Cronaca

Ponte, quei 5 milioni di euro che risolvono i problemi (di San Daniele Po)

La soluzione tampone consentirà di alleviare (e non risolvere) il problema della viabilità nell’area casalasca. E consentirà a San Daniele di vedere finalmente ultimato il recupero del Verdi e questo, a voler vedere, è l'unico dato positivo

ponte po (foto: Cristiano Antonino)

CASALMAGGIORE – I 5 milioni per l’intervento tampone su ponte Po ci sono. I 3 destinati da Regione Lombardia all’intervento possono essere dirottati sul ponte di San Daniele. Vissero tutti felici e contenti? Sembrerebbe di sì, almeno su sponda San Daniele – Ragazzola. Perché il ponte Verdi andrà probabilmente a termine lavori e sarà ripristinato in toto. E poco importa poi che su quello di Casalmaggiore rimangano incertezze piuttosto evidenti. Ripartiamo dal comunicato delle province del 24 ottobre scorso.

PRIMO COMUNICATO PROVINCE 24 OTTOBRE – Sull’incertezza dell’intervento tampone c’è già tutto scritto, non servono ulteriori approfondimenti. La relazione é già di per se esplicativa: “Occorre piena consapevolezza che trattasi di interventi tampone, non risolutivi, con una durata di vita utile inferiore a 10 anni, e che comunque non possono prescindere da un intervento di monitoraggio continuo, da attuarsi con le più avanzate tecnologie, per valutare nel tempo l’avanzamento del degrado della struttura e prendere opportuni provvedimenti (tra cui anche la chiusura definitiva del ponte)”. Le province stesse mettono le mani avanti. Vi ridiamo il ponte Po, intervenendo sui punti più critici. Nulla toglie al fatto che il ponte dovrà essere continuamente monitorato e nessuno può dire con certezza quanto questi interventi ‘tampone’ manterranno la propria efficacia. Tra le ipotesi messe sul tavolo anche la chiusura definitiva del ponte. Non prima però di aver investito tempo e denaro. “Per tali motivi non si può prescindere dalla realizzazione di un nuovo ponte sul Po, a norma delle leggi vigenti, con un costo molto alto e con tempi di realizzazione non inferiori a 4-5 anni. L’ipotesi percorribile mentre il predetto intervento venga attivato e concluso, tenuto conto degli esiti tecnici appena completati, riguarda l’apertura al traffico a doppio senso di marcia, con la sistemazione di almeno 25 travi, con un costo non inferiore a 5 milioni di euro, con tempi di realizzazione di almeno un anno. La portata del ponte per i transiti merci sarà garantita fino a 20 tonnellate, quindi comprenderà anche gli autobus di linea. Controindicazioni: il ponte non sarà transitabile per tutta la durata dei lavori. Inoltre l’intervento ha un carattere provvisorio, non risolve l’incognita della evoluzione negativa delle altre travi, in quanto il degrado complessivo del ponte è destinato a continuare”. Quattro, cinque anni di intervento in questo primo documento. I tempi cambieranno nella relazione tecnica successiva.

LA RELAZIONE TECNICA – Pubblicata il 9 novembre porta la data del 19 ottobre. Le date sono importanti perché da questa data si evince che già nel primo comunicato del 24 ottobre – successivo – si è probabilmente tenuto conto di tutta una serie di dati tecnici presenti su questa relazione. “Sulla quasi totalità delle campate i fili sono nella migliore delle ipotesi ossidati ed in molti casi corrosi (con conseguente riduzione della sezione resistente). In complessive 21 travi prefabbricate si riscontrano cavi danneggiati in toto (tutti e 12 i fili interrotti) od in parte (alcuni fili interrotti ed i restanti fortemente corrosi)”. Per il dettaglio si rimanda alla tabella 1 pubblicata in testa all’articolo. Danni piuttosto seri. La relazione tecnica presenta poi i possibili interventi in maniera precisa e puntuale.

