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“Risplendo non brucio”: Ilaria Tuti
e la memoria della guerra

L'intervento di Ilaria Tuti, terza finalista al Premio Viadana
Il pubblico presente in Sala Saviola al MuVi
L'autrice con la Commissione della rassegna letteraria
Premio Viadana: l'incontro con Ilaria Tuti, terza finalista del 30° edizione della rassegna
“Il male fa parte dell’essere umano. Ho voluto indagare il comportamento di persone comuni, in bilico tra due sponde, quella del male e quella del bene, che rischiano di contaminarsi in un periodo storico dominato da un’ideologia necrofila”. Queste le parole di Ilaria Tuti, terza finalista del Premio Viadana 2025.
Dinnanzi a una Sala Saviola gremita, l’autrice di Risplendo non brucio, romanzo edito da Longanesi, ha conversato con i componenti della Commissione della rassegna, patrocinata da Comune di Viadana e Provincia di Mantova, circa la sua ultima opera.
Ad aprire il partecipato incontro, l’intervento dell’assessore alla Cultura Rossella Bacchi, che ha ricordato il compianto Antonio Aliani, storico direttore della Biblioteca di Viadana. L’esponente dell’amminosttazione ha voluto tributare un pensiero nei confronti di una persona vicina alla rassegna fin dalla prima ora, e che ha sempre contribuito fattivamente alla manifestazione.
Luigi Bedulli ha ricordato l’essenza di una manifestazione sempre più patrimonio comune di Viadana e dei suoi cittadini. Una manifestazione che è stata (ed è) contesto ideale di crescita, dal punto di vista dell’analisi, della critica e dell’approfondimento di una comunità viva, preparata, attenta e partecipe.
In seguito, Bedulli ha inquadrato l’ambito di riferimento del romanzo in gara, soffermandosi su interessanti aspetti quali il rapporto vicenda-realtà e autore-narrazione. “Ilaria Tuti ci porta un libro che ci ha condotto in un periodo terribile. Una vicenda nera in una situazione ancora più nera.
La storia è narrata in modo binario, in un parallelismo narrativo che rileva similarità e differenze in spazi diversi, ma non con minore angoscia. Un libro che spesso ferisce e che un segno lo lascia. Ed è quello che chiediamo ogni volta che ci approcciamo a un libro: lasciare un segno”.
“Il Premio Viadana è un patrimonio culturale, un tesoro di relazioni che dovete custodire, e lo state facendo, in modo meraviglioso, e di cui essere orgogliosi”. Queste le prime parole pronuciate da Tuti in Sala Saviola. Sul romanzo: “A ogni pagina mi chiedevo se fosse necessario tornare, da parte mia – che quella storia non l’ho vissuta – su questi argomenti, ma capivo che era necessario.
Questo libro nasce da un racconto che ho composto prima di diventare scrittrice, quando mi misi in gioco con la scrittura. Sono diventata autrice Longanesi a quarant’anni. Ho rivoluzionato la mia vita quando pensavo di averla ormai instradata in modo piuttosto netto e definitivo. Nonostante siano passati ottant’anni, non riusciamo a capire cosa sia scattato nell’animo umano per mettere in moto quella macchina d’orrore”.
In seguito, Benedetta Boni, componente della Commissione della kermesse, ha interagito con la scrittrice sollevando numerosi temi e offrendo molteplici spunti di riflessione. “Raccontare la Seconda guerra mondiale significa inevitabilmente affrontare scene e testimonianze di dolore, di orrore, di ferocia, di tortura e di prevaricazione.
Significa raccontare il male. L’empatia come mezzo per accostarsi a questo tema. Lo studio, la ricerca, l’indagine — attraverso diari, lettere, saggi di storia locale — come strumenti per mettere assieme i tasselli di vite vissute che non rientrano tra le pagine dei volumi di storia. Anche questo è il ruolo del romanzo per Ilaria Tuti: aiuta a interiorizzare fatti distanti, creando moti di spirito, tra emozione e curiosità”.
L.C.

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