Ponte, la storia di una professionista casalasca che ha chiuso l'attività
Lei, da ottobre in avanti il suo lavoro l’ha perso. Un piccolo lavoro a dicembre, con l’Università di Milano e poi più nulla. Uno stipendio in meno, con spese in più

CASALMAGGIORE – Dovrà reinventarsi una vita, ritrovare equilibri che la chiusura del ponte le ha spazzato via, in maniera radicale. Lei è una professionista 36enne di Casalmaggiore. Casalmaggiore, da luogo di lavori e di affetti, è diventato il deserto. Una landa desolata di fatica ed amarezza. Un luogo da cui fuggire via.
Si fugge, quando non hai altre possibilità o altre speranze, quando il tempo e le istituzioni non te ne danno più, quando non hai garanzie perché nessuno può dartene. Pagare le colpe degli altri, soffrire per le mancanze altrui è lacerante. Resta solo l’impotenza.
“Sai quando riapriranno il ponte? Secondo te non apre più vero?” mi chiede. La sua è la domanda di tanti. Una domanda che fa tenerezza e ti lascia spiazzato: perché risposte da dare non ne hai. Ma è una domanda lecita, sacrosanta. Forse per nutrire quel minimo di speranza che resta.
Lei, il suo sogno lo aveva realizzato qui, a Casalmaggiore, terra di cui è originaria. Nel 2015 aveva aperto un’attività, uno studio in cui esercitava la professione per la quale aveva studiato. “Avevo una ventina di persone nel mio studio, quasi esclusivamente parmensi. Lavoravo con piccoli gruppi. Stava andando bene”.
Poi il ponte ha chiuso, le persone hanno cominciato a disdire gli appuntamenti. Troppo lungo il tragitto, raddoppiato. Lo studio lo ha chiuso ad ottobre. Lei, come altri, alla sua attività ha dovuto rinunciare. Ha un marito che il tragitto lo fa all’inverso. E’ operaio metalmeccanico, lavora nell’area delle fiere di Parma. “Anche per lui i chilometri da 40 al giorno sono diventati 80. Avevo comprato casa a Casalmaggiore, se fossi stata in affitto mi sarei già spostata. Sto pensando di vendere casa e trasferirmi dall’altra parte, a Parma. Ho qualche contatto a Milano, potrei ripartire da lì, facendo la pendolare”.
Lei, da ottobre in avanti il suo lavoro l’ha perso. Un piccolo lavoro a dicembre, con l’Università di Milano e poi più nulla. Uno stipendio in meno, con spese in più. Sogni? Quello di riaprire lo studio che le stava dando soddisfazioni, continuare ad avere qualche collaborazione con l’Università o magari fare l’insegnante.
Piccoli grandi sogni di chi è costretto a scelte radicali, a ripartire da zero. Anche la sua è una storia spezzata. In una terra ingrata in cui ormai è difficile avere fiducia in qualcosa, o in qualcuno.
Nazzareno Condina