Cultura

Don Renato Laffranchi torna a casa: una mostra sulla sua "opera omnia" a Palazzo Bue

Don Renato Laffranchi è nato il 28 dicembre 1923 a Rivarolo Mantovano, in via Marconi 44, corrispondente all’attuale Palazzo del Bue, il luogo che lui stesso ama ricordare come “la casa dei nonni”. Lasciata Rivarolo in tenera età, vi ritorna, 93 anni dopo, con una mostra a lui dedicata ed ospitata negli stessi spazi della casa natale.

RIVAROLO MANTOVANO – Verrà inaugurata sabato 17 dicembre a Palazzo del Bue la personale dedicata a Renato Laffranchi, sacerdote ed artista di origini rivarolesi. Il desiderio espresso da Don Renato Laffranchi di donare alla Comunità rivarolese il suo cospicuo patrimonio di opere d’arte, costituisce la premessa per l’allestimento della Personale a lui dedicata: sono pitture su tavola, mosaici, affreschi e vetrate, realizzati nel corso di un’intera esistenza.

Gli allestimenti temporanei della sua vasta produzione artistica, curati da Alberto Zecchini e Francesco Bresciani, trovano posto negli spazi di Palazzo del BUE e nella Sala dello Stemma in Palazzo pretorio, ma il “percorso espositivo”, grazie alla sinergia instaurata tra l’Amministrazione comunale, la Fondazione Sanguanini, la Parrocchia e le Associazioni locali, prevede anche la visitabilità delle opere dell’artista già presenti nella Chiesa di Santa Maria Annunciata. La mostra annovera due allestimenti temporanei situati rispettivamente al piano terreno di Palazzo del Bue (Via Marconi 44) e al piano primo del Palazzo Pretorio (Via Gonzaga 39b), ma si estende anche alle installazioni permanenti collocate nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria Annunciata.

PALAZZO DEL BUE

A Palazzo del Bue, quattro sale tematiche denominate “Imago Mundi”, “Crocifissioni”, “Disegni”, “Mosaici”, precedute da un Vestibolo, offrono uno spaccato dell’esperienza artistica e biografica di Renato Laffranchi. Nel Vestibolo trovano posto una vetrata artistica ed alcune fotoricordo della casa dei nonni, ora Palazzo del BUE, unitamente a documenti storici e rogiti antichi relativi al Palazzo.

Imago Mundi espone opere che riflettono la personale visione artistica della realtà, visibile ed invisibile, riproposta da Don Renato in “immagini del grande spettacolo del mondo, guardato con gli occhi attenti di un bambino … figurazioni simboliche che emergono da un incognito deposito interiore del cuore”. Suggestive le titolazioni assegnate: giardini di luna, il viaggio, il giardino incantato, il labirinto …

Crocifissioni ospita una serie di dipinti su tavola raffiguranti i volti di Cristo: Cristo giovane, il Santo Sangue, Cristo piccolo… Don Renato disse: “A volte è come se dipingendolo mi accanissi piangendo a ferirlo, scandalizzando cristiani che mi accusano di irriverenza, non sopportando (come Pietro prima che ne fosse illuminato) lo scandalo di un Dio massacrato come un vitello, che spaventa anche me … Cerco di dipingerLo, con più venerazione che arte; e cerco di raccontarLo come posso; come me Lo raccontano quelli che sono stati con Lui dal principio, dei quali mi fido, con la fiducia di un bambino … E raccontandoLo racconto il mio Dio, racconto Adamo restaurato nella Somiglianza, e racconto me stesso come vorrei essere, non come sono”. Disegni e mosaici raccolgono opere che spaziano dai primi anni Cinquanta del secolo scorso ad oggi. Uno spazio conclusivo ospiterà Cataloghi e Serigrafie dell’Autore.

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PALAZZO PRETORIO

Nei 70 metri quadrati della Sala dello Stemma, posta al primo piano del palazzo Pretorio, con accesso dalla Fondazione Sanguanini, trovano posto tredici dipinti: due cicli pittorici a tempera ed acrilico su tavola denominati “i 7 Vizi capitali” e “I Diavoli”.

Parlando dei Vizi Don Renato scrive: “Sono i sette Vizi Capitali della tradizione cristiana, le infezioni che deformano il volto dell’uomo, cancellando l’originale Rassomiglianza e inscrivendo l’Alterazione, i re che fanno guerra all’Agnello, i vassalli della Bestia, i costruttori di Babilonia, i mandatari della Morte. Sono incoronati come re, intronizzati come idoli, aureolati di gloria come icone sacrileghe, poiché, davvero, signoreggiano sul mondo, davvero sono adorati, temuti e serviti dagli uomini. Ma sono anche pietosi e risibili come pagliacci da circo, larve cariate e inani fantasmi, per ricordare la divina sprezzatura con la quale li irridono i santi, opponendosi agli adescamenti ed alle intimazioni del Male”.

