi pensieri”.

“Abbiamo sentito il Vangelo che parla di cieli nuovi e terra nuova: Maurizio li ha preannunciati col suo impegno. Gli chiediamo – ha concluso il parroco – di pregare per i suoi famigliari, per tutti noi, perché tra gruppi di volontariato regni sempre quella concordia che a volte si smarrisce e anche per le nuove vocazioni nel mondo del volontariato. Non ho parlato di vocazioni a caso, perché per essere volontario come Maurizio bisogna davvero sentire una sorta di chiamata interiore”.

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Per ricordare Maurizio e stringersi attorno alla moglie Paola e ai figli Andrea e Simone, sempre composti nel loro dolore e ringraziati all’altare da uno dei volontari presenti (“perché si diventa grandi volontari se dietro c’è una grande famiglia, che sa anche sacrificare i suoi spazi e i suoi tempi per fare sì che questi vengano donati agli altri”), erano presenti anche altri sacerdoti, tutti in qualche modo legati a Stradiotti o per contiguità territoriale o per legame di amicizia. Padre Francesco Zambotti, don Alfredo Assandri, don Andrea Bani, don Luca Bosio, don Enrico Maggi, che frequentò il liceo Maggi di Viadana con Maurizio.

Commovente uno dei discorsi letti a fine messa. “Ti ho conosciuto nell’ottobre 2020, vorrei averlo fatto prima – ha detto un volontario –. Siamo diventati presto amici, le nostre passeggiate erano sempre nel segno del volersi bene, come fratelli. Ci eravamo ripromessi di andare da Martignana a La Spezia a piedi e tu avevi già tracciato il sentiero: lo farò io per te, perché so che ti avrò al mio fianco. Era lo scorso agosto quando mi dicesti che gli esami ai quali ti eri sottoposto avevano dato notizie negative. Mi dicesti che dovevi sistemare tutto per la tua famiglia, tua moglie e i tuoi figli: avevi già capito tutto. Da allora non sono passati nemmeno otto mesi. Ma il tuo messaggio o chiamata quotidiana non sono mai mancati fino alla fine. E a Capodanno mi mandavi un messaggio in cui orgoglioso dicevi di avercela fatta, di avere raggiunto il rifugio di montagna tanto amato, nonostante il male ti stesse divorando: avevi vinto tu. Ciao amico mio, ti ho voluto bene”.

Giovanni Gardani (foto Alessandro Osti)

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