Cronaca

Heysel, 40 anni dopo. "Corsi verso
il campo ed ebbi salva la vita"

Quarant’anni fa una strage che ha segnato un’epoca e che, come tutti i momenti storici legati a una tragedia, si identifica e si ricorda semplicemente citando il luogo: stadio Heysel di Bruxelles. Prima di Juventus-Liverpool, finale di Coppa Campioni, gli hooligans inglesi sfondano nel settore Z e creano incidenti che porteranno alla morte di 39 tifosi italiani (e al ferimento di 600 persone).

Nel settore Z, scampato per un’intuizione al massacro, anche un gussolese, Amilcare Boni, che seguiva spesso la Juventus europea in quegli anni. “Saltai la finale di Atene perché ero a militare e quella di Basilea in Coppa Coppe perché non trovai i biglietti. Feci di tutto invece per andare a Bruxelles. Prenotai con uno Juventus Club di Parma. Il settore Z non era quello degli ultras, ma di tifosi italiani che si muovevano con le agenzie di viaggio. Il problema è che gli altri due settori vicini erano invece destinati ai tifosi del Liverpool e in mezzo a loro c’erano diversi hooligans”.

Amilcare ha avuto subito il sentore che qualcosa non stesse funzionando. “Già durante la giornata c’erano birrerie e baracchini che bevevano alcolici presi di mira dai tifosi inglesi. Molti di loro erano amichevoli, ci scambiammo pure le sciarpe. Ma alcuni erano trasandati e con un aspetto che incuteva timore. Il vero problema fu lo stadio: vecchio, fatiscente, quel settore Z diviso dal resto della curva da una rete da pollaio. E non c’erano vie di fuga, perché le uniche erano verso il campo di gioco mentre tornare indietro voleva dire imbottigliarsi in un corridoio stretto e passare poi da una piccola porta. Ricordo che impiegammo due ore a entrare”.

QUI SOTTO L’INTERVISTA INTEGRALE AD AMILCARE BONI

Boni e un suo amico tifoso riuscirono a salvarsi scappando per tempo verso il campo. “Gli inglesi caricarono tre volte, alla seconda ci muovemmo per tempo. Finimmo per calpestare alcuni tifosi che erano caduti ma in quel momento non hai tempo di ragionare. Fu tremendo. Finimmo in campo e poi in tribuna, poche file sotto Bruno Pizzul che commentava per la Rai. Nessuno controllava, ci saranno stati sì e no 3-4 poliziotti nel settore Z”.

Boni spiega di avere avuto con sé la sciarpa insanguinata e di averla poi buttata, quasi a voler esorcizzare il dolore. E ricorda due particolari dopo gli incidenti. “Andammo a trovare due ragazze che erano sul nostro pullman, di Parma, finite in ospedale. Avevano gli occhi vitrei, per giorni non parlarono: si salvarono non si sa come, travolte dall’onda di tifosi in fuga e schiacciate. Ma ebbero salva la vita, per uno choc infinito. E poi, al ritorno, un pullman si affiancò al nostro: arrivava dalla Toscana ed era mezzo vuoto. Su quel pullman c’erano stati cinque morti e dodici feriti. Non sono più andato allo stadio per 38 anni: l’ho rifatto per Cremonese-Juventus nell’ultimo anno di A dei grigiorossi. Ed ero un tifoso davvero accanito, che seguiva i bianconeri in giro per l’Europa”.

Giovanni Gardani

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