INTERVENTO DI RIPARAZIONE/INTERVENTO LOCALE – “Tecnicamente – si legge nella prima delle ipotesi – è possibile procedere ad un intervento di riparazione. L’intervento consiste nella sostituzione degli impalcati compromessi e la riparazione degli impalcati in corrispondenza dell’alveo di magra mediante post-tensione esterna o beton plaque. Permane il problema dei restanti impalcati che presentano tutti evidenti segni di ammaloramento (ossidazione/corrosione dei cavi di precompressione). L’analisi dell’evolversi dei degradi tra la campagna di indagine del 2003 e quella del 2017 unitamente a una svariata serie di casi analoghi trattati in letteratura fa emergere come il fenomeno (corrosivo) una volta innescato può essere rallentato ma di certo non bloccato. L’intervento di riparazione corre pertanto il serio rischio di realizzare opere ingenti e dispendiose non garantendo la necessaria vita utile al manufatto”. Le conclusioni di questa prima parte le danno già i tecnici: non serve aggiungere altro.

INTERVENTO DI MIGLIORAMENTO ADEGUAMENTO – Lo riportiamo per i tecnici dicendo subito che gli stessi tecnici provinciali tendono ad escludere questo intervento. “Tali interventi devono necessariamente riguardare oltre che le strutture di impalcato anche le sottostrutture (pile e spalle).La particolare conformazione dell’impalcato (poche travi – traversi e soletta post-tese) fanno sì che lo stesso sia di fatto non adeguabile ai carichi previsti dal DM 14/01/2008 non garantendone al contempo la prevista vita nominale. Si fa notare come l’impalcato sia stato calcolato in origine sulla base della circolare Ministero della Difesa n° 19096 del 16/08/1953 (carichi militari). Il momento in campata per cui sono stati dimensionati i prefabbricati è (per la trave lunga in corrispondenza dell’alveo di magra) pari a: 451898 + 428690 = 880588 kgm ? 8806 KNm. Il momento in campata a cui la trave maggiormente sollecitata deve resistere applicando il DM 14/01/2008 è pari a: 1362 6 KNm (SLU); 1009 3 KNm (SLE). Ragionando in termini reali sulla base delle prove eseguite nel 2003, il momento ultimo della trave di bordo attuale maggiormente sollecitata è pari a: Mu TRAVE REALE = 7603 KN/m. Ovvero la trave integra ha un deficit del 45%. Si porta l’attenzione sul fatto che il momento ultimo della trave di bordo (trave+porzione collaborante di soletta) è inferiore anche al momento per cui la trave è progettata in origine. Ciò è dovuto a: Il progetto prevedeva cavi con 12 Ø 7 (As ? 462 mm 2). I cavi testati nel 2003 hanno diametro pari a 6 mm (12 Ø6 As=339.12 mm 2). Il progetto prevedeva acciaio armonico con Resistenza alla rottura pari a 1500/1700 Mpa. I cavi testati nel 2003 hanno restituito una Resistenza alla rottura pari a 1170 Mpa. I limiti dell’impalcato uniti alla necessità di intervenire pesantemente sia sulle sottostrutture (comprese le fondazioni profonde) oltre che sull’impalcato senza la certezza di garantire la vita utile minima richiesta (50 anni ma per ponti strategici 100) portano di fatto ad escludere l’ipotesi di un miglioramento/adeguamento alle vigenti normative almeno per quanto riguarda le strutture di impalcato”.

CONCLUSIONI PRIMI DUE PUNTI – Interventi a lungo termine, secondo quanto riportato nei due punti precedenti sono da escludere. Il ponte é morto, o sta esalando gli ultimi respiri. “A lungo termine, come esplicitato al precedente punto è da escludere di mantenere in toto la struttura esistente in quanto: l’impalcato non è adeguabile, insufficiente vita utile. Sottostrutture da modificare pesantemente soprattutto per quanto riguarda il sistema fondale. Le uniche pile che eventualmente potrebbero essere riutilizzate sono quelle in alveo che sono state irrobustite nel 2010 mentre per le spalle e le restanti pile bisogna intervenire pesantemente sia sulle sottostrutture che sulle fondazioni profonde.

