Casa galleggiante a San Daniele Po:
storia di gente di fiume
Un relitto, qualche trave in ferro, solo pochi frammenti di una storia passata, da anni cullata e custodita dalle onde. La calda estate cremonese ha, come di consueto, fatto abbassare il livello delle acque del grande Fiume, che ritirandosi svela di volta in volta piccoli grandi tesori sommersi.
Siamo a Isola Pescaroli, frazione di San Daniele Po: costeggiando la riva del fiume verso ovest, addentrandosi nella vegetazione, a circa due chilometri dal centro abitato, non sarà sfuggita agli osservatori più attenti una struttura, ormai quasi interamente inabissata, riaffiorata alla superficie grazie alla secca in corso.
Si tratta di una casa galleggiante, nata un po’ per caso e un po’ per scelta. Ma per raccontare questa storia è necessario riavvolgere il nastro dei ricordi, come fossero una vecchia pellicola super 8.
Fine della seconda metà degli anni ’70, sempre d’estate. Un gruppo di amici, arrivati dalla vicina Sospiro, ha l’abitudine di trovarsi in una baracca sulle rive del Po per trascorrere le ore della domenica tra pesca, caccia di anatre, qualche partita di briscola e qualche chiacchierata. Da qui, l’idea di voler creare una “casa galleggiante”, sul modello di altre strutture simili viste in precedenza nel mantovano. Presto detto, presto fatto.
In 9 creano una società ad hoc, chiedono i permessi al magistrato del Grande Fiume, ma soprattutto trovano la materia prima: due barconi in cemento, due teste di ponte lunghe 14 metri e larghe 4, acquistate in località Sales (a Stagno Lombardo) e fatte arrivare a Isola Pescaroli direttamente sull’acqua sfruttando la forza della corrente. Nello specifico i “soci” erano Renato Arcari, Andrea Grandi, Ernesto Ballasina, Salverino Grandi, Carlo Bresciani, Ricchetto Grandi e Romano Abruzzi (oggi il solo vivente).
Si mettono tutti al lavoro, portando ognuno il proprio contributo: nel gruppo, variegato, c’erano carpentieri, idraulici e impiegati, ma anche un infermiere e un operaio.
I due blocchi in cemento vengono uniti da putrelle, travi in acciaio oggi ancora visibili, e a poco a poco la struttura prende forma. Si trova un generatore, si crea una pompa per portare l’acqua, una passerella con due tubi in acciaio per permettere alla “casa” di seguire l’altezza dell’acqua; in giro di pochi mesi, la casa è pronta.
Una storia fatta di ricordi familiari e incontri, spazzati via in una primaverile notte di nebbia della prima metà degli anni ’90: una bettolina in transito colpisce il natante, facendolo inabissare.
Ora di tutto ciò poco rimane, custodito sul fondo del Fiume Po; anche i protagonisti di questa vicenda stanno venendo di anno in anno a mancare e le sole, ultime tracce si possono trovare in foto e filmati d’epoca, incastonati su pellicole super 8 chiuse in qualche soffitta.
Ed ora, con l’arrivo dell’autunno sulla vecchia casa galleggiante tornerà a regnare il silenzio, interrotto, forse dal ricordo di chi il Fiume Po l’ha vissuto veramente e ne porta testimonianza.
Andrea Colla