Cronaca

HUB AVIS, il racconto di un
vaccinato e il sorriso di un'infermiera

Dove si vaccina stanno facendo il possibile. Come a Casalmaggiore. E lo stanno facendo con tutto l'impegno, la professionalità e l'umanità possibile. Nonostante tutto

Questo è il racconto di un vaccinato. Non importa saperne il nome. E’ uno di quelli che fanno parte delle categorie – fragili – di ATS. La prima dose del vaccino è stata fatta sabato mattina all’AVIS di Casalmaggiore. E’ la testimonianza di quello che funziona, dell’impegno che ci stanno mettendo sia i volontari AVIS che il personale di ASST. E’ una testimonianza. In questi giorni abbiamo pubblicato tante critiche rispetto all’organizzazione. Organizzazione che riguarda sempre i piani alti, l’organizzazione generale regionale, la carenza (essendoci un solo hub per un’area, quella Oglio Po, che conta 27 comuni e 83mila residenti) di possibilità per tanti residenti d’area che poi, pur di non spostarsi rinunciano. Le critiche non hanno mai riguardato il locale. Non hanno mai riguardato la cura che ci mettono i volontari dell’AVIS a partire dal suo presidente Stefano Assandri, sempre in prima linea e impegnati a risolvere i problemi che via via si presentano. E non riguardano il personale di ASST impegnato nella struttura del quartiere Baslenga, a partire dai medici che – caso per caso – valutano il tipo di vaccino da fare. Questo è il racconti di un vaccinato, diabetico, insulinodipendente, residente in un comune del casalasco.









 

La prenotazione è stata più semplice del previsto. Forse perché le categorie – fragili – qualche vantaggio e forse pure giustamente ce l’hanno. Quindici giorni prima, appena aperta la possibilità di farlo, dal portale di Regione Lombardia il sistema dava la possibilità di vaccinarsi a Casalmaggiore. Una decina di chilometri da casa, poco male. “Presentarsi, muniti di tessera sanitaria e documentazione dalle 8 alle 9 presso l’Hub di Casalmaggiore”.

Qualche preoccupazione c’è (chi è che non ne ha) ma è poca cosa rispetto alla prospettiva di dover affrontare un virus che si è portato via tante persone conosciute, tanti amici che non vedrò più. Della scienza bisogna fidarsi. Non è perfetta, qualche volta è fallace, ma non resta che crederci e questo le persone affette da patologie – senza fine mai – come me lo sanno bene. Qualche amico me lo aveva sconsigliato, ma poi alla fine ho fatto di testa mia.

Alle 8 sono già a fare la fila. Ci sono una decina di persone davanti a me. Soprattutto anziani, qualcuno accompagnato da un familiare. Il nonno davanti a me viene da Dosolo. Curvo sulla schiena è tranquillo. Al suo fianco la figlia che lo accompagna e gli tiene la cartella con i documenti. Il primo ‘sbarramento’ è sotto il gazebo all’esterno, montato dai volontari dell’AVIS per evitare l’esposizione delle persone alle intemperie. Ti chiedono di firmare un foglio con il consenso informato al vaccino.

Cinque minuti di fila e sono dentro. Al secondo sbarramento c’è il presidente dell’AVIS Stefano Assandri. Tessera sanitaria e foglio stampato della prenotazione. Il mio nome non c’è nella lista di ATS della giornata ma con la carta stampata quando l’avevo fatta a casa Assandri risolve subito il problema. Nome aggiunto a mano alla lista e via, verso la prima fila di sedie, quella dove attendono una decina di persone il loro turno. Ognuno ha un numero ed attende la chiamata. A gestire le operazioni un’infermiera. Guarda i tavoli dei medici e appena si alza qualcuno chiama il numero successivo.

La osservo. E’ in moto perpetuo e tra una chiamata e l’altra trova anche il tempo di andare a verificare le consdizioni di chi il vaccino lo ha già fatto ed attende 15/20 minuti prima di andarsene “Tutto bene?” chiede a chi è seduto in attesa di andare via. Qualche anziano fa una battuta e lei sorride, e risponde. Mentre osservo (è passato un quarto d’ora) è arrivato il mio turno.

Mi tocca il dottor Luigi Borghesi. Lo conosco bene e lui conosce me. Prima di sedermi ho tempo di dare una sbirciatina agli altri tavoli. A quello a fianco dove sto per sedermi c’è un medico giovanissimo, un ragazzo. E’ impegnato a spiegare ad una persona anziana che le ha fatto una domanda tutta la procedura. Borghesi approfondisce le mie condizioni, mi fa delle domande alle quali cerco di rispondere. Mi spiega che farò il Pfizer. E che dovrò fare il richiamo dopo 21 giorni. Poi, con la carta del richiamo, sono subito sotto a un’altra infermiera.

Mi fa sedere. “Braccio sinistro!” mi ordina bonariamente, ed obbedisco. Neppure il tempo di darle la spalla che mi infila la siringa, mi inietta il vaccino e la tira fuori. Ci fosse un record per un’iniezione credo che potrebbe essere una campionessa. E di iniezioni (4 al giorno da una vita) me ne intendo.

Il dottor Borghesi mi ha consigliato di attendere un poco di più per un’intolleranza ad un componente di un medicinale che non c’è nel vaccino, ma non si sa mai. Mi siedo. I volti attorno a me sono rilassati. Il vaccino è fatto. Lo spazio post vaccino è una sorta di filos. C’è chi rivede un amico, chi se ne fa nuovi e momentanei. Gli anziani sono così. Attendo il mio quarto d’ora e vado via. Il primo vaccino è fatto, ci rivedremo tra 21 giorni.

I posti sono pochi – da quel che leggo sui giornali – alcuni sindaci si lamentano. Servirebbe certamente un altro HUB almeno per fare in modo di accelerare la vaccinazione. Posso però parlare di quello di Casalmaggiore: una macchina che funziona fatto di persone che si sono prese a cuore le vaccinazioni, che ci mettono tanta pazienza e tanto ottimismo. Ed è per questo che ho raccontato. Per dire il mio grazie soprattutto a loro: al presidente dell’AVIS, ai volontari AVIS che danno una mano, al personale di ASST che si occupa della parte medica, ai medici che stanno lì. Al dottor Luigi Borghesi che ancora c’è ed è una roccia, comunque e sempre nonostante la già raggiunta età della pensione. E a quella infermiera che sembra mia mamma e che ti chiede come va, e come stai, al suo sorriso. Sembrano tutte piccole cose, ma tante piccole cose messe l’una vicina all’altra fanno le cose grandi. Grazie a tutti, di cuore.









 

La campagna vaccinale prosegue. A rilento rispetto a quello che si potrebbe fare (soprattutto se si desse la possibilità a Bozzolo, che è pronta per partire, di costituire un proprio HUB). Organizzata in maniera machiavellica (la dislocazione degli HUB mantovani crea ben più di una domanda sulla razionalità delle aperture). Ma dove si vaccina stanno facendo il possibile. Come a Casalmaggiore. E lo stanno facendo con tutto l’impegno, la professionalità e l’umanità possibile. Nonostante tutto.

N.C.

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