I DATI TECNICI E I PUNTI DI ROTTURA – La relazione presenta poi tutta una serie di dati tecnici che partono dal calcolo del punto di rottura. Una lunga serie di numeri (che vi risparmiamo, per i cultori e coloro che ci capiscono di più è possibile leggersi la relazione intera). Una nota però fa pensare. Secondo quanto riporta la relazione, secondo i calcoli commissionati da ANAS nel 2003 “In condizioni di normale utilizzo (limite delle 44 tonnellate fino alla chiusura del ponte equivalenti ad un ponte di II categoria e con le travi integre il ponte sarebbe già dovuto collassare”. C’è da rimarcare che – come spiega la stessa relazione – quei dati consideravano un calcolo di rottura differente dai nuovi dati elaborati. Il vecchio era pari a ftk 1170 N/mm. I nuovi tengono conto delle misurazioni effettuate ed aumentano il punto di rottura. Se non si è rotto – questo in sintesi – è perché i dati del 2003 furono il frutto di rilevamenti e di calcoli eseguiti molto probabilmente per difetto. Per gli interventi comunque, e per mantenere un livello di sicurezza ancor più elevato, si terrà conto proprio di quei dati del 2003.

CONCLUSIONI – “Il ponte in questione – si legge nella relazione – ultimato nel 1958, ha 59 anni ed è ormai giunto al termine della sua vita utile. Se si considera: a) Che il ponte è all’origine stato progettato per carichi molto inferiori a quello a cui è stato sottoposto nel corso della sua vita. b) Che ha superato gli eventi alluvionali dell’autunno 2000; emerge che il ponte fino allo scorso Settembre ha svolto più che egregiamente il compito ad esso affidato. Gli interventi a cui il ponte è stato sottoposto da ANAS prima (2003) e dalla Provincia di Cremona poi (2010) erano incentrati soprattutto al rinforzo delle pile sia in zona golenale che in alveo di magra e nel rifacimento dei giunti, impermeabilizzazioni e scarico acque. Gli interventi realizzati sulle travi nel 2010 (placcaggi con FRP e rifacimento guaina bituminosa in soletta e scarichi acque meteoriche) hanno prolungato la vita del ponte diminuendo il progredire della corrosione nelle armature ma non si sono dimostrati risolutivi, né avrebbero potuto esserlo in quanto la tecnologia di precompressione adottata quando fu progettato il ponte (a fili non aderenti) è di per se sensibile alla corrosione delle armature se i cavi non vengono poi iniettati (come si è riscontrato durante l’ispezione per diversi cavi ammalorati) e sono soggetti a cicli di asciutto/bagnato (scarichi viadotto e impermeabilizzazione soletta non sufficientemente manutenuti). Allo stato attuale, a parere dello scrivente, è da escludere il miglioramento/adeguamento del manufatto ai sensi del punto 8.4 del DM 14/01/2008 in quanto: Adeguamento impalcato molto difficoltoso con necessità di inserimento di ulteriori elementi trave ed il rifacimento in toto dei traversi e della soletta oltre che del risanamento e rinforzo delle travi esistenti (costo maggiore della demolizione e ricostruzione dell’impalcato senza le necessarie garanzie in merito alla vita residua delle travi in c.a.p); Necessità del completo adeguamento delle sottostrutture con special riguardo alle opere fondali ed al rinforzo delle sottostrutture; Necessità della totale sostituzione degli appoggi e dei giunti per il tratto golenale; Necessità del rinforzo/demolizione delle campate in alveo di magra e delle selle Gerber; Costo intervento pari o superiore a quello preventivabile per la realizzazione di un nuovo ponte. E’ implicito che il rifacimento di un’opera così estesa (sviluppo superiore a 1.2 Km) comporta il reperimento di risorse ingenti e tempi di progettazione/approvazione/realizzazione altrettanto lunghi”.

