“Amico instancabile,
ora riposati”: l’ultimo
ciao a Vito Scandariato

Due colori, il rosso e il nero, quelli dello striscione del Milan Club che nel suo Bar Italia aveva sede, e quello delle rose, che hanno coperto la bara; una suggestione, quella offerta da Angelo Bravi al termine di un’omelia incentrata su fede e speranza: Vito, che per quasi 20 anni ha servito chiunque passasse dal Bar Italia, ora si siede al tavolino e attende che sia il Signore a servirlo; un oceano di gente, con il Duomo di Casalmaggiore gremito e parecchi amici rimasti anche fuori.
Il Milan, lo spirito di servizio, un paese intero a fare da scorta verso l’ultimo viaggio: Vito Scandariato, anche nel giorno dell’ultimo saluto, era tutto in questi tre particolari. Era negli occhi lucidi di chi con lui ha condiviso giornate intere, come le sue ragazze – bariste che aveva accolto come si fa in una famiglia – nel primo banco sulla sinistra dell’altare; era negli avventori occasionali e abituali; era nei commercianti del centro, che in lui non vedevano un concorrente, ma un amico (quante volte, per esempio, abbiamo visto qualcuno del Bar Centrale prendere un caffè da Vito, dall’altro lato di piazza Garibaldi); era nei rappresentanti dello sport di Casalmaggiore, sia per il calcio praticato, da calciatore e da allenatore tra il Casalmaggiore e la Casalese (anni ’70-’80), sia per il calcio tifato, con il Milan Club che lo ha onorato con tanto di striscione; ed era nel mondo politico, perché quel luogo, il Bar Italia, era un centro di ritrovo anche fugace per chi era preso da mille questioni amministrative.
Ma era anche nella sua famiglia, che forse ha rischiato di finire in secondo piano, in questi giorni, nel suo dolore composto: perché tutti hanno un po’ reclamato Vito, che, amico di un paese intero, era presenza costante, come e forse più di quella di un parente stretto. La famiglia, in prima fila nella navata centrale, ha saluto il caro Vito con un’esemplare forza d’animo, unico antidoto dinnanzi alla morte di un “ragazzo” di appena 51 anni. Lo hanno salutato la mamma Anna, la sorella Anna, le nipoti Alessandra e Veronica, che hanno demandato a Facebook il loro grazie per tutti coloro che con una visita o un sorriso avevano sollevato lo spirito di Vito durante l’ultimo anno di malattia, il cognato e tutti i parenti. All’uscita la sorella ha stretto una bella foto di Vito, di pochi anni fa, in uno dei rari momenti di libertà che si concedeva. In un maneggio, vicino ad un cavallo, lui che, tra qualche vizietto (quante sigarette fumate sui gradoni del suo bar!), amava lo sport praticato (giocava sempre a tennis all’Eridanea) e che, dopo ore spese al lavoro, sicuramente non disprezzava l’aria aperta.
Don Angelo Bravi, aiutato da don Bruno Galetti, ha tenuto una predica abbastanza formale, forse più incentrata sul mistero della morte e della risurrezione più che sulla figura di Vito, ma con una postilla finale che ha commosso e fatto sorridere al contempo, riscattando, perché no?, quello che sino a quel momento poteva apparire un saluto poco “personale”: “Vito, che ha servito tutti noi dal suo Bar, ora è sicuramente in un tavolino del cielo, che aspetta che passi il Signore a servirlo. Mi piace, ci piace, immaginarlo così”.
Il momento più toccante, prima del trasporto della salma per la sepoltura avvenuta nel cimitero di Casalmaggiore, dove Vito Scandariato giace ora a pochi metri dal loculo del padre, è stato la lettura, sempre in chiesa, di due pensieri. Il primo, letto da Silvia Favagrossa in rappresentanza di tutte le ragazze che hanno lavorato e lavorano al Bar Italia (presenti sull’altare), ha ricordato qualche simpatico vezzo di Vito, che con queste ragazze ha condiviso in particolare le ore del primo mattino. “La sveglia telefonica, la faccia “stranfugnenta” di chi si è appena svegliato, la disposizione maniacale dei panini secondo uno schema quasi scaramantico”: questi i tre passaggi più dolci e significativi per un personaggio che “ha segnato un’epoca”. Poi un augurio: “Fai buon viaggio, e adesso riposati che puoi farlo, perché sei stato un piccolo grande uomo, sempre instancabile”.
All’altare si è poi accostato Nicola Araldi, presidente assieme al padre Angelo del Milan Club: “Ti ricorderò sempre, grazie per essermi stato amico”. Un saluto scandito anche dalla posa della sciarpa rossonera del Milan sulla bara di Vito. Che avrà osservato dal cielo tutto questo affetto, sorridendone con fare sornione, come solo lui sapeva essere. L’ultimo addio è stato questo: semplice ma sentito e partecipato. Spontaneo, in fondo, come l’ultimo applauso, quello che ha scortato la bara verso il cimitero. Quello che Casalmaggiore ha tributato ad un pezzo della sua storia recente. Oltre i colori, le parole e le lacrime, è davvero parso di salutare “un’istituzione del paese”, che non aveva bisogno di gradi o etichette ufficiali. Gli bastava essere Vito. Vito del Bar Italia.
Giovanni Gardani
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