Quando la Storia restituisce dignità:
sentita cerimonia per l'IMI Favagrossa
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La bandiera italiana sopra la piccola cassetta che ne contiene i resti mortali. Una rosa rossa. E tre date: quella di nascita (23 novembre 1911), quella di morte (27 dicembre 1943) e quella di rimpatrio (3 ottobre 2025). Lì vicino la medaglia d’oro assegnata a tutti gli IMI dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi nel 2005, e nel caso specifico nel 2021 dal presidente Sergio Mattarella. Sono tornate a casa, dopo 82 anni, le spoglie di Ettore Favagrossa, Internato Militare caduto in prigionia nei lager nazisti durante la Seconda guerra mondiale.
La salma, proveniente dal cimitero militare di Lambinowice, in Polonia, è stata dapprima accolta da una cerimonia solenne presso il Tempio Nazionale dell’Internato Ignoto di Padova, alla presenza delle autorità civili e militari lo scorso 8 ottobre. Poi, sabato mattina, la sepoltura a Piadena Drizzona alla presenza delle amministrazioni piadenese, di Bozzolo e di Marcaria.
Ettore infatti era nato a Drizzona, ma alcuni dei suoi eredi sono oggi residenti a Bozzolo mentre lo stesso Ettore, prima della deportazione, per motivi di lavoro era stato a Marcaria, tanto che a Campitello, sul monumento ai Caduti della frazione marcariese, compare il suo nome da tempo. La ricerca storica si deve, tra gli altri, a Mauro Ferrari, appassionato di storia locale, che è riuscito a rintracciare notizie di Ettore.
Il ritrovamento, invece, dei resti di 60 Internati Militari Italiani (29 già rimpatriati, gli altri nei giorni a venire, per lo più in Centro e Sud Italia) è stato sostenuto dal Ministero della Difesa, in accordo poi con le varie amministrazioni comunali, dato che non tutte le spoglie sono rientrate in patria: molte infatti continuano a riposare nei cimiteri polacchi, non lontano dai campi di concentramento dove queste persone persero la vita.
“Voglio ringraziare la famiglia Favagrossa, e in particolare la signora Mirella – ha detto il sindaco piadenese Federica Ferrari – che appena dopo il nostro insediamento mi ha fatto sapere che le ricerche dei resti dello zio, l’alpino Ettore, avevano dato esito positivo. Ma un grazie va a tutti coloro che si sono spesi per le ricerche, perché hanno lavorato senza mai perdere la speranza di poter portare a casa i nostri soldati. 800mila soldati italiani sono stati deportati dopo l’8 settembre 1943, qualcuno di loro torna a casa solo ora”.
“Tutti noi ogni giorno – è stato spiegato dall’altare dall’Associazione Alpini, durante la celebrazione presieduta da don Antonio Pezzetti – dobbiamo dare un senso al sacrificio di Ettore: sappiamo che il futuro è nei ragazzi ma anche noi adulti dobbiamo aprirci ai ragazzi per portare avanti i nostri principi morali. Quindi tutti noi, ora, abbiamo un dovere nei confronti di Ettore”.
“Ricordo che Amilcare, gemello di Ettore, non smise mai di cercare il fratello – ha spiegato Francesco Turotti, nipote di Favagrossa -. Io personalmente ho iniziato questa ricerca soltanto dieci anni fa, con momenti di scoramento, perché Ettore era disperso negli spazi sconfinati dell’Est Europa. Qualche segnale però arrivava e quindi io credo che Ettore si sia voluto far trovare, voleva tornare a casa. Nel 2021 il presidente Mattarella gli ha conferito la medaglia d’oro, conoscendo la storia sua e di tanti altri IMI come lui; nel 2023 sono stati rintracciati i suoi resti e ora eccoci qui, grazie ad un lavoro certosino da parte di tutti”.
Uno dei momenti più toccanti è passato dalle parole di Mirella, la nipote di Ettore Favagrossa, che commossa ha ringraziato proprio Francesco Turotti “a nome di tutta la famiglia”, per avere permesso il ritorno dello zio, “che era il gemello del mio papà”.
Catturato a Fiume il 16 settembre 1943, Ettore morì il 27 dicembre dello stesso anno. Arma dei Carabinieri, associazioni d’Arma e Combattentistiche, associazione Nazionale Combattenti e Reduci, associazioni di volontariato, Avis di Piadena, Club Alpino Italiano di Bozzolo e alunni dell’Istituto Comprensivo di Piadena hanno preso parte alla cerimonia, accompagnata dalla Banda Santa Cecilia di Bozzolo.
Giovanni Gardani (video Alessandro Osti)