NELL’IMMEDIATO (PER MODO DI DIRE) – La relazione poi prosegue: “Cosa è possibile fare nell’immediato: Al fine di ripristinare almeno limitatamente e temporaneamente l’utilizzo del ponte a doppio senso di marcia si può prevedere un intervento di riparazione/intervento locale ai sensi dell’art. 8.4 del DM 14/01/2008 e provvisionale ai sensi dell’art. 2.4.1 del DM 14/01/2008 e smi ovvero aventi vita utile inferiore a 10 anni. Come riportato al precedente punto 3.1.3 l’intervento deve riguardare le travi di bordo delle seguenti campate: 5 – 6- 7- 8- 10- 11- 13- 15- 26- 28- 29- 30- 31- 32- 34- 35; L’intervento di riparazione potrebbe essere cosi? strutturato: Riparazione delle brecce realizzate nelle travi per l’ispezione visiva (se non gia? effettuato) come prescritto nel piano di indagine trasmesso il 14/09/2017 al fine di non accelerare il processo di ossidazione/corrosione in atto; Campate in zona golenale Sostegno dal basso delle travi compromesse (campate 5-6-7valle-8-10-11-13-15-26) mediante puntelli ad alta portata o portali in acciaio sostenenti le travi di bordo compromesse; Campate su alveo di magra Post-tensione esterna (come gia? effettuato nel 2010 sulle campate 33monte e 7monte) oppure beton plaque ovvero incamiciatura della trave con profili in acciaio da carpenteria (campate 28-29-30-31-32-34); Sostegno dal basso delle travi compromesse della campata 35 mediante puntelli ad alta portata o portali in acciaio sostenenti le travi compromesse; Il progetto di intervento deve necessariamente prevedere a monte un surplus di indagini riguardo in particolare al diametro ed alle caratteristiche meccaniche degli acciai armonici in quanto i valori restituiti dalla campagna di indagine condotta da ANAS nel 2003 restituiscono valori molto inferiori a quelli previsti nel progetto originale che generano valori di momenti resistenti anomalmente bassi. Nel caso in cui tali indagini restituissero valori di diametro e resistenza paragonabili a quelli previsti nel progetto originale, le travi danneggiate potrebbero anche essere rinforzate fino a garantire il transito ad un carico fino alle 32 – 44 ton anche se in nessun caso pari a quello di un ponte di I Categoria (vedi par 3.1.3.3). In caso contrario (ovvero i valori di resistenza dell’acciaio ed il diametro dei cavi fossero pari a quelli rilevati nell’indagine ANAS 2003) il carico massimo transitabile dovrebbe essere prudenzialmente ridotto alle 20 ton. Si ritiene altresi? indispensabile che il progetto preveda di installare un sistema di monitoraggio in remoto che consenta l’immediata limitazione dei carichi e/o la chiusura del ponte, all’insorgere di deformazioni eccessive nelle strutture dovute all’evolversi del degrado in atto al fine di garantirne la sicurezza per gli utenti. Si precisa che l’effettiva applicazione del sistema di monitoraggio all’opera dovra? basarsi su uno studio approfondito di merito dell’opera stessa, della sua tipologia, contesto, ecc…, volto a definire le posizioni esatte ed il conseguente tipo e numero di sensori da installare. I sensori cosi? definiti sono volti al rilevamento in continuo di deformazioni ed inclinazioni, nonche? alla determinazione su sezioni significative di curvature medie ed alla ricostruzione almeno schematica della configurazione deformata complessiva dell’opera”. La relazione fa poi riferimento ai sensori di controllo e al loro posizionamento. Saltiamo questa parte.

