Cronaca

Quattro mesi fa chiudeva il ponte: al momento poche nuove all'orizzonte

Non un silenzio di parole, quelle ci sono e ci sono state, ma un'indifferenza rispetto ai fatti concreti, quelli di cui il territorio avrebbe più necessità.

Foto: Cristiano Antonino

CASALMAGGIORE – Ne è passata di acqua sotto il ponte. Tanta, da quel 7 settembre 2017, giorno della chiusura dell’infrastruttura che collega casalasco a parmense, Lombardia ed Emilia, terra ricca ad altra terra ricca. 4 mesi esatti ad oggi, 120 giorni di speranze quasi tutte naufragate, di attese, di promesse, di prese di posizione ed ipotesi. Quattro mesi di parole e pochi, pochissimi fatti.

IL PONTE – C’è qualche soldo a disposizione, non molti invero, ma quelli che dovrebbero essere sufficienti a riparare Ponte Po lasciando aperte mille incognite. 5 milioni di euro ed un progetto (quello del bendaggio) che dovrebbe vedere la luce a metà di febbraio e che dovrebbe garantire la percorrenza (il condizionale resta d’obbligo) almeno ai mezzi leggeri. Poco altro da dire: tranne la provincia di Parma sono in pochi ad avere fiducia nella soluzione che avanza. Cinque, forse dieci anni se tutto va bene e poi (forse prima) ci si ritroverà con gli stessi problemi attuali. Il cemento armato è giunto al termine della propria vita e la soluzione del bendaggio – per se stessa – esclude la possibilità che il nuovo ponte sia collocato nel medesimo punto ove è collocato quello attuale. Un nuovo progetto dovrà prevedere quasi sicuramente una nuova viabilità. Poche le speranze di soluzioni diverse (ponte provvisorio, ponte nuovo immediato). Neppure la richiesta per lo stato di emergenza è andata a buon fine. Al momento l’unica certezza sono quei 5 milioni di euro, più i 3,5 promessi dalla regione che con molte probabilità verranno dirottati sul ponte di San Daniele Po. Le ipotesi – nel caso il ponte venga incerottato – parlano di una riapertura parziale a metà 2019. Restano molte incognite. Non ultima, come segnalatoci da alcuni ingegneri, quella della certificazione sismica della struttura. Chi certificherà – di fatto – si assumerà una bella responsabilità.

IL SISTEMA FERROVIARIO – Qualche corsa in più, in orari difficili da giudicare che hanno già suscitato le proteste dei comitati e non ultimo la lettera a Trenord da parte del sindaco di Colorno. Difficile per tanti pendolari fare affidamento su un servizio sostitutivo all’altezza, tra ritardi e soppressioni. Stato, RFI, Trenord e Regione Lombardia poco hanno fatto al momento per migliorare la situazione. Anche qui qualche promessa e poca concretezza. Il servizio, già non all’altezza prima della chiusura del ponte è rimasto non all’altezza anche dopo. Con più utenza però, i problemi si sono amplificati. Una questione seria per tanti pendolari che si spostano dal casalasco al parmense o viceversa costretti a mettere in conto più di un’incognita. Per alcuni anche qualche passeggiata sul ponte chiuso. Treni stracarichi, stazioni abbandonate, la fatica di riaprire due semplici cessi nella stazione di Casalmaggiore con un movimento di persone che dati ufficiosi danno ormai ben oltre le 600 unità giornaliere.

L’ECONOMIA – La più grande ‘azienda’ del casalasco, l’ospedale Oglio Po, ha perso una grossa fetta dell’utenza extraregionale. Se un tempo era comodo da Colorno, Mezzani e dal parmense più vicino al confine regionale spostarsi nella struttura casalasca, oggi è più semplice andare a Parma. Un’emorragia per quel che riguarda le prestazioni extraregionali dal punto di vista economico. Ma il problema è un po’ di tutte quelle aziende che intrattenevano rapporti ed attraevano clientela extraregionale, da una parte e dall’altra del Po. La Regione ha concesso 150 mila euro ai commercianti ed artigiani casalesi per lo sgravio della Tari. In che modo inciderà lo si saprà a giorni, quando verranno fissati i parametri e spiegato dall’amministrazione casalasca, quali saranno i contributi per ogni singola attività e quanto incideranno. Chi continua a muoversi in macchina spende di più, ha meno tempo e più problemi. Nessun incentivo, o facilitazione è stata concessa al momento alle persone fisiche. Sono i cittadini a pagare il prezzo più alto.

LE ISTITUZIONI – L’impressione è che ognuna vada avanti per conto proprio. Non c’è unione tra i sindaci ed anche le corrispondenze e le richieste che sono state avanzate in questo periodo sono richieste a titolo comunale. Un territorio non omogeneo, diviso e senza un gruppo di amministratori che agisca all’unisono è un territorio debole, destinato all’indifferenza. Ogni primo cittadino fa le sue mosse. Il sindaco di Casalmaggiore ha scritto numerose lettere ai protagonisti in campo (RFI, Trenord) per chiedere miglioramenti. A molte di queste non è neppure stata data risposta. Il sindaco di Colorno ha fatto altrettanto. Ognuno va avanti per conto suo.

Le risposte. Sono proprio quelle che mancano. Nulla si sa dell’esposto presentato in procura dal comitato Treno Ponte Tangenziale. Nulla sulle richieste di maggior coordinamento, di miglioramento dei servizi. Nessun ascolto, o poco comunque, sul potenziamento organico e razionale delle corse dei treni. L’unica risposta certa è al momento che il casalasco non è territorio in emergenza. Bisognerà morire forse, perché qualcuno si accorga dei pesantissimi disagi che il territorio sta pagando e continua a pagare. Non un silenzio di parole, quelle ci sono e ci sono state, ma un’indifferenza rispetto ai fatti concreti, quelli di cui il territorio avrebbe più necessità. 120 giorni dopo siamo ancora all’anno zero, o zerovirgola. E il nuovo anno non ha portato ancora nulla di concreto rispetto al vecchio.

Nazzareno Condina

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