Piadena: Place to call my home Una mostra/reportage sul volto umano dell'immigrazione
Il progetto del Forum Giovani incentrato sulle storie dei sei ragazzi nigeriani ospiti al Vho, realizzato grazie al fotoreportage di Mattia Raboni e Luigi Colonna, è sfociato in un'esposizione al Chiostro dei Gerolamini aperta fino al 2 aprile. Le foto parlano dell'umanità del migrante, l'inaugurazione della mostra di un'integrazione riuscita.

PIADENA – Un posto da chiamare casa. I sei ragazzi nigeriani ospiti a Vho di Piadena, quel posto sembrano averlo trovato. Per loro Piadena è diventata un luogo di speranza. Di ripartenza. Di fratellanza. Dove non essere “gli immigrati”, “i profughi”, quelli da guardare con diffidenza. Ma semplicemente persone, con dignità e cuore. E’ in sintesi questo lo sfondo della mostra fotografica/reportage “Place to call my home“, inaugurata sabato 25 marzo al Chiostro dei Gerolamini, dove sarà visitabile fino al 2 aprile. Un progetto realizzato con il Forum Giovani di Piadena (di cui fanno parte anche i Andrea Volpi e Andrea Cantoni) e inCoop, che vede al centro proprio il gruppo di giovani ospitati al Vho, costretti a fuggire dal loro paese, tormentato ormai da decenni dalla violenza di matrice soprattutto religiosa. Le fotografie, sono di Mattia Raboni, piadenese, e Luigi Colonna, di Monticelli d’Ongina. Le loro immagini “parlano” grazie al racconto dei protagonisti che diventa didascalia sotto ogni foto (è stato necessario tradurre dall’inglese e ci hanno pensato Valeria Gaspari, Tobia Iori, Daniela Lana, Chiara Ragazzini e Valentina Toninelli). L’allestimento è di Marcello Cesini.
“L’idea è nata a dicembre – raccontano Mattia Raboni e Luigi Colonna che sono amici di vecchia data e condividono la passione per la fotografia – . Le foto sono state scattate in tre settimane, tra gennaio e febbraio”. “Non ci interessava fare un reportage sull’immigrazione – spiega Mattia Raboni , che ha già fatto altre esposizioni su diversi temi- ma piuttosto mettere in luce l’umanità del migrante. Il suo essere prima di tutto “una persona”. Con un nome da sapere e una storia da conoscere. Solo questo. Nessun discorso politico, ma l’invito ad approfondire prima di chiudersi davanti a coloro che sono nelle condizioni di questi ragazzi”. “Troppo spesso ci si ferma all’apparenza – conclude Luigi Colonna -. Volevamo andare oltre. La fotografia ci ha permesso di creare un legame con i ragazzi del VHo che piano piano si è trasformato in amicizia. “.
E i ragazzi nigeriani di “Place to call my home”, Adam, Austin, Ike, John, Johnson e Sunday, non nascondono la loro gioia, per essersi non solo integrati, ma essere addirittura divenuti protagonisti di una iniziativa del paese che li ha ospitati. Anche un po’ stupefatti per essere al centro dell’attenzione nel giorno dell’inaugurazione, a cui ha partecipato il sindaco di Piadena Ivana Cavazzini ma anche quello di Drizzona Nicola Ricci, nonché molti giovani e persone giunte dai paesi vicini. “L’immigrato resta troppo spesso un numero, spersonalizzato. Invece bisogna cominciare a capire che ognuno di loro ha un nome, una storia che va conosciuta. Il diritto ad avere una vita migliore non va messo in discussione per nessuno: questi ragazzi sono nostri fratelli e come tali abbiamo il dovere di accoglierli”
Il Chiostro dei Gerolamini assomiglia quindi sempre più ad un piccolo “ombelico del mondo”, in cui le antiche impronte cristiane si fondono con i nuovi totem degli itinerari ebraici in Lombardia e ora anche con le immagini dei migranti nigeriani che a Piadena hanno trovato rifugio. Un luogo, in cui, al di là del credo politico che può anche essere diverso, è possibile incontrarsi per fare cose insieme. Raggruppati sotto un’unica bandiera. Quella della cultura.
Marialuisa Rancati