I COSTI – “Per quanto attiene ai costi di realizzazione e? possibile ipotizzare un importo relativo ai soli lavori pari a: € 120.000 / 150.000 / trave per gli interventi sull’alveo di magra sulle campate 28-29-30-31(1)-32-34 (complessive 11 travi) nel caso di post-tensione esterna; € 250.000 / 300.000 / trave per gli interventi sull’alveo di magra sulle campate 28-29-30-31(1)-32-34 (complessive 11 travi) nel caso di beton plaque; € 30.000 / 40.000 / trave per gli interventi in golena sulle campate 5-6-7-8-10-11-13-15(2)-26 (complessive 9 travi cap+4 in opera della campata 26) nel caso di puntellazione dal basso; € 40.000 / 50.000 / trave per gli interventi in golena sulle campate 5-6-7-8-10-11-13-15(2)-26 (complessive 9 travi cap+4 in opera della campata 26) nel caso di realizzazione di portale in acciaio. € 30.000 / 40.000 / trave per gli interventi sulla campata di transizione 35 (4) nel caso di puntellazione dal basso; € 40.000 / 50.000 / trave per gli interventi sulla campata di transizione 35 (4) nel caso di realizzazione di portale in acciaio. L’entita? degli oneri della sicurezza non puo? essere inferiore al 10-15% dell’importo dei lavori considerando che la totalita? delle operazioni da svolgersi sulle campate 28-29-30-31-32-34 si debbono svolgere mediante piattaforma articolata tipo by-bridge. L’importo del sistema di monitoraggio puo? stimarsi complessivamente in circa 25.000 / 30.000 €/anno. L’importo dei lavori e? stato stimato sulla base di interventi analoghi realizzati. Una migliore e puntuale definizione dei costi di intervento puo? essere fatta solo a valle di un progetto esecutivo di ripristino. Per tale ragione l’importo dei lavori sopra stimato e? da intendersi valido con un’alea di approssimazione pari a +- 20%. La durata dei lavori e? stimabile in 3/4 mesi dalla data di consegna dei lavori se svolti contemporaneamente sia in golena che sull’impalcato”.

IPOTESI SCARTATA – E’ quella della riapertura a mezzi inferiori a 3,5 t. Soluzione che prevederebbe il traffico a senso unico alternato. Nella relazione si legge che questa causerebbe problemi alla viabitità soprattutto nel tratto cremonese. Il tratto a senso unico alternato riguarderebbe 1,2 km del ponte, le code si formerebbero a valle (tratto parmense, senza eccessivi problemi) e a monte (tratto rotonda ponte po. I tempi del semaforo sarebbero di 3/4 minuti per senso di marcia con un giallo di 40 secondi. Vantaggio il costo (ridotto rispetto all’intervento precedente). Svantaggio la viabilità (impossibile non creare il caos sul versante cremonese).

CONCLUSIONI GENERALI – “Il ponte è giunto al termine della sua vita utile”. Questo è il dato assodato. La sua riapertura con l’intervento tampone dovrà essere considerata non superiore ai dieci anni, continuamente monitorata senza escludere la possibilità che il manufatto debba poi essere bloccato in un secondo momento, se i sensori segnaleranno la pur minima criticità. “Lo stato di ossidazione non può essere fermato”. Il che ci riporta alla considerazione iniziale. Con questa soluzione (quella tampone) si dovrà considerare il fatto che il nuovo ponte (che dovrà essere comunque messo in cantiere) non potrà essere realizzato esattamente dove si trova quello attualmente giunto al termine della propria vita. Dovrà essere progettato in un altro punto e ristudiata tutta la viabilità della zona. Restano aperte dunque molte domande, e molte incertezze permangono tali. In principal modo sui tempi, differenti tra la prima e la seconda comunicazione che – molto probabilmente – era già servita per la prima. Sottostima dei tempi nella relazione tecnica o sovrastima nel comunicato della provincia? La domanda resta aperta. Anche in considerazione del fatto che la soluzione tampone – proprio perché tampone – consentirà di alleviare (e non risolvere) il problema della viabilità nell’area casalasca. Risolverà i problemi degli altri, consentendo a San Daniele di vedere finalmente ultimato il recupero della struttura e questo, a voler vedere, è l’unico dato positivo. Ma non quelli del Casalasco, se non in parte (forse). E se non in maniera provvisoria. L’uovo oggi, in attesa di capire quale sarà la gallina di domani. Meglio di niente, a valutare il bicchiere mezzo pieno. La solita soluzione all’italiana per i più pessimisti.

Nazzareno Condina

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