Parma inaugura il Must:
un museo tra scienza e meraviglia
Un viaggio tra scienza, storia e meraviglia: il Must dell’Università di Parma racchiude collezioni naturalistiche, multimedialità e accessibilità, diventando un unicum di assoluto valore.
Coccodrilli, tartarughe marine, leopardi, conchiglie giganti, uccelli variopinti, coralli, spugne, scheletri, crani.
Siamo al piano superiore del Must, Museo di Storiografia Naturalistica dell’Ateneo Parmense. Ma allo stesso tempo potremmo essere in altre epoche e spazi, sbalorditi da un luogo di grande fascino. Circondati letteralmente — con coccodrilli e tartarughe sul soffitto, per massimizzare gli spazi in un suggestivo allestimento — dallo stupore e dalla meraviglia della Wunderkammer, antenata storica di ogni museo di storia naturale, realizzata in classico stile rinascimentale con oggetti provenienti da diverse collezioni storiche di proprietà dell’Università di Parma.
È un luogo di meraviglia e bellezza, come tutti gli spazi che compongono il nuovo Must, il museo di via Università 12 che, dopo la preview per la stampa di giovedì 30, ha inaugurato un mini festival per presentare il nuovo allestimento. Un percorso suggestivo che rappresenta un unicum nel panorama nazionale (e non solo), nato dalla riqualificazione del Museo di Storia Naturale dell’Università, ora raccolto in un’unica sede.
Il rettore dell’Ateneo, Paolo Martelli, prima dell’inaugurazione ha rimarcato le caratteristiche di uno spazio inclusivo, accessibile, immersivo: non solo luogo di contemplazione, ma anche di interazione. Un luogo non statico, ma plasmato secondo parametri di dinamicità. Riferendosi al nuovo assetto del Must, il rettore ha evidenziato il ruolo del polo culturale nel contesto della città di Parma: “Questo museo è parte del patrimonio della città e custodisce un corpus culturale estremamente prezioso: con questo intervento abbiamo cercato di valorizzarlo al meglio”.
L’inaugurazione rappresenta la tappa conclusiva di un lungo percorso: due anni di lavoro e i finanziamenti del PNRR per riunire un patrimonio in precedenza diviso tra la sede di via Università e l’Orto Botanico. Una sfida vinta, su cui si sofferma Davide Persico, direttore scientifico del Must: “L’analisi delle collezioni e il continuo dialogo con il concetto di tempo hanno portato a privilegiare un approccio storiografico, capace di valorizzare i protagonisti che hanno fondato e trasformato il museo. Da questa visione è nato il Museo di Storiografia Naturalistica, una realtà unica in Italia e all’estero. Il percorso racconta le vite dei personaggi che ne hanno segnato la storia, la trasformazione della conoscenza scientifica nelle diverse epoche e l’evoluzione dei musei naturalistici dalle origini a oggi. Il risultato è un progetto innovativo che unisce memoria, ricerca e divulgazione, diventando un vero fiore all’occhiello per l’Ateneo e una nuova meta culturale ed educativa per Parma”.
Quello di Persico è un racconto appassionato, una preview per la stampa (svoltasi giovedì 30 ottobre) in cui emerge lo spessore di una proposta di altissimo livello, la passione per la materia, l’infinità di connessioni che ogni singolo oggetto testimonia, suggerisce, propone. Perché il Must è un affascinante viaggio nei secoli, un tempio del sapere, spazio e sguardo attraverso varie epoche di ricerca scientifica e antropologica, con un occhio di riguardo alla divulgazione dei principi di biodiversità, tutela ambientale e confronto fra culture.
Un percorso di estremo fascino, scandito da elementi multimediali: quadri animati con i protagonisti delle varie sezioni, interpretati da attori in costume, raccontano le loro collezioni e descrivono l’assetto del museo nella propria epoca. Ogni passo nel Must è un passe-partout per accedere a una dimensione di conoscenza e meraviglia.
Parlando di accessibilità, la nuova configurazione costituisce un upgrade significativo rispetto al passato, con l’abbattimento delle barriere motorie, cognitive e sensoriali, per garantire a ogni segmento di fruitori la visita in autonomia e libertà. Percorsi per ipovedenti, mappe tattili, supporti digitali: il Must è, e sarà, patrimonio collettivo.
Dodici sezioni del nuovo allestimento racchiudono circa 6.000 elementi esposti (su un totale di 12.500 pezzi). Il viaggio del Must inizia al piano terra dell’Ateneo: oltre alle sette vetrine tematiche su sostenibilità ambientale, estinzioni antropiche e climatiche, collezionismo privato e spedizioni geografiche, spicca la sezione di paleontologia. Qui è possibile ammirare unicità a livello mondiale: un delfino recante i segni di predazione da parte di un grande squalo bianco. La sorpresa prosegue con lo scheletro di una balenottera di circa otto metri, entrambi di età pliocenica.
Salendo al primo piano è impossibile non restare ammaliati dalla prima Wunderkammer. La seconda sala, sui toni del blu, ricostruisce invece il salotto d’epoca di Maria Luigia d’Asburgo con reperti che hanno caratterizzato il suo regno, tra cui un dente di narvalo e il meteorite di Borgo San Donnino, caduto a Fidenza nel 1808.
Il percorso prosegue con la galleria del Museo di Storia Naturale, una fitta collezione di reperti che comprende anche una sezione dedicata all’anatomia comparata. Nei propri spazi il Must tributa il giusto riconoscimento al professor Pellegrino Strobel, già docente dell’Università e direttore del Museo di Storia Naturale, che comprese e applicò le teorie evoluzionistiche di Darwin al sistema espositivo del suo museo, già allora all’avanguardia.
Le sale del museo (sul sito tutti i dettagli e i riferimenti circa la proposta culturale e le iniziative promosse) raccontano anche di Charles Darwin, Alfred Russel Wallace ed Ernst Haeckel, e permettono ai visitatori di ammirare la ricostruzione dello studiolo di Strobel. Un percorso che racchiude innumerevoli spunti di grande interesse: dal racconto del colonialismo e dell’etnografia a una sezione dedicata alla biodiversità della provincia di Parma a metà Ottocento.
L’ultima rivoluzione museale prima dell’assetto attuale è quella del 1925, operata dal professore e direttore Angelo Andres — sua la ricostruzione del secondo studiolo — esperto di biologia e fauna marina, di cui si possono ammirare fotografie e coralli.
Infine, un elemento di affascinante discontinuità è rappresentato dalla seconda Wunderkammer, ipermoderna, che racchiude la sterminata collezione di coleotteri locali ed esotici — 293 scatole in totale — che ricoprono interamente l’ultimo ambiente espositivo. Si tratta della raccolta di don Ezio Boarini, acquisita dal museo negli anni Novanta.
Lorenzo Costa














