Melone in festa,
Casteldidone riscopre
la storia del suo tesoro
Nella foto alcuni esemplari di meloni “storici” e lo spiazzo interno di Castello Mina a Casteldidone
CASTELDIDONE – Una sagra del melone diversa dal solito, con il frutto arancione tesoro di questa terra, e tipico del comune di Casteldidone, sempre protagonista ma con un occhio di riguardo verso il passato, quando da queste parti i produttori e le aziende agricole specializzate in questa coltura erano una quarantina, mentre oggi ne sono rimaste, a dir tanto, dieci.
Domenica scorsa il Castello Mina della Scala Douglas Scotti è stato lo scenario ideale, come già negli anni passati, per celebrare il melone tipico di Casteldidone, in un appuntamento che ha però visto tanti espositori prendere parte ad una manifestazione, “Il Melone in festa”, durata da mezzogiorno fino alle 22. Prodotti della terra, ma anche bigiotteria e origami, soprattutto sementi e libero scambio a livello di colture biologiche e non solo. Anche se, indubbiamente, è stato il melone il grande protagonista, che ha richiamato quasi 500 persone, anche grazie ad una leggera brezza e all’ombra dei grandi alberi del vialetto d’ingresso e di alcuni angoli del grande cortile interno, che hanno mitigato il caldo estivo.
Una festa rivolta al passato, si diceva, per ricordare le vecchie tradizioni, per riscoprirle e magari, chissà, per ispirarsi ad esse: tra tanti banchetti, uno in particolare ha colto l’attenzione dei passanti, quello organizzato da Ettore Amadio, docente dell’Istituto Stanga di Cremona, che ha studiato e riproposto le antiche sementi, e dunque gli antichi meloni storicamente coltivati nella zona di Casteldidone, come il Melone Rospo, il Moscatello, tipico addirittura del 1600, e il cosiddetto Rampeghin, altra varietà storica di queste terre, ancora coltivata a Torricella del Pizzo da pochi aficionados. Il tutto raffrontato al Melone Viadanese, prodotto dop e riconosciuto un po’ ovunque per la sua dolcezza. Anche ritagli di giornale catalogati a dovere hanno testimoniato quanto fosse florida la coltivazione del melone da queste parti.
Ma la storia non s’è fermato al senso del gusto, passando anche alla vista: alcuni artisti locali hanno infatti rappresentato, su quadri appositamente realizzati ed esposti all’interno di Castello Mina, la coltivazione del melone del passato, quando ancora avveniva a mano, con l’utilizzo delle cosiddette “cassettine” e i plateau. Una storia nella quale alcuni anziani contadini si sono rivisti con commozione e affetto, mentre la tradizione del melone di Casteldidone continua: anche se la aziende sono poche. Poche ma buone, è il caso di dirlo, assaggiando il prodotto finito.
Giovanni Gardani
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