A proposito de “i Diavoli”, Don Renato così si esprime: “Disegnandone le sembianze, non le propongo come una iconografia del diabolico, a figurare il quale occorrerebbe ben altro linguaggio, ma come immagini nate dalla relazione del Nostro … A noi, troppo orgogliosi per guardarci le spalle, troppo sciocchi per tenere conto del Male, non rimane che prendere atto, controvoglia, dei rischi di una civiltà che violenta la natura, inquina l’aria, avvelena le acque, ed uccide, sotto i nostri occhi distratti, la vita”.

CHIESA DI SANTA MARIA ANNUNCIATA

Nella Chiesa parrocchiale si possono ammirare tre vetrate policrome, realizzate su disegno di Don Renato Laffranchi per celebrare i seicento anni dell’inizio di edificazione della nuova chiesa (1416) e i cinque secoli del trasferimento della sede della Parrocchia (1516). La “Città celeste” è la titolazione della vetrata collocata nel finestrone centrale della chiesa, “rappresenta uno dei temi intorno ai quali mi impegno da anni – dice l’artista – per rendere, come posso, in qualche modo visibile a me stesso e agli amici l’immagine che appare alla mente, sfocata, imprecisa e scolorita della visione di Giovanni sfolgorante di ori perfetti e di pietre inestimabili, di colori che i nostri occhi sulla terra non vedono e che le nostre arti non possono immaginare”.

“L’angelo della luce”, trova posto nella finestra di mezzogiorno, e “L’Angelo della notte” verso nord. “Quello diurno scende dall’alto come un dono di Dio, quello della notte si slancia verso il cielo a cercare il sole ricordando che la nostra notte non ci sigilla nel buio ma è l’inizio di un ritorno alla Città, da cui siamo esiliati, verso la luce, la bellezza, la vita”.

L’AUTORE

Don Renato Laffranchi è nato il 28 dicembre 1923 a Rivarolo Mantovano, in via Marconi 44, corrispondente all’attuale Palazzo del BUE, il luogo che lui stesso ama ricordare come “la casa dei nonni”. Lasciata Rivarolo in tenera età, vi ritorna, novantatre anni dopo, con una mostra a lui dedicata ed ospitata negli stessi spazi della casa natale.

Don Renato si avvicina alla pittura nei primi anni Cinquanta del secolo scorso e, da autodidatta, continua la sua esperienza artistica per l’intero corso della sua esistenza cimentandosi con tecniche eterogenee: dalla pittura su tavola all’affresco, dal mosaico alla vetrata policroma. Ancora nel 2016, a novantatre anni, realizza un trittico di grandi dimensioni, esposto a Palazzo del Bue, in occasione della Personale a lui dedicata.

Lontano dal conformismo iconografico dell’arte sacra, la sua opera ha da sempre suscitato contrapposte reazioni, per lo stile e l’impostazione soggettiva. Il suo interesse per l’arte drammatica lo ha portato ad esplorare anche settori inusuali per un prete. Don Renato ha infatti allestito negli anni le scenografie di varie opere teatrali, da “Medea” di Cherubini (Mantova, Teatro sociale, 1971) a “Didone ed Enea” di Purcell (Dallas, Dallas Civic Opera, 1972), passando per “Un ballo in maschera” ed “Ernani” di Verdi, curate per il Circuito regionale Lombardo con repliche a Brescia, Cremona, Bergamo (1974) e Brescia, Bergamo, Como (1975). Qualche prova estemporanea come disegnatore di tessuti lo ha portato a sfiorare il mondo alieno dell’alta moda, “aggravando l’immagine di un prete un po’ strano”, come lui stesso si definisce.

LA MOSTRA NEL DETTAGLIO

Luoghi: Palazzo del BUE, Palazzo Pretorio, Chiesa di Santa Maria Annunciata.

Curatori: Alberto Zecchini e Francesco Bresciani.

Periodo: 17 Dicembre 2016 – 23 Aprile 2017.

Enti organizzatori: Comune di Rivarolo Mantovano, Fondazione Sanguanini Rivarolo

Onlus, Parrocchia di Santa Maria Annunciata.

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