"L'epoca dell'incertezza": in Fiera
è il giorno di Assoindustria 
            
                      E’ iniziata questa mattina in Fiera l’assemblea generale dell’Associazione Industriali di Cremona, un momento di riflessione sulla congiuntura economica con un ricco parterre di ospiti: Ferruccio De Bortoli, presidente della Fondazione ed editorialista Corriere della Sera; Paolo Gentiloni, ex Presidente del Consiglio dei Ministri e già Commissario europeo per gli affari economici e monetari; Giuseppe Pasini, Presidente Confindustria Lombardia; Tommaso Foti, Ministro per gli affari europei, il PNRR e le politiche di coesione.
Presenti i rappresentanti di tutto il mondo produttivo cremonese e non solo, per un assise che arriva, come recita il titolo scelto per la kermesse, nel pieno dell’epoca dell’incertezza. E proprio da qui è partito il presidente degli Industriali Cremonesi, Maurizio Ferraroni, nell’intervento introduttivo: “L’’attuale momento storico ci dà un profondo senso di inquietudine e di insicurezza. Siamo attraversati da un senso di sgomento di fronte ai conflitti – oggi più di cinquanta – che infiammano il mondo, il numero più alto dalla Seconda guerra mondiale”.
Uno scenario ben diverso da quello di 80 anni fa quando anche a Cremona nasceva l’associazione, segno del desiderio di rinascita del dopoguerra, come ha ricordato il video introduttivo.
Gli scenari globali sono cambiati, ha continuato il presidente, “le turbolenze politico-militari degli ultimi anni hanno provocato un vero cambio epocale. Le logiche della geopolitica hanno frequentemente preso il sopravvento sui mercati globali. Il mondo sta passando da un’integrazione globale a un sistema frammentato e conflittuale, dove le leggi dell’economia devono confrontarsi con la politica.
“Nel 2020 la pandemia ha rivelato la fragilità di filiere troppo lunghe e concentrate in pochi Paesi, il drammatico contesto ci ha insegnato che la dipendenza da pochi centri produttivi è una forma di pericolosa vulnerabilità”. Dazi, sanzioni economiche, barriere commerciali, politiche di dumping, sono oggi azioni usate non solo per battaglie commerciali, ma come armi di pressione e persuasione politica”.
“Il momento non è facile, ma dobbiamo prendere esempio dallo spirito del 1945″, ha aggiunto Ferraroni chIamando un applauso dalla platea in onore dei fondatori. Certo una guerra così vicina a noi – l’invasione dell’Ucraina – suscita sgomento per la perdita delle vite umane, ma – ha aggiunto Ferraroni – sono stati i droni che alcuni mesi fa hanno sorvolato i cieli europei a far suonare la sveglia agli Stati Europei, non più protetti dall’ombresso della difesa statunitense. “Senza sicurezza non c’è libertà, e la libertà è il presupposto della democrazia”.
Terre rare, gas, peTrolio, microchip, commodities agricole: “Oggi non sono più solo oggetti di scambi, ma vengono utilizzati su un tavolo da gioco, ossia la supremazia in alcune aree del territorio”, ha aggiunto.
I DAZI AMERICANI. “Quando l’America di Trump ha scelto quella strada, l’Europa si è trovata davanti a un bivio.
Avremmo potuto rispondere colpo su colpo, muro contro muro, dazio contro dazio. Ma sarebbe stata una guerra commerciale che nessuno avrebbe vinto, e noi subìto i danni maggiori.
“Ecco perché accettare, senza reagire con controdazi, non è stato un segno di debolezza, ma di prudenza, certamente consapevoli di effetti innegabili sulle nostre esportazioni.
La forza non si misura però nella capacità di alzare barriere, ma nella capacità di costruire ponti, di restare uniti, di guardare lontano con lungimiranza. È fondamentale avere un dialogo con un’area che per noi è il secondo mercato di sbocco, con il quale ci uniscono molte affinità consolidate nei secoli”.
Innegabile la forte contrazione delle esportazioni in Usa, ad esempio nel settore pasta e qui è indispensabile una forte azione delle diplomazia.
L’ENERGIA. Il mondo inoltre consuma sempre più energia. Negli ultimi trent’anni la domanda globale è cresciuta di oltre il 60%, e secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, continuerà ad aumentare del 25% entro il 2040.
Il costo dell’energia è un problema soprattutto italiano, ha aggiunto Ferraroni riferendosi ai politici in prima fila, oggi più dell’80% dei consumi mondiali è ancora coperto da combustibili fossili, mentre le rinnovabili – pur crescendo rapidamente – rappresentano circa il 15%.
Senza l’intervento sul meccanismo del calcolo dell’energia saremo sempre più in difficoltà. Dunque, se non faremo le riforme opportune non saranno i dazi di Trump a causare le delocalizzazioni delle imprese. Lo saranno gli errori ed i limiti della nostra Europa”
