Cultura

La settimana della moda di Milano esalta anche i bijoux di Casalmaggiore

Un viaggio partito dagli Anni Cinquanta e arrivato fino al Duemila, con 300 pezzi unici, alcuni dei quali firmati per l’occasione da grandi stilisti di fama mondiale. Accanto a loro anche alcuni gioielli custoditi a Casalmaggiore.

Nella foto due dei Bijou "casalesi" esposti a Milano

MILANO – La settimana della moda donna di Milano ha parlato anche un po’ di dialetto casalese. Nessuno stilista della Bassa, questo no, e nessuna novità all’ultimo grido giunta da Casalmaggiore. Ma a Palazzo Reale, prestigiosa cornice meneghina, è andata in scena la mostra “L’arte del bijou italiano”. Sì, perché il bijou, lungi dall’essere un semplice gioiello povero e dunque accessibile, così come era considerato agli albori, è soprattutto un corredo d’abbigliamento, un abbellimento, un accessorio di moda, appunto. Così la mostra allestita nelle splendide Sale degli Arazzi al piano nobile di Palazzo Reale, promossa dal comune di Milano, da Fiera Milano, da Homi-Salone degli stili di vita, sotto lo sguardo attento di Alba Cappellieri e Lino Raggio, ha importato per qualche giorno, dal 19 febbraio scorso, alcuni oggetti solitamente custoditi al Museo del Bijou di Casalmaggiore, che del resto è, come si sa, un unicum sul suolo nazionale.

Una mostra che terminerà ufficialmente mercoledì e dunque è agli sgoccioli e che, come ha spiegato l’assessore alla Cultura di Milano Filippo Del Corno, ha saputo accompagnare il fermento della città, incarnando l’essenza dello spirito milanese, ossia la capacità di dare forza alla bellezza grazie alla sapienza dell’artigianato unita al talento creativo, un mix che a Milano ha sempre trovato terreno fertile. Un viaggio partito dagli Anni Cinquanta e arrivato fino al Duemila, con 300 pezzi unici, alcuni dei quali firmati per l’occasione da grandi stilisti di fama come Giorgio Armani, Renato Balestra, Enrico Coveri, Dolce & Gabbana, Kryzia, Gianfranco Ferrè, Missoni, Moschino, Valentino e Gianni Versace.

Un percorso diviso per zone tematiche, o meglio cronologiche: la Dolce Vita, con il boom economico degli anni ’60 e la classe media celebrata dalla pop art, che trova nel bijou l’oggetto che fa la differenza, e il Pret-a-porter, quando negli anni ’80 la moda italiana supera quella francese, senza rinunciare alla grazia e alla raffinatezza ma semplificando il concetto di eleganza. La seconda parte della mostra, invece, è dedicata ai più grandi bigiottieri milanesi, una delle ragioni per cui Milano è considerata la capitale della moda italiana, e non solo.

In mezzo ai grandi sopra citati c’era pure un pezzo di Casalmaggiore, grazie alla ditta Ercole Moretti che a suo tempo donò preziosi bijou al museo, a sua volta pronto a prestarli per la collezione temporanea milanese. E grazie anche, va detto, all’attenzione di Alba Cappellieri, che non a caso negli anni scorsi ha stretto col Museo del Bijou di Casalmaggiore una stretta collaborazione.

Giovanni Gardani

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