Economia

Mulini di Canneto,
il nuovo progetto
è figlio di Einstein

CANNETO SULL’OGLIO – Prende sempre più forma il progetto di valorizzazione e di recupero di due antichi mulini, in territorio comunale di Canneto sull’Oglio, che saranno convertiti alla produzione di energia idroelettrica.

Un progetto, che il sindaco di Canneto Pierino Cervi e il Consorzio di Bonifica Garda Chiese, avevano anticipato al nostro giornale nell’ottobre scorso e che ora potrebbe riceverà cospicui finanziamenti. Come noto, l’intenzione è di sfruttare un mulino a monte, di proprietà comunale, per produrre una potenza di circa 40-50 kilowatt, mentre il mulino a valle, che è privato e sarà gestito dal Consorzio potrebbe presto sprigionare 70-80 kilowatt.

Sui tempi non si hanno ancora certezza. Sui costi invece si sa, come già scritto, che serviranno circa 800mila euro circa per finanziare entrambi i progetti e che un primo aiuto dovrebbe arrivare dal Gal Oglio Po che ha già varato un bando che metterà a disposizione circa 100mila euro per il progetto vincente. E questa è proprio la positiva novità dei giorni scorsi. In attesa di avere altri aggiornamenti consistenti, il progetto è ufficialmente partito dopo l’annuncio ufficiale, cui hanno fatto seguito le richieste concrete dopo avere superato i dettagli intricati della burocrazia.

Un progetto che parte dalla storia di questo paese, dove nel 1898 arrivò nientemeno che Hermann Einstein, padre del celebre premio nobel Albert Einstein: Hermann assieme al fratello Jakob, dopo avere sperimentato particolari installazioni elettriche a Monaco di Baviera, giunse in Italia, tra Milano e Pavia e poi approdò a Canneto sull’Oglio. Qui Einstein prese in esame due mulini per cereali, il Madonna e il San Giuseppe (i due mulini dei quali si parla ancora oggi), perché, oltre a garantire la macinatura, questi fossero ammodernati in modo da creare una sorta di “officina della luce”, con la presenza di una turbina e della dinamo. Un’idea che emerge dal passato, dunque, per riscrivere il futuro dell’energia. E che conferma, se mai ce ne fosse bisogno, quanto gli Einstein (non necessariamente il noto Albert) ci avessero visto lungo.

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