“Ma attenzione – ha aggiunto – criticare l’Europa non significa rinnegare ciò che siamo. Significa, al contrario, pretendere che torni ad essere all’altezza delle sue radici e il continente che è stato per moltissimi secoli il punto di riferimento del mondo intero.
Dobbiamo affermare con chiarezza che l’Occidente non è solo un luogo geografico, é un modo di pensare, un modo di vivere. È l’idea di una società in cui l’uomo è al centro, libero di intraprendere, di creare, di realizzarsi pienamente in ogni ambito della vita.
È stato in Occidente che si sono creati i presupposti per soddisfare i bisogni primari dell’uomo: la fame, la sete, la salute”.
Ferraroni ha poi respinto le critiche sulla scarsa produttività dell’Italia: “Se abbiamo commesso degli errori come industriali, lo ammettiamo, ma sono tanti i fattori che vi concorrono, a cominciare dalla forte consistenza delle piccole industrie (il 95% quelle al di sotto dei 9 dipendenti) che faticano ad adeguare macchinari e mezzi di produzione e per le quali ferraroni asupica che si possano aprire riflessioni su possibili aggregazioni.
RISCOPRIRE L’ORGOGLIO ITALIANO. “Oggi la fragilità di Francia e Germania può rendere l’Italia più consapevole del ruolo da protagonista di sostegno e di guida in una nuova fase per l’Unione Europea”, ha continuato Ferraroni. Abbiamo investito più degli altri in innovazione e produzione, sul fronte ambientale, l’Italia è oggi leader in Europa per sostenibilità: per la riduzione delle emissioni di CO₂, per l’efficienza nell’uso delle risorse, per i tassi di riciclo. Abbiamo la siderurgia più sostenibile al mondo.
Il mercato del lavoro è rassicurante, con più occupati e meno disoccupazione, la credibilità internazionale è cresciuta e lo spread ne ha tratto beneficio: si è ridotto di 1,2 punti percentuali, il che comporta un tesoretto di 35 miliardi in interessi risparmiati che “deve essere ben gestito. L’obiettivo di ridurre il deficit sotto il 3% del PIL è a portata di mano ed orgogliosamente potremmo uscire a breve dalla procedura di infrazione europea”.
Il Pil italiano cresce pochissimo, ma non solo negli ultimi mesi, “è un processo che va avanti da anni. Siamo carenti sul fronte delle infrastrutture e c’è una problema di povertà diffusa.
“Si parla di un patto per l’industria, di un accordo tra Stato, imprese, territori, lavoro e formazione. Ed è vero: al Paese serve un patto. Serve stabilità, serve un terreno comune su cui far crescere fiducia e investimenti.
Ma se posso permettermi, più ancora di un patto, al Paese serve una visione globale e prospettica.
Perché i patti, da soli, restano scritti sulla carta se non sono animati da un’idea di futuro, da un modo condiviso di intendere lo sviluppo, da un progetto capace di durare oltre una legislatura o una crisi internazionale.
Una visione che somigli più al modo di pensare di un imprenditore che a quello di un burocrate, orientata al bene comune capace di superare i limiti ideologici, politici e partitici”.
“Non è una singola legge di bilancio (ci rendiamo costo che le esigenze del paese sono tante) a poter incidere in profondità”, ha aggiunto ferraroni. “Ciò che serve oggi alla politica e all’amministrazione pubblica è una mentalità diversa, non la difesa dell’esistente, ma la costruzione del possibile”
Tutte le parti sociali devono fare il proprio dovere. Per Ferraroni – che su questo ha riscosso gli applausi della platea – “occorre premiare la meritocrazia nelle aziende, ad esempio escludendo dalla tassazione Irpef la parte variabile della retribuzione e introducendo una detassazione sulle ore straordinarie e i premi di risultato, così da consentire ai lavoratori di beneficiare pienamente del loro impegno aggiuntivo e della loro professionalità.
Sarebbe un intervento concreto e di grande valore sociale. Un esempio per i giovani e un monito per farli restare in Italia”.
Ferraroni ha poi riconosciuto il ruolo importante del sindacato, “componente sociale importantissima”, almeno per quanto riguarda i confederali perché “quando a quelli tradizionali se ne sostituiscono altri, si rischia il conflitto sociale. Il sindacato arreca danni se sposa posizioni politiche, diventa per noi un interlocutore meno affidabile, e tradisce la sua vocazione, a danno dell’itera comunità lavorativa.
Ci piacerebbe vedere il sindacato a fianco delle nostre battaglie, in primis difendendo a Bruxelles la competitività italiana”. Rivolgendosi poi alla politica: “Non chiediamo privilegi ma di essere messi in condizioni poter essere competitivi”.
 
                           
                 
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                           
                          